Domenica 27-12-2020 S. Famiglia – “Settimanale Amcor”
Cari soci e amici dell’Amcor,
domenica 27 dicembre è la festa della Santa Famiglia. Il Salmo ci invita nuovamente a inneggiare al Signore ringraziandolo per le sue opere. Un Salmo che ripercorre la storia patriarcale di Abramo, poi Giuseppe, Mosè, le piaghe d’Egitto, la traversata del deserto, Canaan terra promessa ad Abramo.
“Rendete grazie al Signore e invocate il suo nome, / proclamate fra i popoli
le sue opere.” (Sal 105,1)
Don Giuseppe ci guida attraverso la storia antica della famiglia del grande patriarca Abramo, storia ripresa anche da Paolo, per arrivare alla comprensione della vicenda narrata da Luca con la presentazione di Gesù bambino al tempio. Qui, infatti, la vicenda della piccola famiglia di Nazaret, con Gesù al centro, si apre per diventare annuncio di salvezza per il popolo di Israele e poi di salvezza per l’intera umanità. Questo disegno di salvezza universale è anche, però, segno di contraddizione e di dolore.
Don Giuseppe ci accompagna nel cammino di una comprensione non superficiale, non banale della Parola, ci porta a cercare la profondità del mistero di Dio e insieme a cogliere la dolcezza di un bimbo che “cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui”.
Profondità del mistero di Dio che è anche mistero di dolore e di attesa.
Ricordiamo che, proprio in questa settimana di Natale, è ritornato alla casa del Padre il caro socio e amico Bartolomeo Paolino. Socio impegnato durante varie ostensioni in un prezioso servizio a quanti erano più in difficoltà.
Affidiamo lui e la sua famiglia, nel ricordo e nella preghiera, al Signore.
Così come ricordiamo tutti i soci e amici che ci hanno lasciati, ma che continuiamo a sentire vicini e presenti. Ricordiamo oggi anche quanti vivono con difficoltà questo momento presente.
Un grande abbraccio. e un augurio rinnovato di gioia e serenità del cuore.
Contardo Codegone
Settimanale AMCOR
27.12.20 – S. Famiglia
Egli credette al Signore che glielo accreditò come giustizia
Letture:Gn 15, 1-6; 21, 1-3 – Eb 11, 8.11-12,17-19 – Lc 2, 22-40 – La Bibbia è un seguito di storie di famiglie. La prima Lettura, oggi (dalla Genesi), ci presenta alcune vicende della famiglia del grande patriarca Abramo. La Lettera agli Ebrei ritorna ancora su Abramo, che non rifiuta a Dio il suo unico figlio, mentre il Vangelo di Luca narra la presentazione del bambino Gesù al tempio di Gerusalemme e raccoglie la profezia del vecchio Simeone riguardante il futuro di Gesù e della sua mamma.
Qualche insegnamento dalle letture – L’attenzione delle Letture nel nostro anno B sembra arrivare tardi alla vicenda di Gesù, dando maggior attenzione alla vicenda di Abramo e alle difficoltà che egli dovette sostenere per suo figlio Isacco (libro della Genesi e lettera agli Ebrei). Abramo dovette implorare a lungo dal Signore quel figlio desideratissimo e poi fu messo di fronte al terribile dilemma: o conservare il figlio dicendo di no alla richiesta di Dio oppure rinunciare al figlio, offrendolo in sacrificio. Egli si fidò di Dio e della sua onnipotenza misericordiosa: riteneva che “Dio è capace di far risorgere anche dai morti: per questo lo riebbe”. E così fu ricomposta la famiglia. Nel vangelo di Luca da Abramo si passa a Gesù, che vediamo in braccio ai suoi ‘genitori’ alle soglie del tempio di Gerusalemme. Primogenito di quella piccola famiglia, Gesù viene offerto e riscattato. Si direbbe che tutto è andato senza difficoltà e sofferenze, se non arrivassero due umilissimi ma autorevoli messaggeri di Dio stesso: il profeta Simeone e la commovente vecchia Anna. Simeone saluta Gesù come “salvezza del popolo Israele”. Ed è il momento in cui l’orizzonte si allarga all’infinito: da una piccola famiglia a un popolo e all’intera umanità: una Famiglia, quella di Gesù, al servizio dell’umanità.
Segno di contraddizione… e anche a te una spada trafiggerà l’anima. Che senso ha fare a una povera, semplice mamma una dichiarazione del genere? Il figlio che porta in braccio serve solo per motivo di contestazione? E lei che cosa può farsene di una maternità che inizia in questa prospettiva? Nessuno, dei protagonisti, dice niente, solo altri, e non a nome proprio ma addirittura di Dio stesso. Che cosa vuole allora Dio da questa famiglia? Tutto il discorso ritorna a Dio, perché qui la sofferenza è solo totalmente gratuita: povera, semplice, santa gente, da tutte e due le parti, e il destino è determinato da Dio. Si avverte che sarà fecondo (il bambino porta la salvezza di Dio, per tutti i popoli, a gloria del popolo d’Israele), ma a quale prezzo!
Il seguito di questa scena sembra dimenticare quell’intermezzo e prende tinte d’incanto domestico: il bambino – il vero protagonista, anche se muto all’inizio – “cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui”. Fra pochi versetti lo stesso Luca, che parla qui, ci mostra Gesù al termine della scena con i maestri nel tempio e dice che a Nazaret “stava loro sottomesso” (a Maria e Giuseppe) e che “cresceva in sapienza età e grazia davanti a Dio e agli uomini”. Quanto mistero in questa mescolanza di aspetti umani e sovrumani! Nella famiglia di Gesù questo mistero ha toccato il punto massimo, ma penso che sia parzialmente partecipato in tutte le famiglie: ovunque prima viene il diritto di Dio e poi quello che riteniamo essere il diritto di tutti i componenti. Importante è però mantenere l’attenzione al primato di Dio, da cui proviene il destino dei figli. Ancora nel nostro racconto si dice che “sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore”. In questo modo Maria, la mamma, era veramente l’anima della famiglia. All’inizio ella aveva detto: “sia fatto a me/da me secondo la tua parola” e questa continuò a essere la parola della sua vita, che lei tradusse in attenzione amorosa, nella rinuncia a tutti i suoi affetti e desideri personali. Divenne così l’anima dell’amore della sua Famiglia e ogni giorno crebbe l’affetto che dona, nel silenzio, nell’operosità, nella gioia profonda.
Vostro Don Giuseppe Ghiberti