Domenica VI di Pasqua A 17 maggio 2020
Cari soci e amici dell’Amcor,
mercoledì scorso 13 maggio era la festa della Madonna di Fatima. Con Mariella e gli amici del Consiglio abbiamo ricordato, con nostalgia, il nostro pellegrinaggio in quella terra fatto nella seconda metà del settembre 2018. Poco più di un anno e mezzo fa. Sembra passata una vita …. Vi invio anche una foto di quel pellegrinaggio con Don Giuseppe che celebra la S. Messa ai piedi della Madonna.
![](http://www.amcor-amicichieseoriente.org/wp-content/uploads/2020/05/Fatima.jpg)
Rivolgiamo una preghiera alla Madonna perché, in queste attuali impegnative circostanze, sia vicina a tutti noi e a quanti sono nel bisogno.
Un grande grazie a Don Giuseppe che continua ad accompagnarci anche in questa domenica nella quale si fa memoria della effusione dello Spirito Santo invocato dagli apostoli Pietro e Giovanni. Chiediamo allo Spirito Paraclito, che abbiamo ricevuto nella Cresima, di rafforzare la nostra fede.
Uniti nel ricordo e nell’amicizia.
Contardo Codegone
Settimanale AMCOR
17 – 5 – 2020 Dom. VI di Pasqua A
Un altro Paraclito, lo Spirito della verità
Letture: At 8,5-8.14-17; 1 Pt 3,15-18; Gv 14,15-21 – Ci avviciniamo alla Pentecoste e lo Spirito sale sempre più alla consapevolezza della nostra riflessione: nella prima Chiesa interviene per confermare la predicazione del “diacono” Filippo (prime vicende di Atti, dopo la Pentecoste). Per la vita quotidiana del credente risuonano le ammonizioni a rispondere a chiunque ci chieda ragione della speranza che è in noi, a imitazione di Cristo, “messo a morte nel corpo ma reso vivo nello spirito” (Prima Lettera di Pietro). Il brano evangelico (prima parte dei Discorsi d’addio di Gesù) si muove nel contesto di domenica scorsa e parla del dono del Paraclito (“un altro”): “Voi lo conoscete, perché rimane presso di voi e sarà in voi”.
Qualche insegnamento dalle letture: La vita della chiesa primitiva inizia un cammino diversificato a seconda dei luoghi dove si svolge e delle persone che la vivono e dirigono. Nel gruppo dei primi sette aiutanti ufficialmente ‘ordinati’ dagli apostoli, si distingueva Stefano, che subì molto presto il martirio, e poi Filippo, che oggi troviamo impegnato nella predicazione in Samaria. Sul gruppo che ha aderito alla predicazione giunge un dono ulteriore, l’effusione dello Spirito invocato dagli apostoli Pietro e Giovanni. Questa effusione interviene sul battesimo già ricevuto da quei credenti: la Chiesa vi ha visto un nuovo sacramento, la confermazione(prima lettura: Atti). La seconda lettura, dalla prima Lettera di Pietro, porta raccomandazioni molto penetranti: “è meglio soffrire operando il bene che facendo il male, perché anche Cristo è morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti… messo a morte nel corpo, ma reso vivo nello spirito”. In continuazione con l’effusione dello Spirito, che sentivamo nella prima lettura, il brano evangelico ricupera un ricordo sullo Spirito Paraclito dai discorsi d’addio di Gesù.
Un altro Paraclito, lo Spirito della verità:
Non sentiamo parlare lo Spirito, ma Gesù ci parla di lui. Fa parte, importantissima, della sua rivelazione. Tutte le volte che ci affacciamo su questo insegnamento, ci viene da domandarci che cosa ne capissero gli uditori di Gesù, a cominciare dagli Apostoli. Eppure Gesù ne parla con una familiarità che solo la sua ineffabile consapevolezza di sé, del mistero di Dio, gli poteva dare. Da duemila anni viene riproposto questo insegnamento dai discepoli di Gesù, tutte le volte che viene presentata la proposta di seguire Gesù. Il mistero della Rivelazione è grande, ma Gesù ha fiducia: nel Padre, nello Spirito, in se stesso – e anche in noi. Egli ha fiducia che noi rispondiamo di sì alla sua rivelazione e che ci affidiamo a quel grado di comprensione che lui ci concede. E noi, con la sua grazia, ci fidiamo: non c’è bisogno di un alto grado di comprensione per fidarci – basta sapere che questa fiducia Lui la merita tutta. Mi pare che sia proprio quello che Gesù cerca incessantemente di dirci. Lui è quello che dice di essere, e tutto quello che fa è componente della sua Verità. Lui l’affida a noi e ci chiede che a nostra volta noi ci fidiamo, ci affidiamo a lui; e non abbiamo paura di chi sta attorno a noi. La non-fede diffusa non è un argomento contro la nostra fede.
Dunque Gesù, a poche ore di distanza dalla sua crocifissione lascia ai suoi discepoli l’impegno di osservare i suoi comandamenti. Quali, adesso non viene detto, ma non ci illudiamo che siano facili. Per questo egli da parte del Padre ci ottiene un aiuto inatteso, dai nomi misteriosi: “Paraclito, Spirito di verità”. A dire il vero, anche Gesù è Paraclito, come dirà lo stesso San Giovanni nella sua prima Lettera (2,1: “se qualcuno ha peccato, abbiamo un Paraclito presso il Padre, Gesù Cristo giusto”). Ma adesso, nel discorso di Gesù, Paraclito è un altro, lo Spirito di Verità (che noi chiamiamo con il nome più solito “Spirito Santo”) e noi veniamo introdotti al mistero di questa Persona, della sua presenza e funzione nella nostra vita.
Gesù, Figlio, ci ottiene dal Padre il dono di una presenza costante, duratura, di questa altra persona divina, che è la Verità, porta la Verità, in comunione intima con la persona di Gesù, che è lui pure la Verità. Egli partecipa talmente della verità stessa di Gesù da essere presente e operante dove c’è Gesù, con gli stessi obbiettivi di Gesù. Questa comunanza di obiettivi, nel tempo in cui Gesù non è più visibilmente presente, orienterà l’azione del Paraclito tra quelli che sono di Gesù. Egli sarà l’anima dell’evangelizzazione e il difensore per eccellenza della causa di Gesù nel continuo scontro che le forze del male muoveranno contro Gesù e i suoi interessi. Nei discorsi d’addio Gesù nomina cinque volte il Paraclito e noi lo incontriamo sempre al fianco di Gesù e nostro, per difendere gli interessi di Gesù e nostri, con la sua luce e la sua forza. Noi chiediamo a Gesù di acquistare sempre più familiarità, fiducia, attenzione ubbidiente verso questa Persona misteriosa e benedetta, dolcissima, divenuta “anima della nostra anima”. E intanto esercitiamoci nel colloquio fiducioso con lui, implorando il dono del dialogo: parlandoci, si incomincia a conoscerci meglio, a vincere i sentimenti di estraneità. Penso che questa preghiera gli sia molto gradita.
Vostro don Giuseppe Ghiberti