Domenica 6-9-20 XXIII dom. A
Cari soci e amici dell’Amcor,
riceviamo la notizia che martedì prossimo 8 settembre ci sarà la riapertura della causa di beatificazione di Pietro Mechitar di Sebaste. Egli nacque a Sebaste (Anatolia) nel 1676 e morì nel monastero di San Lazzaro degli Armeni (Venezia) nel 1749. Nel 1700, cioè 320 anni fa, fondo’ l’ordine dei monaci Mechitaristi che adottarono la regola di San Benedetto.Egli ebbe un ruolo molto importante nella rinascita della letteratura armena in lingua classica (tra le tante opere, sua una riedizione della Bibbia e un dizionario di Armeno). Fummo ospiti proprio nell’isola di San Lazzaro nel monastero da lui fondato e da sempre grande centro di ricerche storiche, teologiche, letterarie relative alla cultura armena. Questo incontro propiziò il nostro pellegrinaggio in Libano, dove a Beirut ha ora sede il Patriarcato Armeno Cattolico.Speriamo di poter avere con noi la bravissima D.ssa Valentina Karakhanian, postulatrice della causa di beatificazione. Il possibile incontro potrà farci conoscere meglio la figura di Pietro Mechitar di Sebaste ed anche aggiornarci sulla situazione di quella carissima comunità in tempi così difficili per tutto il popolo libanese.
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I testi che ci propone la Liturgia di oggi, domenica 6 settembre, sono impegnativi e Don Giuseppe ci guida, prendendoci per mano, per farci capire e gustare la Parola di Dio.
Innanzi tutto Ezechiele nel cui testo è ripreso e sviluppato il ruolo del profeta come “messaggero” di Dio.
Vi sono poi i passi di Matteo relativamente al potere conferito alla Chiesa di “legare” e di “sciogliere”. Passi certamente non facili dice Don Giuseppe nel guidarci alla comprensione di questo “discorso ecclesiale” che sviluppa quanto detto da Ezechiele.
In mezzo è cesellato il brano della Lettera ai Romani nel quale il Signore vuole farci comprendere quale è l’anima della legge e Paolo ci dice: “pienezza della legge è la carità”.
Per questo prego con Voi il Salmo 95 (94): “Venite, applaudiamo al Signore, / acclamiamo alla roccia della nostra salvezza.” Ringraziamo il Signore perché per mezzo dei profeti e attraverso la Chiesa ci indica la strada non facile della salvezza, cioè la pienezza della legge, l’amore reciproco. Questa è la “roccia” su cui poggia la nostra vita.
Uniti nella comune preghiera.
Contardo Codegone
Settimanale AMCOR
6 – 9 – 2020 : XXIII dom. A
Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro
Letture:Ez 33, 1.7-9; Rm 13, 8-10; Mt 18, 15-20 – Dall’Antico Testamento il profeta Ezechiele ci parla della sua responsabilità di messaggero del Signore presso il suo popolo; un’estensione del compito profetico è esercitata nella Chiesa (secondo l’insegnamento di Gesù riportato da Matteo) dalla comunità dei discepoli, che devono esercitare un compito di cura attenta e coraggiosa tra i fratelli. Paolo a sua volta, nella parte finale moraleggiante della grande lettera ai Romani, insiste sull’amore, che è l’anima della Legge: “pienezza della Legge è la carità”.
Qualche insegnamento dalle letture: il profeta è la sentinella nella casa d’Israele: deve vigilare sulla condotta del suo popolo e intervenire sul suo comportamento con giudizi ed esortazioni, per non subire lui stesso la condanna della sua negligenza. Gesù richiede ai discepoli (brano di Matteo) di svolgere lo stesso compito di ammonizione nei confronti dei fratelli e per questo impegno dà loro il potere di “legare e di sciogliere”, di operare cioè interventi efficaci in ogni caso di sofferenza, debolezza, colpa, agendo in nome e con l’efficacia del Signore stesso. Anche Paolo, nella sua lettera, si collega al tema del rapporto del credente con i fratelli con l’espressione totale “non siate debitori di nulla a nessuno se non dell’amore vicendevole, perché chi ama l’altro ha adempiuto la Legge”, e perché “pienezza della Legge è la carità”. Non illudiamoci che l'”amore vicendevole” sia merce di facile acquisto, perché veramente include tutti i comandamenti e la morte di Gesù è stata e continua a essere causata da assenza di carità.
Tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo. E’ solo la metà di una frase misteriosa e severa: “tutto quello che legherete… sarà legato…”. Che cosa voleva dire Gesù e perché Matteo ha inserito a questo punto questo ragionamento? Certamente perché ha trovato questo discorso coerente con quello di tutto il capitolo 18, che chiamano anche ‘il discorso ecclesiale’. Incomincia con una domanda dei discepoli che chiedono a Gesù chi sia il più grande nel Regno dei cieli. Sono carini i discepoli, simpatici nel mettere in evidenza i loro limiti e difetti. E Gesù è indulgente e risponde nel modo più gentile, come se non ci fosse nulla da eccepire a quella curiosità. Insiste nel presentare il suo modello nel piccolo, bambino, che deve essere difeso da ogni scandalo ed è protetto dal suo angelo in cielo. La protezione del Padre per i piccoli è ancor più evidenziata dalla parabola della pecora smarrita e rincorsa dal suo pastore: egli, quando la trova, ha più gioia per questa che si era persa (non importa se per colpa sua o no) che per le altre che erano state con lui. Se questa dunque è l’indulgenza di Dio, l’atteggiamento del discepolo deve adottare lo stesso criterio col fratello. Per questo può farsi aiutare dai fratelli della comunità credente; ed è a questo punto che Matteo ricupera la parola sui misteriosi poteri della Chiesa, di ‘legare’ e ‘sciogliere’. Un paio di capitoli prima simili parole Gesù le rivolgeva a Pietro (Mt 16,19: “A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli”). E’ la conferma del fatto che nella Chiesa c’è il potere di legare e sciogliere, che si applica in particolare nella lotta contro il peccato. San Giovanni, che riporta lo stesso contenuto (nelle parole pronunciate da Gesù risorto), cambia però i termini: “A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati” (Gv 20,23). Vediamo da queste espressioni quali poteri di interventi vitali Gesù ha concesso alla comunità dei credenti: da questo grande ‘capitale’ di grazia ci è dato di gettare lo sguardo sulla ricchezza di vita concessa per i secoli alla Chiesa, con l’ammonizione a non lasciare cadere questi tesori. Ma raccogliamo anche l’insegnamento che dice: ogni regalo attende una risposta¸ di ogni dono lasciato inutilizzato il Signore ci chiederà conto.
Concludiamo con tre semplici parole che raccogliamo dal cuore misericordioso di Gesù:
– tutti i credenti hanno una parte di missione profetica: la luce che il Signore ci dà deve essere diffusa da chi ne ha ricevuto il dono per primo;
– se pienezza della Legge è la carità, mi posso illudere di essere di Cristo se indulgo a qualsiasi forma di grettezza verso le povertà del fratello?
– la Chiesa è la mia casa, da difendere da ogni senso di disinteresse, di critica, di vergogna: delle persone care non ci si vergogna, si sostengono, cooperando alla loro riuscita.
Vostro Don Giuseppe