Domenica 11-4-21 II Domenica di Pasqua – Divina Misericordia – “Settimanale Amcor”
Cari soci e amici dell’Amcor,
Don Giuseppe ci dice che con oggi: “Si conclude così una delle pagine più belle di tutta la Sacra Scrittura, pagina fondamentale della nostra fede. Si comprende che il Papa abbia voluto caratterizzare questa domenica come ‘domenica della misericordia’”.
I Padri della Chiesa chiamavano la settimana dopo Pasqua della ‘mistagogia’ (dal greco ‘mystagoghìa’ iniziazione ai misteri) cioè di chi è in ricerca, di chi è nel cammino di fede. Questa domenica è detta anche “in albis” perché in origine i catecumeni, battezzati a Pasqua, dismettevano la veste bianca indossata otto giorni prima.
Siamo nel tempo tra Pasqua e Pentecoste, il “tempo pasquale”. Le letture non includono brani dell’Antico Testamento, ma si leggono gli Atti degli Apostoli, il cammino della Chiesa, dei primi testimoni.
Il Salmo, che conclude i Salmi di ringraziamento (“hallel”) pasquali, in questo contesto ci invita al canto di ringraziamento al Signore nostro salvatore.
“Rendete grazie al Signore perché è buono, / perché il suo amore è per sempre.
Dica Israele: / Il suo amore è per sempre.” (Sal 118/117, 1-2)
Con questo canto di ringraziamento sulle labbra proseguiamo il nostro cammino di ricerca, il nostro cammino di fede.
Con Don Giuseppe, Suor Maria Clara e tutto il Consiglio Vi invio un grande abbraccio.
Contardo Codegone
Settimanale AMCOR
II DOMENICA di PASQUA 11 – 4 – 21
Divina Misericordia
Letture bibliche: At 4, 32-35; 1 Gv 5,1-6; Gv 20, 19-31. Gesù è morto e risorto; i suoi apostoli e tanti altri seguaci hanno ritrovato il senso di una comunità prima dispersa e intanto ricuperano il senso di molti insegnamenti di Gesù. Le letture bibliche del tempo pasquale, partendo dai ricordi delle apparizioni di Gesù, evidenziano gli esempi che ci hanno lasciato quei primi testimoni.
Gli Atti ci mostrano oggi, in una descrizione molto elogiativa, come si comportavano i membri della comunità di Gerusalemme dopo la Pentecoste: impegno comune è dare testimonianza della risurrezione del Signore, praticando la condivisione dei beni.
Dalla prima Lettera di Giovanni, che si sta avviando alla conclusione, cogliamo l’affermazione “in questo consiste l’amore di Dio, nell’osservare i suoi comandamenti”, che “non sono gravosi”! E a consolazione per ogni sforzo di impegno di fedeltà che possiamo compiere risuona l’assicurazione: “E chi è che vince il mondo se non chi crede che Gesù è il Figlio di Dio?”. Certo tutto questo è proclamato contro ogni verosimiglianza, ma tutta la vita di Gesù è stata e continua a essere contro ogni verosimiglianza.
Anche il brano evangelico è di provenienza giovannea. Ci racconta le sorprese che hanno avuto i discepoli di Gesù nei due incontri concessi loro da Gesù risorto nei giorni estremi della settimana più importante della nostra storia, quando la settimana della prima creazione ebbe il suo compimento nella grande settimana della risurrezione di Gesù.
La settimana della “seconda creazione” – “Pace”, “vi mando”, con lo Spirito Santo, a perdonare: sono le grandi parole che Gesù pronuncia la prima sera di Pasqua. Non essere incredulo, ma credente, pur non avendo visto: sono le grandi parole pronunciate dal Risorto “otto giorni dopo”, a compendio di quanto Lui aveva vissuto con i suoi e a garanzia di quanto sarebbe accaduto in una storia che si apriva all’insegna di una lotta che sarebbe durata fin quando l’appello alla fede avrebbe incontrato l’ostacolo dell’incredulità.
Ci è di consolazione la prima parola pronunciata dal Risorto: “Pace a voi”, ripetuta a più riprese, anche con Tommaso incredulo: riassume tutto il dono dell’intervento di Gesù nella nostra storia. Al presente ha un senso misterioso, perché Gesù sapeva – e tutti i suoi discepoli avrebbero saputo nei secoli – che la realtà di quella pace era destinata ad accompagnare un cammino molto accidentato dei discepoli nel solco del tempo. Gesù non giocava a illudersi e ad illudere. Ma il cammino non si limita alla fase presente della storia e ha la sua piena realizzazione quando avverrà il grande definitivo “incontro”. E ciononostante non è affatto diminuito il valore e senso del presente, così come è stato per Gesù, la sua vita, la sua passione, la sua risurrezione.
La altre parole pronunciate da Gesù, concretizzazioni del dono della pace, hanno un valore anch’esso infinito. Gesù manda i suoi discepoli: ha tanto insistito sulla sua natura di inviato del Padre e ora lo sentiamo porre una dichiarazione di uguaglianza che non potrebbe essere più sorprendente: Lui, il ‘mandato’ dall’eternità, che ha sempre insistito su quel fondamento della sua autorità (inviato plenipotenziario del Padre), ora osa fare dei suoi apostoli degli inviati come lui. Sa quanto rischia, ma la sua volontà non può essere più determinata. E a rincalzo giunge il dono dello Spirito, concesso con un atto di cui il lettore dell’Antico Testamento non ignora l’enorme valore: come il Padre aveva creato l’uomo essere vivente soffiandogli lo spirito, alito vitale, così Gesù soffia sugli apostoli, infondendo loro quell’alito che porta in sé il potere di distruggere, spazzare via l’eterno nemico della creazione, dell’uomo, del piano stesso di Dio: il peccato.
Le scene create dalla reazione di Tommaso, che di fronte all’entusiasmo e alla testimonianza degli altri dieci apostoli pone condizioni che nemmeno gli altri aveva posto (avevano visto ma non toccato!), sono commoventi nella dimostrazione dell’umanità presuntuosa (o posso controllare o niente!) ma anche subito disposta ad arrendersi (“Mio Signore e mio Dio!”). La conclusione di Gesù è una specie di lente per accogliere il senso di tutto il suo insegnamento, nel corso di tutto il vangelo: “Beati quelli che credono pur senza vedere!”: è una frase atemporale. Vale veramente per tutti i tempi, a cominciare dall’oggi.
La conclusione di tutto il libro (la prima, perché ce ne sarà un’altra al termine del capitolo successivo, il 21°) vuole dichiarare l’obiettivo che Giovanni ha voluto perseguire scrivendo quest’opera: essa si autocomprende come opera di segni, che si propone di suscitare la fede in quel Gesù, che mille volte già si è presentato come il Cristo, il Figlio di Dio: la fede in lui genera “la vita nel suo nome”.
Si conclude così una delle pagine più belle di tutta la Sacra Scrittura, pagina fondamentale della nostra fede. Si comprende che il Papa abbia voluto caratterizzare questa domenica come “domenica della misericordia”: quante proclamazioni di misericordia abbiamo sentito – a cominciare dal dono della pace fino a quello dello Spirito. Credo che non esageriamo dicendo che veramente il Signore non poteva fare di più. Egli è qui, nella nostra vita, in continua fiduciosa attesa: è una fiducia senza prezzo, solo quello di lasciare che sia lui a tenere il filo del nostro cammino.
Vostro Don Giuseppe Ghiberti