Domenica III di Pasqua A 26 aprile 2020
Cari soci e amici dell’Amcor,
come dice Don Giuseppe Ghiberti, l’evangelista Luca ci racconta un episodio di inesprimibile bellezza narrandoci dell’incontro sulla strada di Emmaus.
Siamo anche noi discepoli ‘ in cammino ‘, anche noi in difficoltà, con il morale a terra. Dobbiamo anche noi trattenere Gesù perché resti, dobbiamo ascoltarlo perché non ci debba rimbrottare per la nostra fede faticosa. La Parola di Gesù che ci conquista, lo spezzare il pane che ci apre gli occhi: Parola e Sacramento sono inseparabili.
L’episodio di Emmaus contiene un messaggio di fede, di speranza e di amore che leggiamo sempre con rinnovata gioia.
Uniti nell’amicizia e nella preghiera.
Contardo Codegone
Settimanale AMCOR
26 – 4 – 2020 Dom. III di Pasqua A
Il cammino verso Emmaus
Letture: At 2,14.22-33; 1Pt 1,17-21; Lc 24,13-35 – Le Letture proposte per la liturgia eucaristica in questo tempo di Pasqua continuano a proporci spezzoni dei racconti pasquali, per darci la possibilità di ricuperare particolaridelle tradizioni e delle riflessioni che hanno nutrito la fede dei nostri antenati nella fede. L’evangelista Luca oggi racconta un episodio inesprimibile nella sua bellezza narrativa e nella sua ricchezza di elementi nutritivi per le nostre conoscenze e la nostra fede: Emmaus! Ancora lo stesso grandissimo scrittore, Luca, negli Atti riporta echi vivi di una parte del grande discorso di Pietro tenuto nel giorno della Pentecoste. Pietro richiama i cristiani delle sue comunità a un comportamento consapevole e coerente agli impegni assunti e al dono ricevuto del “sangue prezioso di Cristo, agnello senza difetti e senza macchia”.
Qualche insegnamento dalle letture: anche questa volta cronologicamente il corso dei pensieri ha origine dal racconto evangelico, che ci presenta un’apparizione di Gesù a discepoli ‘in cammino’, che vengono condotti da lui a comprendere il mistero del suo intervento nella storia umana. Su questi ricordi ci informa la prima lettura, che attinge ai ricordi della prima grande predica di Pietro, evidentemente capo del corpo apostolico: rifacendosi alle memorie del re Davide, lo scrittore Luca riporta il ragionamento del capo degli apostoli che evidenzia il valore della risurrezione di Gesù come compimento delle promesse contenute nelle antiche Scritture. Pietro è anche autore di uno scritto da cui è tratta la seconda lettura, molto pastorale, che parte dal dono che Gesù ci ha fatto del suo sangue, per liberarci dalla nostra “vuota condotta”, affinché ci comportiamo “con timore di Dio nel tempo in cui vivete quaggiù come stranieri”. Ora che egli lo ha risuscitato e gli ha dato gloria, non abbiamo più motivo di essere critici nella nostra risposta di “fede e speranza”.
Emmaus: Emmaus è un paesino talmente insignificante che non sappiamo più nemmeno dove si trovava (ce ne sono tre che ne portano il nome). Eppure Gesù l’ha scelto, perché per lui niente è secondario e non puoi mai dire dove lui ti aspetta in questo momento. Due discepoli di Gesù vi si dirigono: uno si chiama Cleopa e l’altro è innominato: qualcuno ha anche ipotizzato che fosse un viaggiatore femminile, la moglie di Cleopa (non possiamo provarlo, ma la delicatezza di Luca potrebbe favorirlo!). Hanno il morale a terra, per quel che è capitato a Gesù e non si accorgono di quel compagno che si è aggiunto al loro cammino. Mi piacerebbe tanto essere stato presente a vedere come Gesù si è avvicinato a loro e si è infilato nel loro discorso. Loro hanno in cuore Gesù crocifisso, morto in croce, e non riescono neppure a dare un’attenzione adeguata a quel che hanno sentito da quelle donne “delle nostre”, che hanno riferito di una loro visita al sepolcro, trovato vuoto, e di un messaggio di angeli, “i quali affermano che egli è vivo”. Certo Gesù non c’era, ma la faccenda del sepolcro vuoto è stata confermata addirittura da alcuni discepoli. E tutto questo non è bastato: “Noi speravamo”…
A questo punto arriva l’intervento di Gesù, pesante come un macigno, e a stare attenti lo sentiamo ancora adesso: “Stolti e tardi di cuore a credere… non bisognava che il Cristo patisse… per entrare nella sua gloria?”; e noi, che siamo lì vicini, ci sentiamo ancora più vergognosi, perché nella nostra vita i segnali della sua viva presenza li abbiamo sentiti più volte. A loro Gesù spiegò “in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui”. Certo, spiegata da Gesù, la Scrittura ha un’altra forza di convincimento, ma noi qualcosa in più di loro l’abbiamo da tempo e anche ora è ogni giorno a nostra disposizione: Gesù trova mille modi per farsi sentire da noi, a cominciare dagli insegnamenti ricevuti in casa, e poi ora, attraverso insegnamenti di parole e di avvenimenti: per ognuno la sua quantità e modalità, e il suo tempo. Per tutti noi, in particolare, la fortuna di avere in mano la Scrittura e accanto a noi tanti aiuti di insegnamento, consiglio, sostegno. E noi stessi possiamo sentirci ‘esegeti’, addirittura un po’ maestri, per i nostri familiari, fratelli e sorelle. Per questo il lavoro che conduciamo da mesi ha una funzione che non si esaurisce in pochi momenti: il Signore (si) dà a noi con l’intensione di … sfruttarci. Nella Risurrezione dei vangeli, nessuna esperienza di Gesù si ferma a chi riceve, perché vuole essere diffusa, rilanciata.
Le spiegazioni di Gesù cominciano a lavorare i cuori dei nostri due viandanti e non sembra loro vero di trovare il modo di fermare Gesù, quando lui finge di andare avanti (Gesù è un… teatrante birbone, ma aspetta solo di esser fermato; convinto lo è già!). Ed ecco i tre seduti a tavola, col cibo a portata della loro fame. Ma allora avviene la cosa più grande: Gesù ripete i gesti dell’ultima cena, “prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro”. E qui si aprono i loro occhi – ma lui scompare! C’era da cadere nella disperazione, ma loro si rallegrano dell’incontro che hanno fatto, si ri-dicono e ri-godono tutta l’esperienza che avevano fatto e partono immediatamente per tornare a Gerusalemme. Non possono tenere solo per sé. E lì sono assaliti dalle notizie degli altri, perché nel frattempo Gesù è anche apparso a Simone (Pietro). E la comunicazione reciproca suona già come una professione di fede: gli altri dicono che “il Signore è risorto ed è apparso…”, ed essi riferiscono il loro riconoscimento di Gesù “nello spezzare il pane”.
Lo splendido racconto ci presenta un crescendo fino al momento in cui Gesù diventa il maestro che ricorda e spiega i suoi stessi insegnamenti. Poi si acquieta per preparare il momento più sorprendente, inatteso, conclusivo di tutto il discorso che Gesù aveva fatto prima. Il colore eucaristico di questa cena è innegabile, anche se manca il richiamo al vino con le parole della consacrazione: Luca non dice tutto e lascia intuire cose particolarmente suggestive e importanti.
Ed è così importante per la vita di tutti noi: Parola e Sacramento sono inseparabili e vengono uniti nel modo più vario. Ricordiamo la narrazione evangelica di domenica scorsa, quando Giovanni riportava le parole di Gesù, che istituiva l’impegno della missione (Parola!) in funzione della remissione dei peccati (Sacramento!). Come è tutto meravigliosamente unitario nel piano di Dio!
Vostro don Giuseppe Ghiberti