Giovedì 6-1-2022 – Epifania – Anno C – Settimanale AMCOR
Cari soci e amici dell’Amcor,
l’Epifania, manifestazione, conclude il tempo liturgico del Natale iniziato con la veglia del 24 dicembre.
Nei primi secoli le due memorie del Natale e dell’Epifania erano unite. Nel IV secolo la Chiesa latina le separò: 25 dicembre il Natale e 6 gennaio l’Epifania.
Vi è un legame profondo tra queste due festività. Dio inviò il proprio figlio nella natività e questo figlio si manifesta ed è riconosciuto Dio in una dimensione universale nell’Epifania.
Così la stella, che tanto riempie di luce i nostri presepi, non va cercata scrutando il cielo, ma aprendo le pagine della Bibbia, cercando nella Parola di Dio che è la luce che ci guida.
La stella infatti non è un evento cosmologico, ma un evento teologico che vuole illuminare credenti e non credenti.
Don Giuseppe con delicatezza, commentando il Vangelo di Matteo e la presenza dei tre Re Magi, ci dice: “Chi ricorda fin dalla propria infanzia questa scena sente un groppo di commozione.” E’ la commozione di chi vive la fede anche attraverso i simboli semplici che la tradizione ci consegna, semplici ma di una ricchezza che svela i significati più profondi della nostra vita, del mondo e dell’universo.
Isaia, l’autore vissuto nel IV secolo a.C. (discepolo della scuola che faceva riferimento al Profeta Isaia vissuto nell’ VIII secolo a.C.), richiama proprio il tema dell’universalità della fede: “Cammineranno le genti alla tua luce.” (Is 60,3). Don Giuseppe ci ricorda che: “Il Signore viene in un tripudio di luce.”
Paolo, nella lettera agli Efesini, ci ricorda che il mistero della salvezza è stato fatto per grazia conoscere a lui e ai santi Apostoli perché ora tutte le genti “sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità” (Ef 3,6). Di nuovo un’apertura universale, un manifestarsi e chiamare tutte le genti.
Il Salmo, celebrando Salomone, uomo di pace (il suo nome deriva da Shalòm, pace), descrive il re ideale per il tempo futuro. Noi lo vediamo come il ritratto del Messia atteso e annunciato dai Profeti, noi vi contempliamo il volto di Cristo Salvatore.
“Dio, da’ al re il tuo giudizio, /
al figlio del re la tua giustizia; /
regga con giustizia il tuo popolo /
e i tuoi poveri con rettitudine. /
Nei suoi giorni fiorirà la giustizia /
e abbonderà la pace, /
finché non si spenga la luna. /
E dominerà da mare a mare, /
dal fiume sino ai confini della terra. /
Il re di Tarsis e delle isole porteranno offerte, /
il re degli arabi e di Saba offriranno tributi. /
A lui tutti i re si prostreranno, /
lo serviranno tutte le nazioni. /
Egli libererà il povero che grida /
e il misero che non trova aiuto, /
avrà pietà del debole e del povero /
e salverà la vita dei suoi miseri. (Sal 72/71, 7-8; 10-11; 12-13)
Con questo spirito di gioia e di commozione viviamo questa festa che ci apre gli orizzonti e ci dice che, con noi, tutto l’universo è coinvolto nel progetto di Dio.
Come i Magi, anche noi ci troviamo guidati dalla Parola di Dio per inginocchiarci, in preghiera e con i nostri poveri doni, davanti alla sua luce, al suo mistero di salvezza.
Insieme a Don Giuseppe, Suor Maria Clara, Mariella, Patrizia e tutto il Consiglio Vi invio un grande abbraccio e rinnovo gli auguri più cari.
Contardo Codegone
Epifania del Signore:
6. 1. 22
Letture: Is 60, 1-6; Ef 3, 2-3a.5-6; Mt 2, 1-12
“Epifania” dice ‘manifestazione’ e si intende la manifestazione del nostro amabile Redentore Gesù. In particolare il nome si riferisce all’incontro di Gesù bambino con i “Magi”, personaggi del mondo non ebraico, come sentiremo dal racconto della lettura evangelica oggi. Questo racconto è una novità nel mondo di allora, visto secondo la tradizione ebraica, e continua a esserlo nel mondo e nella Chiesa attuale. Ma vedremo che esso si inquadra perfettamente nel piano della bontà misericordiosa di Dio creatore e salvatore.
Dal profeta Isaia udiamo un invito rivolto a Gerusalemme e alla nazione giudaica a corrispondere all’iniziativa del Signore che viene, in un tripudio di luce. L’affermazione è tanto più consolante, perché poco prima il profeta lamentava l’oscurità che ha colpito Israele per i suoi peccati (Is 59,9 e seg.). Però adesso non solo la luce risplende su Israele ma questa luce si spanderà su tutti i popoli e da tutto il mondo accorreranno i popoli portando doni. E’ una visione gioiosa, affidata alla fede del popolo credente.
La lettera agli Efesini, da cui è tratta la seconda lettura, è destinata a una comunità dove convivono cristiani provenienti dall’ebraismo con altri provenienti dal paganesimo. Ma gli ex-pagani hanno gli stessi titoli alla salvezza che gli ex-ebrei? Noi non ci rendiamo più tanto conto di questo problema, perché il dialogo con il fratello ebreo è molto ridotto e il dialogo con ex-pagani si è praticamente estinto, nelle nostre terre. Così almeno in teoria. Ma esistono anche oggi religioni e culti che il Signore ha messo sul nostro cammino perché offriamo loro la proposta del nostro dialogo: pensiamo a tutti i paesi a maggioranza non cristiana. A tutti il Signore manda la sua chiamata. Il nostro passo culmina nell’affermazione della vocazione universale a “condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del vangelo”. C’è una differenza con la situazione di oggi: a differenza da allora, la situazione di oggi conosce, nelle nostre terre, un teorica maggioranza di cristiani; ma nel mondo questa maggioranza non esiste e anche da noi c’è grande divergenza tra cristiani d’anagrafe e cristiani nel cuore. Molti in più conoscono l’esistenza del cristianesimo, hanno magari ricevuto un’educazione cristiana, ma non se ne sentono coinvolti. Quanta preghiera e quanto impegno anche pratico ci chiede il Signore per collaborare al realizzarsi di quell’unica “chiamata”, per formare “lo stesso corpo”.
Il racconto evangelico che ci offre Matteo è molto complesso, per la presenza di numerosi attori, di genere differente. Primi protagonisti sono “alcuni magi”, provenienti dall’Oriente, giunti a Gerusalemme con uno scopo bello e innocuo: adorare il nato re dei giudei. Ma a Gerusalemme questo programma non è fatto per lasciare tranquillo il re Erode, che riesce a sapere dove deve essere avvenuto l’evento di quella nascita. In mancanza di indicazioni più precise, il re Erode decide l’uccisione dei bambini di Betlemiti nati negli ultimi due anni. I magi raggiungono la casa dove si trova il bambino che cercano e gli offrono doni molto significativi: “Videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono… gli offrirono in dono oro, incenso e mirra”. Questo non sarebbe stato sufficiente contro la ferocia di Erode, se non ci fosse stato un annuncio dal cielo che, prima, avvertì i magi di evitare, nel viaggio di ritorno, i dintorni di Erode e poi (nella continuazione del racconto evangelico) a Giuseppe di uscire, con la sua famigliola, dalla terra d’Israele e di andarsi a nascondere in Egitto.
Le genti sono chiamate a condividere la stessa eredità
Forse nella nostra chiesa oggi compaiono, nel presepio, i tre grandi personaggi, con il loro seguito, possibilmente con i cammelli. Chi ricorda fin dalla propria infanzia questa scena sente un groppo di commozione; altri ormai non se ne lasciano più impressionare e forse la maggioranza ride di questa stranezza. Eppure essa viene raccontata con un’intenzione di insegnamento molto importante. Non possiamo individuare facilmente i particolari di un episodio che deve avere avuto aspetti realistici: Gesù bambino giunge a conoscenza di personaggi non appartenenti al suo popolo; questo bambino fin dall’inizio della sua esistenza ha dovuto fare i conti con l’ostilità di gente di casa. Questi dati li possiamo veramente accettare come appartenenti alla vicenda terrena di Gesù. Poi, come tutto ciò che accade nel mondo umano, la loro presentazione in racconto può aver sfruttato suggerimenti di varia provenienza, di cui ci sfugge in parte la chiave d’interpretazione. Può darsi che qualcuno di voi abbia sentito presentare questo evento come “una meditazione teologica in forma di storie”. Ma basta? Sto citando dal terzo volume dell’opera di Papa Benedetto sulla figura e il messaggio di Gesù di Nazaret (“L’infanzia di Gesù”). Egli riprende il pensiero di vari esegeti di questi anni e con loro conclude: “Contestare per puro sospetto la storicità di questo racconto va al di là di ogni immaginabile competenza di storici” e ancora “Matteo ci racconta la vera storia, che è stata meditata e interpretata teologicamente, e così egli ci aiuta a comprendere più a fondo il mistero di Gesù”. Scusatemi questa digressione, che si affaccia su un problema che accompagna sempre, in vario modo, lo studio dei vangeli (e anche di altre parti della Bibbia). E’ una cosa da prendere sul serio e i cari lettori vorranno pregare un po’ per chi si dedica in particolare a questi problemi, che sono importanti, ma previ, perché non debbono ostacolare la comprensione dell’annuncio che il Signore ci manda.
Vostro don Giuseppe Ghiberti