Domenica 25-7-2021 – XVII Tempo Ordinario B – Settimanale AMCOR
Cari soci e amici dell’Amcor,
talora il vento caldo, rovente, del deserto pare attraversare la nostra anima lasciandola riarsa. E ci rivolgiamo a Dio pieni di domande che attendono risposta.
E Don Giuseppe ci prende per mano e ci dice: “Quanto sono belle, nella loro semplicità, le parole del Signore!”
Qui sta il mistero della nostra fame e del dono del “pane miracoloso”. Per cinque domeniche tralasceremo Marco e seguiremo il “lungo discorso che viene chiamato ‘eucaristico’” esposto da Giovanni, come ci ricorda Don Giuseppe.
E’ l’Eucaristia il nostro pane, è l’Eucaristia la nostra manna che tutti i giorni dobbiamo rinnovare nella preghiera.
In questa dimensione Don Giuseppe sintetizza questa nostra preghiera: “Il Signore conceda anche a noi il dono dell’abbandono totale, finché giunga la luce completa!” Il vento caldo, rovente, del deserto, luogo delle tentazioni e della preghiera, si placa solo nel difficile abbandono totale che è conquista e dono.
In questa dimensione il Salmo di oggi, ultimo attribuito a Davide, è un invito alla lode. E’ un Salmo alfabetico e a ciascuno dei suoi versetti corrisponde una delle lettere dell’alfabeto ebraico. Pregarlo è, dunque, servirsi di tutto l’alfabeto che viene usato per lodare Dio.
“Gli occhi di tutti a te sono rivolti in attesa / e tu dai loro il cibo a tempo opportuno. /
Tu apri la tua mano / e sai il desiderio di ogni vivente.” (Sal 145/144, 15-16)
Rivolgendo in preghiera gli occhi al Signore, Vi invio un grande abbraccio unitamente a Don Giuseppe, Suor Maria Clara e a tutto il Consiglio.
Contardo Codegone
XVII dom. t. o. – B
(25 – 7 – 2021)
Letture bibliche – 2Re 4, 42-44; Ef 4, 1-6; Gv 6, 1-15.
Quanto sono belle, nella loro semplicità, le parole del Signore! C’è gente che ha fame e un rappresentante di Dio (un profeta, Eliseo, dell’Antico Testamento) ha il potere di sfamare cento persone, senza dar fondo al pane miracoloso (così nel secondo libro dei Re). Parecchi secoli dopo è Gesù, che nei pressi del Lago di Tiberiade con cinque pani e due pesci sfama “circa cinquemila uomini”, riempiendo poi dodici canestri di avanzi, raccolti su comando di Gesù “perché nulla vada perduto”. Scoppia tanto entusiasmo e Gesù, sapendo che vogliono farlo re, si ritira sul monte, “lui solo”, a pregare (dal vangelo di san Giovanni). Il Signore conceda anche a noi il dono dell’abbandono totale, finché giunga la luce completa!
La nostra cara lettera ai cristiani di Efeso si trova ancora a combattere contro la divisione che rovina la comunità stessa, tra ex-ebrei ed ex-pagani. Per questo “Paolo” la richiama “all’unità dello Spirito per mezzo del vincolo della pace”. La impostazione stessa del piano della salvezza è strutturata al servizio dell’unità, che Paolo descrive con la ripetizione sette volte di “uno solo”: un solo corpo, Spirito, speranza, Signore, fede, battesimo, Dio. L’unità procede dalla famiglia divina, partendo da “un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti”, ma vuole raggiungere un’unità di disposizione d’animo e di comportamento nell’intera comunità.
Il racconto della moltiplicazione dei pani è assunto da Giovanni ed è introduttivo del lungo discorso che viene chiamato “eucaristico” (lo troveremo nelle prossime domeniche).
Ne mangeranno e ne faranno avanzare.
La corrispondenza fra i mezzi che abbiamo a disposizione e le necessità della nostra vita e di quella del nostro ambiente è da sempre causa di disperazione, sia per chi ha bisogno e non sa dove battere la testa sia per chi vorrebbe intervenire in risposta ai bisogni presenti e si sente impotente. La Bibbia presenta a più riprese casi di bisogni che stentano a trovare interventi risolutori. La casistica delle risposte è varia, partendo dallo straordinario del miracoloso (come i pani e i pesci nella vita di Gesù e, prima ancora, casi vari nell’Antico Testamento) per scendere al ricorso ai vari mezzi del quotidiano comune, prima nell’entourage di Gesù e poi nell’organizzazione dei soccorsi all’interno delle comunità credenti. Non fa stupire che non sia ancora presente la coscienza di una “questione sociale”. E’ piuttosto in un’altra direzione che si orienta il discorso, a cominciare dall’esempio impegnativo di Gesù, che non ha mai trascurato l’indigente che incontrava. In particolare è significativo il richiamo alla funzione di Giuda nel gruppo dei Dodici (Gv 13,29: “per dare qualcosa ai poveri”) e poi l’organizzazione delle elemosine nelle comunità vere e proprie (con l’impegno di Paolo a fare raccolte in favore degli indigenti di Gerusalemme) e ancora le riflessioni di Paolo a partire dal cap. 9 della Seconda lettera ai Corinzi.
Nella storia della Chiesa la santità canonizzata ha sempre avuto la caratteristica della carità generosa. Lo studioso penserà che si trattava di interventi inadeguati. Mi pare che questo giudizio sia astorico: ogni epoca ha avuto le proprie sensibilità assieme alle proprie responsabilità. Chiediamo al Signore la intelligente penetrazione delle componenti delle situazioni passate e soprattutto l’intuizione degli orientamenti efficaci oggi. E – come in passato – anche oggi sarà molto condizionante la forza di decisione e l’orientamento preferenziale che saremo capaci di prendere, nei casi di varia grandezza, là dove veniamo coinvolti con possibilità personali e associative.
Vostro Don Giuseppe Ghiberti