“Le donne nei Vangeli” Sabato 9 maggio 2020
Cari soci e amici dell’Amcor,
guardando il calendario con gli impegni per sabato 9 maggio 2020 ho visto che avremmo dovuto essere tutti insieme alla Consolata, nella bella sala a noi riservata del primo piano. Avevamo, infatti, fissato un nostro incontro, poi annullato, con Don Giuseppe sul tema “Le donne nei Vangeli”.
Ho pensato a quanto sarebbe bello poterci riabbracciare, ricordare tutti insieme i nostri volti, la nostra parlata, il nostro gioire nell’incontro che rinnova un’amicizia resa più salda e profonda dal fuggire degli anni.
Così ho chiesto a Don Giuseppe un appunto che sintetizzi quanto aveva intenzione di dirci e, certamente, ci vorrà dire in una prossima occasione.
Ne è nato lo scritto allegato frutto del suo cuore di padre e della sua sapienza di maestro.
Leggiamo il testo questo sabato pomeriggio, sapendo che tutti lo leggeremo più o meno nello stesso tempo. Ci ricorderemo così a vicenda e dopo sosteremo un momento in silenziosa preghiera per invocare l’aiuto del Signore che ci vuole nella luce e non nelle tenebre dell’incertezza e della paura.
Con Don Giuseppe, Suor Maria Clara, Mariella, Patrizia e tutto il Consiglio Vi invio un grande e affettuoso abbraccio.
Contardo
Torino, 9 maggio 2020
Carissime Amiche e Amici dell’AMCOR,
i gentiluomini, nel parlare e nello scrivere, mettono sempre prima il femminile e qui vedete che l’ho fatto anch’io, nell’intestazione. Non è per galanteria, ma perché questo scritto è indirizzato sì a tutti, ma con un particolare interesse e destinazione alle donne, che tra di noi sono tanto numerose e tanto care. E’ accaduto quel che tutti sappiamo: per il virus si sono dovute sospendere tante iniziative, tra cui anche il nostro incontro sulle donne nei vangeli. Al nostro caro e attentissimo Contardo è venuta l’idea di questa lettera sostitutiva. Purtroppo non avevo ancora scritto nulla e Vi chiedo scusa: per ora accontentiamoci di questo pensiero di simpatia riconoscente.
Sapete che il Signore si è portato via mio papà quando ero piccolo. E’ rimasta la mamma, a cui si è aggiunta una sorella, mia madrina, vedova anche lei. La mamma non mi ha mai parlato di diventare prete, eppure il mio vecchio rettore del seminario, quando io ero ormai al termine degli studi, mi diceva: “Ricordati che, dopo al Signore, la tua vocazione la devi alla tua mamma”. Che era molto determinata: mi ha dato pochissimi scapaccioni, ma in compenso molte… sculacciate! Però mi diceva che quelle facevano male prima a lei che a me (allora non mi consolava molto, ma adesso le credo e… mi fa bene!). E poi, facendo un gran salto, quando andavo a farle visita nella casa di Suor Maria Clara, mentre entravo nella sua camera, la sentivo dire: “Ma guarda, stavo parlando proprio con te!”. Che bello sentire che uno pensa sempre a te con affetto. E poi, sospirando: “Se sapessi solo che cosa fare per te… e poi potessi!!”
Credo che ci sia – ci debba essere – una continuità tra le mamme di allora e quelle di adesso, le donne di allora e quelle di adesso. Le mamme mi fanno pensare alla mamma di Gesù. Non so se vi capita di pensare come era la mamma di Gesù; a me sì, anche perché il pensiero diventa spontaneamente dialogo. Penso che Gesù ha fatto a lei le sue prime confidenze… fin dove poteva. E lei si accontentava di quanto arrivava. Dev’essere stato bellissimo fare la mamma a Gesù, e lei ha accettato di pagare tutto il prezzo che costava. Quello che capitava alle donne dei vangeli penso che capita ancora a quelle di adesso, anche se tante cose sono cambiate. Allora le donne volevano bene a Gesù e anche ora, soprattutto quando si tratta di trasmettere valori ai loro figli, mi sembra che facciano più facilmente posto a Gesù. Dobbiamo chiedere al Signore che continui a essere così, anche se tempi e ambiente sembrano fare di tutto per distruggere questo rapporto di cuore e di vita.
Al gruppo degli apostoli, lo sappiamo, non corrispose un gruppo di apostole. Però ai discepoli le discepole sì. I vangeli ci riportano alcuni nomi, ma sono certamente la minoranza di quelle reali. E poi, dico con realismo (come piemontese) e dispiacere (come uomo): le donne devono essere state la …’provvidenza’ per quegli uomini di scarsa organizzazione. Un paio di volte si ricorda che alcune di quelle fedelissime intervenivano anche con aiuto economico (cf Lc 8,3). E devono essere state spinte da un coraggio addirittura rischioso. Pensiamo al processo a Gesù, alla sua salita al Calvario, alla sua agonia in croce, alla sua sepoltura: le donne (solo loro) ci sono sempre, e oltre che doloroso, dev’essere stato anche rischioso. Chi sa, forse c’erano anche loro quando è stata comperata la Sindone…e poi l’hanno usata per quel cadavere, tanto caro e così deturpato.
Una mamma di allora fece il suo… mestiere in favore dei suoi figli, con la famosa richiesta a Gesù: che siano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra, nel tuo Regno. Era facile capire l’indignazione che sarebbe sorta, col rischio di mettere anche i figli in disaccordo con gli altri. Anche i buoni, attorno a Gesù, non erano perfetti, anche le mamme. Ma un amore imperfetto, purché sia autentico, si può correggere. E quella stessa mamma era presente presso la croce e alla sepoltura di Gesù. Gesù ha consolato e si è lasciato consolare.
Gesù ha incontrato donne sofferenti: mi vengono in mente la donna con perdite di sangue da tanti anni, quando Gesù le dice: “Figlia, la tua fede ti ha salvata”. E subito dopo, a casa di un papà importante ma disperato per la morte della figliuola, si rivolge alla morta: “Bimba, alzati”. E addirittura a una, che era stata colta in adulterio: “Donna”, pieno di rispetto, “nessuno ti ha condannato? Neanch’io ti condanno. Va, d’ora in poi non peccare più”. Poi non sappiamo come si sono evolute le vicende delle loro vite, ma vien da pensare che quell’incontro con l’amore più autentico le abbia segnate per sempre.
Vincitore della morte, Gesù lo ha mostrato almeno con tre donne. La prima era una mamma vedova, a cui era morto l’unico figlio. Ricordo un caso accaduto nei nostri tempi e la gente che diceva: “Questa donna diventa matta”. Come fa in fretta San Luca a raccontare: Gesù si commuove alla vista della donna e le dice: “Non piangere” e al figlio: “Ragazzino, ti dico: alzati” e quello si mette a sedere e a parlare e torna tra la braccia di sua mamma. L’altro caso accade nella casa di Lazzaro e Gesù incontra le due sorelle, Marta e Maria. Anche questa volta la morte di un fratello amato e le lacrime delle sorelle fa addirittura piangere Gesù. ma intanto egli ha già introdotto Marta nel mistero della sua realtà onnipotente di Messia, che ha potere sulla morte. Sarà Maria di Magdala a fare l’esperienza più piena, prima per la morte del suo Rabbuni, Maestro, poi per il suo ritorno alla vita. L’aveva prima cercato al sepolcro, quando lo immaginava ancora cadavere, e sempre aveva provato la delusione: lui è assente e nessuno le sa dire dove si trova. Quante volte Gesù ha fatto provare questa esperienza ad anime alla ricerca. Maria dimostra un amore tanto forte quanto conseguente: si distacca dal suo Maestro per andare a comunicare ad altri. E’ giunta a un amore tanto puro da essere capace di staccarsi dalla gioia pura della presenza riconquistata per andare a comunicare, diffondere, annuncio e gioia. Sono gli interessi del suo Rabbuni che prevalgono e ne godono i vantaggi tutti coloro che dal suo annuncio riceveranno coraggio, luce, sostegno.
Poi saranno le tradizioni di secoli successivi a interessarsi di queste figure e noi non sorridiamo di queste fantasie: sono frutto di tentativi affettuosi di ricreare l’esperienza indicibile di questo rapporto col Risorto e diffondere i frutti di questo evento. Accade così che le creature più sensibili diventano anche le più generose e feconde nella collaborazione al cammino di quella salvezza che è solo frutto di amore. Di tutte le donne di cui abbiamo visto scorrere il ricordo conserviamo solo poche parole. Anche per Maria, quella che ce la rende più cara e preziosa non l’ha pronunciata lei bensì il suo Gesù: “Ecco tua Madre”. Ma fa parte del carisma della donna, penso, nel disegno della creazione e della redenzione, una infinita capacità di dono – nel silenzio.
Vostro don Giuseppe Ghiberti