Domenica 23-5-21 Pentecoste – “Settimanale Amcor”
Cari soci e amici dell’Amcor,
Domenica 23-5-2021; Pentecoste! Non ricordiamo solo un avvenimento del passato, ma sperimentiamo fatti che sono oggi vivi e fondamento della nostra fede. Gesù, attraverso lo Spirito Santo, è presente adesso, ci affianca e accompagnerà l’intera umanità fino alla fine della storia.
Nel riflettere sulla Parola di Dio, con l’aiuto di Don Giuseppe, mi soffermo, medito sui testi che la liturgia ci offre e, alla fine, sento il bisogno di un momento di silenzio. Un restare in ascolto per cogliere una parola, l’emergere di un messaggio, un segno proprio per questo particolare momento della storia, della mia vita. E così ho sentito due richiami particolari, che non fanno dimenticare il resto, ma lo valorizzano.
‘- Il colore rosso che è il colore dei paramenti liturgici di questa solennità. Il colore del martirio, ma anche delle fiammelle, lingue di fuoco, scese sugli apostoli nel Cenacolo, segno dello Spirito. Nel Medio Evo queste fiammelle erano viste anche come profumati petali di rose rosse. Le cronache di quegli anni ricordano che in alcune chiese erano fatti discendere sui fedeli dei petali rossi per ricordare la discesa dello Spirito. Per questo la Pentecoste era anche chiamata ‘Pasqua delle rose’. Queste fiammelle sono segno vivo della luce della fede che cerchiamo tutti i giorni nelle difficoltà e nelle gioie.
‘- Il “Veni Creator Spiritus”, inno liturgico, proprio della Pentecoste, tra i più belli e intensi della Liturgia. E’ fatto risalire a Rabano Mauro (780-856), epoca carolingia, arcivescovo di Magonza e abate di Fulda. Questo inno si canta a Pentecoste anche per le Lodi e i Vespri, apre il Conclave per l’elezione del Papa, è cantato per l’ordinazione dei Vescovi e dei Sacerdoti. L’invocazione allo Spirito accompagna la Chiesa e deve essere anche parte della nostra vita nel chiedere consiglio, vicinanza, conforto.
Il colore rosso delle lingue di fuoco, l’Inno liturgico del “Veni Creator Spiritus”, riempiono il nostro cuore di gioia, del bisogno di alzare lo sguardo, insieme a tutto l’universo, verso il Creatore. Cantiamo insieme dunque questo salmo, inno cosmologico:
“Benedici il Signore, anima mia! / Sei tanto grande, Signore, mio Dio!
Quante sono le tue opere, Signore!
Le hai fatte tutte con saggezza; / la terra è piena delle tue creature
Togli loro il respiro: muoiono, / e ritornano nella loro polvere.
Mandi il tuo spirito, sono creati, / e rinnovi la faccia della terra.” (Sal 104/103 1ab.24ac.29bc.30)
Con questa gioia e riconoscenza nel cuore, Vi invio, insieme a Don Giuseppe e tutto il consiglio, i miei saluti più cari e gli auguri di una Pentecoste ricca di doni.
Contardo Codegone
Settimanale AMCOR
Pentecoste 23 -5 – 21
Letture bibliche: At 2, 1-11; Gal 5,16-25; Gv 15, 26-27; 16, 12-15
Cinquanta giorni dopo la risurrezione di Gesù il gruppo allargato dei discepoli, che dieci giorni prima avevano già assistito all’evento dell’Ascensione di Gesù al Cielo, fu raggiunto da una manifestazione straordinaria dello Spirito Santo (come leggiamo nella prima lettura, dagli Atti degli Apostoli). “Pentecoste” è da tempo una importante festa ebraica (ricorda il dono della legge mosaica), ed è occasione dell’arrivo a Gerusalemme di tanti pellegrini. Quell’anno, cinquanta giorni dopo la risurrezione di Gesù, nel luogo dove si trovano gli apostoli s’è radunata molta gente, grazie anche al richiamo straordinario di luci e suoni, e i discepoli si sentono spinti a iniziare un annuncio straordinario dell’evangelo – la “buona notizia”. San Luca insiste nel dire che in quel raduno tanti pellegrini ebrei provenienti da altre contrade (una specie di “italiani d’America” di quel tempo) comprendono tutti quell’annuncio disparato, come se fosse fatto nelle varie lingue dei paesi dove sono emigrati. Si verificano anche fenomeni straordinari, che si direbbero di natura atmosferica. Sembra che si ripeta, al contrario, il fenomeno della torre di Babele, ma è solo il ricupero del ricordo (delle molte lingue) e del rinnovo di un’alleanza che ora ha raggiunto la sua perfezione definitiva. A quell’annuncio seguirà una catena la cui fine riposa solo nelle mani di Dio.
La seconda lettura, tratta dalla Lettera di San Paolo ai credenti della Galazia (una regione che comprende l’attuale città di Ankara) illustra a quei cristiani con quali criteri una persona può agire: o secondo la “carne” o secondo lo “Spirito”, e questi sono tra loro in contrapposizione, ognuno con propri comportamenti. Nella prima categoria (della “carne”) troviamo tutti i vizi, nella seconda (dello “Spirito”) tutti i comportamenti buoni. Noi possiamo parlare proprio di vizi e virtù. La parola dominante è lo Spirito: persona divina, che ha “desideri contrari alla carne” e, come frutti, porta “amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza…”. La conclusione pratica dice: “Perciò, se viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito”. L’augurio è espresso nella frase: “Se vi lasciate guidare dallo Spirito…”. Lo Spirito dunque non è solo uno modo di pensare, un criterio di azione: è la Persona che promuove tutto questo bene. “Il frutto dello Spirito è amore, gioia, magnanimità”. Lo Spirito è criterio e modello di azione.
Lo Spirito della verità vi guiderà a tutta la verità –
La lettura evangelica mette insieme varie parole di Gesù pronunciate durante i discorsi di addio, al termine dell’ultima cena e riguardanti tutte un misterioso personaggio, il “Paraclito”. Si tratta dello Spirito Santo, chiamato anche “Spirito della verità”, terza persona della Santissima Trinità. Egli è il rivelatore e il garante dell’insegnamento apostolico, colui che dà il senso dell’evento stesso dell’incarnazione. Egli sostiene l’impegno dell’ascolto di tutti i discepoli, di tutti i tempi.
Gesù, in questi discorsi d’addio, ha davanti agli occhi la vita futura della comunità dei suoi discepoli, descritta ancora in modo impreciso, ma ricco di indicazioni sui rapporti fondamentali che reggeranno le situazioni e le decisioni grandi o piccole del cammino nei secoli. I protagonisti di questa vita saranno certamente molti, a partire dal mondo stesso di Dio. Colpisce la ricchezza delle indicazioni riguardanti lo Spirito, chiamato in vari modi, in particolare il “Paraclito”, lo “Spirito della verità”. Egli appartiene alla famiglia divina (con il Padre e il Figlio); a lui sono affidati vari compiti (dare testimonianza del Figlio, sostenere la testimonianza dei discepoli). Egli non si allontanerà dal fianco dei discepoli e ne guiderà il cammino; sarà il custode, garante e diffusore della verità. Giovanni dice che lo Spirito “annuncerà le cose future”, ma l’espressione originale greca è molto densa nella sua capacità di racchiudere tutta la storia della salvezza: “le cose che vengono” partono dal disegno eterno del Padre, le vicende della discesa misteriosa del Figlio tra noi e il cammino futuro della comunità umana, guidata da quanti accettano e attestano l’opera redentrice del Figlio nella partecipazione attiva al nostro destino.
Non riusciremo mai a renderci sufficientemente conto della realtà beatificante di questo dolce ospite della nostra storia, né potremo mai essere soddisfatti della nostra attenzione a questo amabile e fortissimo fratello. Dal cuore della Trinità egli agisce in modo dolce e forte per sostenere la nostra debolezza e cecità e per dare alla nostra testimonianza la forza della convinzione d’amore.
Continueremo a sentirci piccoli, inadeguati, insufficienti per quell’impegno di testimonianza che viene affidato a noi: la nostra intelligenza sembra affogare nel buio, nella lotta contro l’assurdo; la nostra volontà è continuamente provocata da richieste contrastanti con i nostri istinti. Sembra addirittura che il cammino della storia sia impegnato a dimostrare che i frutti del “progresso” si possano cogliere solo quando ci si adegua ad una razionalità totalmente autonoma. E immancabilmente giungono le delusioni dell’incapacità a vincere il male.
E’ allora che invochiamo la sua presenza, necessaria ora non meno che in altre stagioni della storia, illuse da miraggi fallaci, tremanti di debolezza. Ed Egli è luce e coraggio, capacità d’amore che non mercanteggia.
Vostro Don Giuseppe Ghiberti