20 Anni di Amcor – Domenica 20-6-2021 XII Tempo Ordinario “Settimanale Amcor”
Cari soci e amici dell’Amcor,
inizio a scrivere queste righe quando, da poco, Patrizia, che ringrazio di cuore, mi ha ricordato che venti anni fa, il 22 giugno del 2001, veniva fondata l’Associazione Amcor – Amici Chiese d’Oriente – Onlus. Con una po’ di emozione ne ho parlato con Don Giuseppe. Sembra vicino questo 2001, ma c’è di mezzo un mare di avvenimenti, un mare a volte tempestoso e a volte placato, sempre ricco di Grazia.
Ricorderemo, dopo il periodo estivo, questi anni, gli amici che ci hanno preceduti nelle braccia del Signore, le ostensioni e le meditazioni sulla S. Sindone, i pellegrinaggi, i momenti di preghiera e di amicizia, gli incontri di formazione e i momento di riflessione sulla Parola di Dio, le comunità che abbiamo incontrato, gli aiuti che siamo riusciti a offrire e insieme ricorderemo anche i sessant’anni di professione religiosa di Suor Maria Clara. Sarà un’occasione di riflessione particolare sul tempo che ci è donato dal Signore.
Ora sembra proprio che le Letture ci invitino alla riflessione. Inizia, infatti, un periodo lungo, quasi ininterrotto, di domeniche del Tempo Ordinario fino a novembre, con la prima domenica di Avvento che darà inizio al nuovo anno liturgico. Un periodo di meditazione sulla parola di Dio, terminate le grandi festività. Un periodo di ascolto della forza dirompente della Parola di Dio.
Questa domenica la Liturgia ci mette dinnanzi all’acqua come potenza che solo Dio può dominare. Don Giuseppe ci ricorda: “Se l’ultima parola nelle più terribili manifestazioni metereologiche la pronuncia il Dio sovrano, può l’uomo pretendere di interferire col suo giudizio?
La Scrittura ci dice che non possiamo rivolgerci a Dio per chiedere spiegazioni, per interrogarlo come giudici: è Dio che si manifesta e si dona!
Dobbiamo tendere a questa dimensione che ci prosciuga, a questo atteggiamento tanto difficile quanto essenziale di abbandono. Ancora Don Giuseppe: “… il nostro rapporto con Lui. Che è solo risposta e che è vero solo in questo rapporto di totalità”. E qui i mistici ci aiutano, ma ci aiuta anche l’esperienza della vita quotidiana, non si può guardare a Dio in modo banale: la fede è cammino, ma anche e soprattutto è una sfida radicale e totalizzante.
Il Salmo ci ricorda che siamo come naviganti che prendono il mare e:
“Egli parlò e scatenò un vento burrascoso, / che fece alzare le onde:
salivano fino al cielo, scendevano negli abissi; / si sentivano venir meno nel pericolo.
…
Nell’angustia gridarono al Signore, / ed egli li fece uscire dalle loro angosce.
La tempesta fu ridotta al silenzio, tacquero le onde del mare.” (Sal 107/106 , 25-26; 28-29)
Questo nostro grido deve diventare, dunque, ‘inno’ al nostro Dio salvatore, deve diventare ‘grazie’ guardando la nostra storia passata e diventare ‘affidamento totale’ per il nostro futuro.
Desidero ancora ringraziare il caro amico e socio Bruno Barberis con il quale abbiamo cominciato questa settimana un percorso mensile di studio e di riflessione sul rito della S. Messa.
Uniti nella preghiera e nell’amicizia, con Don Giuseppe e tutto il Consiglio Vi saluto con particolare affetto.
Contardo Codegone
Settimanale AMCOR
XII dom. T.O. – B: 20 – 6 – 2021
Letture bibliche – Gb 38, 1.8-11; 2 Co 5, 14-17; Mc 4, 35-41.
Di Giobbe (prima lettura) leggiamo oggi un brano breve ma molto eloquente, accompagnato da tono severo: “Chi ha chiuso fra due porte il mare, quando… quando… qui si infrangerà l’orgoglio delle tue onde”. Se l’ultima parola nelle più terribili manifestazioni metereologiche la pronuncia il Dio sovrano, può l’uomo pretendere di interferire col suo giudizio?
Il rimando tematico lo troviamo, come di solito, al racconto evangelico, che riporta l’episodio della tempesta sedata, conclusa con la benevola domanda: “Perché avete paura? Non avete ancora fede?” e lo stupore degli apostoli: “chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?” (Marco).
Dalla Seconda Lettera ai Corinzi raccogliamo un’espressione che, soprattutto a noi torinesi, è familiare e cara, perché ci ricorda il motto di San Giuseppe Benedetto Cottolengo: “Charitas Christi urget nos”, dove la “charitas”, l’amore, ha due provenienze: quello che proviene da Christo e quello che proviene da noi per Cristo.
L’amore di Cristo ci possiede
Possiamo tentare di riformulare questa grande affermazione in due modi fondamentali: a) l’amore che Cristo ha per noi ci possiede; b) l’amore che abbiamo per Cristo ci possiede. Tutte e due le traduzioni del testo scritto in greco da Paolo sono possibili e, ognuna per conto suo, sono vere. Mi pare chiaro che, nell’ordine della realtà, se c’è un amore che spiega e “tira” l’altro, è l’amore che parte da Cristo: perché lui ha amato in modo ineffabile e totalmente gratuito, è possibile il nostro amore di risposta. Ma è anche vero che dalla nostra consapevolezza di essere tanto totalmente amati da Gesù non possiamo non sentirci “costretti” a rispondere nella più piena totalità a questo amore. Il primo senso (l’amore di Cristo per noi) esprime la totale consapevolezza del tutto che abbiamo ricevuto e continuamente riceviamo da Lui: è il nostro sostegno e lo stimolo che rende necessaria la nostra risposta. Il secondo senso (l’amore nostro per Cristo) dà voce all’espressione della totalità di questa “spinta”, da cui ha origine l’impossibilità che le cose si muovano diversamente. Mi scuso per l’incapacità a usare un linguaggio più dolce e garbato; ma è scelto per tentare di esprimere con determinazione la totalità dei legami che reggono il nostro rapporto con Lui. Che è solo risposta e che è vero solo in questo rapporto di totalità.
Sappiamo che tutto questo è vero a dirsi e fa tremare a rifletterci: chiediamo a quel Signore, origine e destinatario dell’amore, che sia almeno un po’ vero. E noi speriamo che lo sia ogni giorno di più, perché abbia un senso ancora quello che dice San Paolo: “Se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove”.
Signore, strumenti di rinnovamento ne hai seminati tanti sulla mia via. Fa che non venga reso vano mai il tuo amore.
Vostro Don Giuseppe Ghiberti