Domenica 16-5-21 Ascensione del Signore – “Settimanale Amcor”
Cari soci e amici dell’Amcor,
in questa domenica 16-5-21 si celebra la solennità dell’Ascensione del Signore e la domenica successiva celebreremo la solennità di Pentecoste che chiuderà il periodo pasquale.
Volendo riepilogare gli eventi fondamentali che riguardano la vita di nostro Signore e la nostra redenzione, usiamo proprio il termine “mistero pasquale”. Questa espressione, possiamo dire, racchiude cinque momenti: Passione, Morte, Risurrezione, Ascensione e Pentecoste.
Il termine “mysterion”, in greco, assume vari significati, che in qualche modo si integrano. Nel AT “mysterion” richiama piani militari e segretezza, anche il piano salvifico, i segreti, di Dio (Sap 2,22) e, nel NT, il mistero del regno di Dio (Mc 4,11), fino a diventare, in Paolo (Rm 16,25), quasi sinonimo di Vangelo e di messaggio di Gesù.
Nella traduzione latina di “sacramentum” si conserva anche un carattere originario militare di ricompensa, di giuramento, di iniziazione e un carattere giuridico di garanzia.
Il Concilio Vaticano II (Lumen Gentium) definisce la Chiesa “sacramento universale di salvezza” e sacramento assume così il significato di “segno e strumento dell’intima unione con Dio”. I sette sacramenti sono definiti: “segni efficaci della grazia, istituiti da Cristo e affidati alla Chiesa, attraverso i quali ci viene elargita la vita divina.” (Catechismo della Chiesa Cattolica n.1131).
Notiamo qui, come già in altre occasioni, la ricchezza di significati racchiusi in parole importanti. E’ una ricchezza che ci aiuta a esplorare il senso della nostra fede.
L’Ascensione rientra, dunque, nel “mistero pasquale” e Don Giuseppe ci spiega che: “L’Ascensione, come ogni mistero che incontriamo nel Nuovo Testamento, tocca direttamente il mistero di Dio e contemporaneamente il mistero di tutta la storia umana.” Qui comprendiamo, ricorda ancora Don Giuseppe, come le espressioni letterali abbiano anche un profondo richiamo simbolico ove: “ ‘in alto’, ‘in cielo’ è l’assoluta rappresentazione della trascendenza.”
Il Salmo è scelto dalla liturgia per celebrare il mistero dell’Ascensione di Gesù e celebra, in modo particolare, la regalità di Dio. Una regalità che riguarda noi e tutti i popoli della terra.
“Ascende Dio tra le acclamazioni,” ….
“Dio regna sulle genti, / Dio siede sul suo trono santo.” (Sal 47/46, 6-9).
I cieli sono dunque, attraverso questa immagine umana, il suo trono, ma come ricorda Sant’Agostino, anche noi possiamo essere il suo trono: “… se l’anima del giusto è il trono della sapienza, sia la tua anima giusta e sarà il regale trono della sapienza.” (Esposizione sul Salmo 46).
Sento qui, sia pure con le mie difficoltà e debolezze, il significato profondo di una trascendenza cristiana che non è solo totalmente altro dalla natura umana, ma, come conclude Don Giuseppe è: “quel modo eterno di vita del Padre, che accoglie e mantiene le sue creature, che Lui ha elevato alla condizione di veri figli – nel Figlio!“
Uniti nella preghiera, insieme a Don Giuseppe e tutto il Consiglio, vi invio i più cari saluti e auguri di vivere nella gioia questa solennità.
Contardo Codegone
Settimanale AMCOR
Ascensione del Signore 16 -5 – 21
Letture bibliche: At 1, 1-11; Ef 4,1-13; Mc 16, 15-20
Il Vangelo di Luca e gli Atti degli Apostoli (ancora opera di Luca) finiscono e iniziano con il racconto dell’Ascensione di Gesù al Cielo. Oggi, festa dell’Ascensione, leggiamo proprio il racconto iniziale degli Atti. In forma raccorciata rileggiamo quell’episodio nella parte finale del vangelo di Marco (di composizione più tarda che non la parte precedente dell’intero vangelo). Nella Lettera agli Efesini il ragionamento segue un’altra pista. La Lettera agli Efesini, ricca di insegnamenti dottrinali, suggeriti per i loro riflessi pratici, è richiamata oggi per il rimando all’Ascensione di Gesù. L’Ascensione è la conclusione della presenza storica di Gesù, della sua Incarnazione. Presenza storica questa che termina dopo di aver portato doni a tutti gli uomini e avere affidato loro compiti, perché ognuno sia in grado di “compiere il ministero, al fine di edificare il corpo di Cristo”. Una parziale indicazione del fine dell’Ascensione è espressa nell’espressione: perché “tutti arriviamo all’unità della fede… fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo”. Ancora una volta ci sentiamo dire – in modo quasi esagerato – che siamo noi i beneficiari, quasi l’obiettivo, del mistero stesso dell’esistenza di Dio.
Il Signore Gesù fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio…Essi partirono e predicarono dappertutto. L’Ascensione, come ogni mistero che incontriamo nel Nuovo Testamento, tocca direttamente il mistero di Dio e contemporaneamente il mistero di tutta la storia umana. Già si dice – mi pare con verità – che il passato non è staccato né dal presente né dal futuro, ma tanto meno si può dire che il mondo di Dio sia staccato dal mondo umano. Però le modalità di comunicazione sono meno facili di quanto si possa pensare. Siamo abituati, quando ci riferiamo all’Ascensione di Gesù, a servirci delle dimensioni locali per pensare alla novità dell’esistenza di Gesù: non più in terra, tra di noi, ma in cielo. E’ un’immaginazione che ci aiuta a renderci conto del “diverso” che ci separa da Dio, ma dobbiamo correggere con il famoso “e in ogni luogo” del nostro vecchio catechismo. Usando queste categorie fantasiose, dobbiamo sfruttare l’elementare del simbolo: ‘in alto’, ‘in cielo’ è l’assoluta rappresentazione della trascendenza, ma non subisce il condizionamento della dimensione spaziale. Quando dicevamo che “Dio è in ogni luogo”, dicevamo una verità per esprimere in qualche modo la verità che Dio non è legato alla categoria del luogo. Ma è un fenomeno non raro, perché tutto il nostro discorso sul mondo divino ha senso solo in questa prospettiva. E il discorso può procedere anche per la categoria tempo: quando saremo usciti da questa vita, entreremo nell’eternità. Sarà un passaggio analogo a quello dell’umanità di Gesù quando, la nostra umanità, “incontrando” Gesù asceso al cielo, verrà a partecipare nella forma più piena e definitiva della condizione perfetta nella quale Dio volle l’uomo all’origine e la ricupera per la totale partecipazione alla stessa condizione del Figlio. Sarà il momento in cui si concluderà – per sempre! – quel modo eterno di vita del Padre, che accoglie e mantiene le sue creature, che Lui ha elevato alla condizione di veri figli – nel Figlio!
Vostro Don Giuseppe Ghiberti