Domenica 7-11-2021 – XXXII Tempo Ordinario- Settimanale AMCOR
Cari soci e amici dell’Amcor,
nelle letture di questa domenica 7-11-21 incontriamo due vedove cioè due persone appartenenti, nella cultura di allora, alla categoria sociale di minor valore insieme agli orfani e agli stranieri. Don Giuseppe ci guida con dolcezza ricordandoci come “l’anno liturgico che declina ci presenta momenti finali della vita di Gesù” e aiutandoci a cogliere il comune significato delle tre Letture di oggi.
La prima vedova abitava a Serèpta paese della Fenicia, attuale Siria, non era dunque ebrea, ma pagana. A questa il profeta Elia, che sta fuggendo dalla regina Gezabèle, chiede da bere e da mangiare ed ella gli da tutto quello che ha e si prepara a morire insieme al figlio. Questa vedova mette tutta la sua vita in Dio. Essendosi fidata di Dio il profeta la salva insieme alla sua famiglia.
La seconda vedova, nel tempio di Gerusalemme, offre a Dio due monetine ossia tutto quello che ha per vivere. Essa è indicata da Gesù come esempio di chi dona tutto per seguirlo. Il testo greco dice letteralmente di questa vedova che “gettò intera la sua vita” (in greco: “ébalen òlon ton bìon autès”). Questa vedova mi pare rappresentare insieme chi si pone autenticamente nella sequela di Cristo e Cristo stesso che dona la sua vita. Nella “Lettera agli ebrei” è detto che Cristo “è apparso per annullare il peccato mediante il sacrificio di se stesso.” (Eb 9,26).
In questo contesto il Salmo, che fa parte degli ultimi cinque del Salterio, è un inno di ringraziamento a Dio che si prende cura dell’uomo in qualunque situazione egli si trovi: miseria, disperazione, ingiustizia, oppressione, schiavitù.
“Il Signore rimane fedele per sempre /
rende giustizia agli oppressi, /
dà il pane agli affamati. /
Il Signore libera i prigionieri. /
Il Signore ridona la vista ai ciechi, /
il Signore rialza chi è caduto, /
il Signore ama i giusti, /
il Signore protegge i forestieri. /
Egli sostiene l’orfano e la vedova, /
ma sconvolge le vie dei malvagi. /
Il Signore regna per sempre, /
il tuo Dio, o Sion, di generazione in generazione.” (Sal 146/145, 6-10)
Gesù, in questi momenti finali della sua vita, ci aiuta a capire meglio il significato dell’amore unico che abbiamo per lui quando lo incontriamo, lo riconosciamo come Salvatore e ci affidiamo totalmente a Lui.
Con Don Giuseppe, Suor Maria Clara, Mariella e tutto il Consiglio vi invio un grande abbraccio nel reciproco ricordo della preghiera.
Contardo Codegone
P.S. Martedì prossimo 9 novembre 2021 ore18,00 ci troveremo presso la Chiesa del SS. Sudario (Via Piave angolo Via San Domenico) per la Santa Mesa nella quale ricorderemo nominativamente tutti i soci che sono tornati alla casa del Padre in questi primi venti anni della nostra associazione.
XXXII dom. t.o. – B
(7 – 11 – 21)
Letture bibliche: 1 Re 17, 10-16; Eb 9, 24-28; Mc 12,38-44.
Carissimi, l’anno liturgico che declina ci presenta momenti finali della vita di Gesù; fra un mese, nell’avvento, torneremo agli inizi di questa bella storia. In compenso oggi il vangelo ci presenta una scena tanto commovente: l’atto di generosità di una povera vedova, che mette gli interessi di Dio avanti ai propri interessi e alle sue necessità, a cominciare da quella della fame.
La storia incomincia con il profeta Elia (primo libro dei Re), che sta cominciando la sua missione profetica. E’ tempo di carestia, ma il Signore dà al suo profeta il dono, prima, di sfamare quella famigliola e poi di provvedere a lungo alle loro necessità di cibo: “la farina della giara non venne meno e l’orcio dell’olio non diminuì”, come aveva promesso il Signore per mezzo del suo profeta.
Nella Lettera agli Ebrei è affrontato un aspetto del sacerdozio di Gesù, che nella pienezza dei tempi è apparso una prima volta per “annullare il peccato mediante il sacrifico di se stesso” e alla fine dei tempi apparirà una seconda volta per la conclusione gloriosa di tutta la storia. E’ il mistero della salvezza che entra nel mondo grazie al dono totale che Gesù ci fa di sé.
Il brano evangelico (di Marco) ci porta a Gerusalemme, nella zona del tempio, pochi giorni prima dell’arresto di Gesù e della sua passione. In questo momento egli sta insegnando a motivare in modo giusto quel bene che ci accingiamo a fare: non per motivo di vanagloria ma per il fratello che ne ha bisogno e per il Signore che è vindice del povero. Gli viene subito offerto un esempio lampante: nelle camere che circondano il grande cortile del tempio ci sono ambienti destinati a vari usi e in particolare è importante lo stanzone del tesoro del tempio, dove tutti i pellegrini possono gettare le loro elemosine. Si servono delle monete di allora che, secondo il loro valore, producono più o meno rumore a seconda della grandezza e del metallo del pezzo offerto (la parete della camera è accuratamente sigillata e per le elemosine vi sono buchi attraverso i quali si gettano le monete). La scena è molto vivace, a causa soprattutto del codazzo dei ricconi. Ma l’attenzione di Gesù è attratta da una persona che – diremmo – più insignificante non si può: una vedova che cerca solo di non farsi vedere, tanto si vergogna della sua povertà. Ciononostante lei ha una piccolissima cosa da lasciare: due monetine, che messe insieme fanno un soldo. Lo si riteneva il guadagno minimo di un lavoratore, sufficiente per non morir di fame. Quella vedova ha solo quello e lo butta nel tesoro del tempio. Nessuno l’ha vista e questo le ha risparmiato di essere derisa: vuoi riparare il tempio con la tua offerta?!? Invece qualcuno l’ha vista e si è commosso: Gesù, il Maestro, che sta per dare anche lui qualcosa, tutto quello che ha, la sua vita. Gesù insiste: quella poveretta ha dato “tutto quanto aveva per vivere”. Forse ha perfino rinunciato a mangiare, quel giorno.
Gesù continua a trovare anche oggi l’imitazione più convincente della sua generosità nella disposizione generosa di chi sa dare senza guardare a ciò che perde – perché non è valore in perdita.
Vostro Don Giuseppe Ghiberti