Domenica 23-1-2022 – III tempo ord. – Anno C – Settimanale AMCOR
Cari soci e amici dell’Amcor,
in questi giorni Don Giuseppe mi parlava della sua fatica, a volte, nella gestione degli impegni quotidiani. Io gli confermavo che sto vivendo le stesse difficoltà.
Andando avanti nel pensiero Don Giuseppe mi diceva quanto, invece, fossero ricchi e intensi per lui i momenti di incontro, di riflessione e di preghiera sulla e con la Parola di Dio.
Io, che stavo scrivendo queste mie povere e faticose righe, non potevo che dirgli che così vive anche il mio cuore. L’incontro con la Parola di Dio apre la nostra mente, insieme al cuore, ci rende capaci di memoria, di collegamento, di presenza attenta e vigile. Il grande dono della Parola che libera e rende forti.
Le letture di oggi mi sembrano, come sempre, parlare al nostro presente.
Dal libro di Neemia apprendiamo, infatti, che, circa cento anni dopo l’editto di Ciro (538 a.C.) che liberava gli ebrei deportati a Babilonia, il popolo, tornato a Gerusalemme, guidato dallo scriba e sacerdote Esdra mentre era governatore Neemia, ascolta la Parola di Dio proclamata in forma solenne.
La proclamazione della Parola nella liturgia, allora come oggi, non è una semplice lettura che narra fatti del passato, un ripasso di storia, ma è l’annuncio, al presente, dell’Alleanza con Dio. E’ come se questa Parola fosse pronunciata ora per noi, è il tempo di Dio, il presente di Dio, che incontra la nostra vita personale e quella della comunità riunita.
Il passo, citato, delle letture dal libro del profeta Neemia termina: “Non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza.” (Ne 8,10)
Don Giuseppe ci ricorda che: “In mezzo, tra la lettura dell’Antico Testamento e quella del vangelo ci viene incontro San Paolo, nella prima Lettera ai Corinzi. Sono trascorsi sì e no 25 anni dalla morte e risurrezione di Gesù, Paolo ha seminato il vangelo sia in Asia sia in centri europei, come appunto Corinto.”
Paolo rispondendo alla semplice e ingenua domanda “in una comunità chi vale di più?”, sviluppa il grande tema delle varie membra del nostro corpo, tutte importanti e necessarie, e apre il discorso, ripreso nel capitolo successivo, sulla grandezza e preminenza della carità.
Con questa terza domenica del tempo ordinario C inizia la lettura del vangelo di Luca. Don Giuseppe ci guida alla comprensione di questo passo di Luca con una domanda: “Che cosa dice quel passo tanto misterioso del profeta Isaia, e perché Gesù dice che “oggi” se ne è realizzato il compimento?”
Chi sono i misteriosi interlocutori per i quai il profeta lascia il posto a colui, dice Don Giuseppe: “che ha potere di interpretare e realizzare l’antica Scrittura, giunta a compimento.” Sono, continua Don Giuseppe: “tutti coloro che sperimentano un bisogno di aiuto…”
“Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato.” (Lc 4,21). E’ un “oggi” anche per noi, è questo incontro con la Parola di Dio, con Gesù, che abbraccia la nostra debolezza, il nostro bisogno di aiuto.
Il Salmo, attribuito a Davide, nella prima parte è un inno a Dio creatore (“I cieli narrano la gloria di Dio, / l’opera delle sue mani annuncia il firmamento. / Il giorno al giorno ne affida il racconto / e la notte alla notte ne trasmette notizia.” (Sal 19, 2-3). Nella parte ripresa nelle letture di oggi è un inno a Dio che ha donato la sua legge. Nell’Eucaristia la natura è rappresentata dal pane e dal vino e il timore del Signore è l’incontro con la sua sapienza.
“La legge del Signore è perfetta, /
rinfranca l’anima;
la testimonianza del Signore è stabile, /
rende saggio il semplice. /
I precetti del Signore sono retti, /
fanno gioire il cuore; /
il comando del Signore è limpido, /
illumina gli occhi. /
Il timore del Signore è puro, /
rimane per sempre; /
i giudizi del Signore sono fedeli, /
sono tutti giusti. /
Ti siano gradite le parole della mia bocca; /
davanti a te i pensieri del mio cuore, /
Signore, mia roccia e mio redentore. (Sal 19/18,8.9.10.15)
Con questo inno sulle labbra, con la gioia e la forza che sono date dall’incontro con la Parola di Dio, guardiamo al futuro con speranza.
Insieme a Don Giuseppe, Suor Maria Clara, Mariella, Patrizia e tutto il Consiglio, vi invio i miei più cari saluti e un grande abbraccio.
Contardo Codegone
P.S. Vi ricordo che sabato 29 gennaio 2022 alle ore 15,30 avremo l’incontro, guidato da Don Galvagno, sulla “spiritualità del Profeta Elia” . L’incontro si terrà via internet “Google meet” col codice:
http://meet.google.com/onb-pjje-svh
III Dom. Tempo ord. C
23.1.22
Letture: Ne 8, 2-4a.5-6. 8-10; 1 Co 12, 12-30; Lc 1, 1-4; 4,14-21
San Luca ha impiegato tre capitoli (superando gli altri evangelisti) per introdurre il racconto della vita pubblica di Gesù. Tutto però è preceduto dai quattro versetti introduttivi all’intero racconto evangelico. Questa introduzione (Lc 1, 1-4, che leggiamo qui) è un brano molto solenne, che ci attesta la cura estrema che Luca aveva posto nella ricerca dei ricordi su Gesù, partendo dalla ufficialità dei protagonisti di un evento storico che sembra del tutto sproporzionato all’introduzione – e invece non lo è!! Per San Luca, che non è stato testimone oculare, è stato importante garantirsi sull’attendibilità di quanto aveva intenzione di riferire, ed è per noi un simpatica e solenne inquadratura di ciò che leggeremo poi nel lungo racconto evangelico. Le notizie su quanto è accaduto a Gesù non sono le prime a essere composte, ma – proprio perché non sono state acquisite da un testimone oculare – sono frutto di un ritorno di verifica molto significativo e rassicurante: Luca non è andato per approssimazione, ma ha sentito e visto tante testimonianze, in particolare i Vangeli di Marco e Matteo, composti prima, ma anche fonti (soprattutto orali) che oggi ci sfuggono.
Dopo questi 4 versetti oggi noi seguiamo Gesù a partire dal cap. IV, dopo il battesimo e i quaranta giorni trascorsi nel deserto. Egli lascia queste regioni per tornare nelle sue terre di famiglia, partendo da Nazaret. Ed è proprio nella sinagoga del suo paesetto che egli introduce la sua predicazione, che è presto itinerante. A Nazaret, al sabato si reca alla sinagoga. Deve già aver fatto parlare di sé, perché offrono a lui il “rotolo del profeta Isaia” per sentire il suo commento. Lui sceglie un passo in cui un personaggio misterioso (qualificato come “servo”, che riceve una missione particolare), sotto l’influsso dello Spirito viene inviato per una missione. La gente si accorge che questa scelta della lettura non è avvenuta per caso; e subito ne riceve conferma da Gesù stesso: “oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato”. Il racconto non finisce qui e la conclusione giungerà domenica prossima.
Dall’Antico Testamento oggi la liturgia legge un brano del libro di Neemia, che ci trasmette i ricordi di un momento particolare della storia del popolo ebraico, nella seconda metà del sesto secolo avanti Cristo, dopo il ritorno dei deportati in territori della Mesopotamia. A Gerusalemme due capi, il sacerdote Esdra e il governatore Neemia, convocano una grande adunanza del popolo per dare loro lettura del “libro della legge”. La lettura è gestita con la collaborazione dei leviti, che procedono “a brani distinti e spiegavano il senso, e così facevano comprendere la scrittura”. Viene indetto un giorno di festa solenne, consacrato al Signore: “Non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza”. E’ commovente questo spettacolo della gioia: del Signore, anzitutto, e del suo popolo, che ascolta “la voce” e ne trae anch’esso motivo di gioia.
In mezzo, tra la lettura dell’Antico Testamento e quella del vangelo ci viene incontro San Paolo, nella prima Lettera ai Corinzi. Sono trascorsi sì e no 25 anni dalla morte e risurrezione di Gesù, Paolo ha seminato il vangelo sia in Asia sia in centri europei, come appunto Corinto. Ora sente la necessità di trattare per iscritto una questione tanto naturale quanto ingenua: in una comunità chi vale di più? Sembra una domanda ridicola, ma invece proviene da molti sottintesi presenti anche nelle nostre comunità: chi è più necessario? Chi ha diritto di pesare di più nelle decisioni? Di prendere il primo posto? Sembra un discorso da bambini, ma questo bambino resta in noi fino alla fine, se non oltre…! Paolo imposta la questione con molta proprietà, trattando i rapporti tra la varie membra del nostro corpo: tutte diverse e tutte importanti e necessarie; caso mai sono le meno ‘decenti’ che hanno bisogno di maggior rispetto. L’applicazione è solare: “voi siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue membra”. E’ dal “corpo di Cristo”, che siamo ognuno di noi, che ha origine l’insegnamento della dignità sublime e fondamentalmente uguale, di ogni “membro”.
Portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione…
Che cosa dice quel passo tanto misterioso del profeta Isaia, e perché Gesù dice che “oggi” se ne è realizzato il compimento? Si tratta davvero dell’affermazione introduttiva a tutta la vita pubblica. E’ una presa di coscienza, e una denuncia, della situazione presente nel mondo intero, non solo in terra d’Israele; e di fronte a questa situazione terribile si erge una sola figura: l’io del profeta, che ora lascia il posto a colui che ha potere di interpretare e realizzare l’antica Scrittura, giunta a compimento. E’ chiarissimo che si tratta di Gesù. Ma chi sono i misteriosi interlocutori, tanto senza voce che occorre l’intervento dello Spirito per mandare un inviato che dia loro speranza, aiuto, liberazione? In questo contesto sono veramente tutti coloro che sperimentano un bisogno di aiuto, che non può venire da un intervento posticcio e che deve toccare l’uomo nel suo intimo e in tutti i bisogni della sua debolezza e insufficienza. Certo l’orizzonte originale della profezia era limitato al popolo ebraico, ma in bocca a Gesù supera tutti i confini. Gesù – vedremo domenica prossima – a Nazaret non potrà fermarsi; egli coinvolgerà però tutta la nazione d’Israele e poi il mondo intero. Ma adesso come allora si compie la parola di Gesù stesso: “oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato”. Ma si richiede appunto un coinvolgimento che raggiunga la totalità dell’uomo.
Vostro don Giuseppe Ghiberti