Bruno Barberis – Riflessioni su “Significato, struttura e storia del rito della S. Messa” 7^ parte
Cari soci e amici dell’Amcor,
siamo arrivati alla settima puntata del lavoro sul significato, la struttura e la storia del rito della S. Messa. Non è facile riuscire a esprimere pienamente il senso profondo della nostra gratitudine al carissimo socio e amico prof. Bruno Barberis per quanto ha fatto finora e per quanto ancora farà. E’ un lavoro che ha saputo unire il rigore dello storico con il rispetto dell’uomo di fede per una materia così affascinante e centrale nel nostro cammino di cristiani. Non era facile, inoltre, esporre con chiarezza e completezza una materia così vasta salvaguardando la necessaria sintesi.
Provo di seguito a riepilogare in brevi tratti il cammino che abbiamo fatto sotto la guida di Bruno, ricordando che tutti i testi sono pubblicati nel nostro sito Amcor.
‘(1 ) Siamo partiti dalle radici della celebrazione eucaristica nell’Ultima Cena di Gesù con le narrazioni evangeliche e le lettere di S. Paolo.
‘(2) Abbiamo poi incontrato le prime comunità giudeo-cristiane e poi quelle greco-romane soffermandoci sui primi testi che riportano il comando del Signore e sui luoghi delle prime celebrazioni.
‘(3) Bruno si è poi soffermato sull’importante periodo che va dal 300 al 500 d.C. ossia il momento nel quale il cristianesimo dall’epoca delle persecuzioni passa a essere riconosciuto come religione ufficiale dell’impero romano. E’ il periodo anche dei primi grandi Concili (Nicea 325, Costantinopoli 381, Efeso 431 d.C.), il periodo dei grandi Padri della Chiesa occidentali e orientali e del monachesimo.
‘(4) Siamo passati poi al periodo che riguarda l’Alto (VII-X secolo) e il Basso (XI-XV secolo) Medioevo. Ricordo, tra l’altro, l’importante ruolo di Carlo Magno anche nella riforma liturgica.
‘(5) Nella quinta puntata, trattando della Messa nell’Epoca Moderna (XVI-XIX secolo), Bruno presenta i principali esponenti della Riforma protestante evidenziando anche le diverse posizioni in merito all’Eucarestia. Si arriva fino al Concilio di Trento (1545-1563) e all’edizione del messale tridentino (Papa S. Pio V 1570) giungendo fino alle soglie del Concilio Vaticano II (1962-1965).
‘(6) Bruno ha poi sviluppato la Messa nell’ Epoca Moderna: dalla nascita del movimento liturgico fino al Concilio Vaticano II (XIX-XX secolo). Particolarmente interessante la parte riguardante il cammino preparatorio al Concilio Vaticano II, la presentazioni delle quattro Costituzioni Conciliari, il ricordo della prima Messa in lingua italiana (Paolo VI 7 marzo 1965) nonché i criteri che stanno alla base della riforma liturgica e delle successive edizioni del Messale.
‘(7) Ora questa settima puntata (trovate di seguito e in allegato il testo) è dedicata alla nuova struttura della S. Messa e ai nuovi libri liturgici. Una sezione è propriamente dedicata alle principali novità del messale del Concilio Vaticano II.
Ricordo che già abbiamo avuto con Bruno un primo incontro il 23 ottobre 2021 in cui abbiamo approfondito con lui un primo tratto di strada. Speriamo di poter organizzare un secondo incontro ed anche proseguire ancora questo studio, con altre puntate, dedicate alla descrizione della Messa secondo il nuovo Messale romano (un capitolo sulla liturgia della Parola, uno sulla liturgia eucaristica e uno sui riti di introduzione e conclusione).
Grazie ancora di tutto cuore, carissimo Bruno, per questo Tuo lavoro che ci ha appassionati e che ci ha resi più attenti nella partecipazione consapevole al rito della S. Messa, centro della nostra esperienza di fede e dell’incontro con il Signore.
Invio a tutti un cordiale saluto e un grande abbraccio.
Contardo Codegone
Potete trovare questi articoli di Bruno anche nella sezione:
INIZIATIVE – Approfondimenti -Significato, struttura e storia del rito della S. Messa o cliccando direttamente sul link:
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Bruno Barberis
SIGNIFICATO, STRUTTURA E STORIA
DEL RITO DELLA S. MESSA
1. LA STORIA
1.11. La messa nell’Epoca Moderna: il nuovo rito secondo il nuovo Messale romano (XX-XXI secolo)
1.11.1. La nuova struttura della messa e i nuovi libri liturgici
In seguito alla riforma liturgica promossa dal Concilio Vaticano II la struttura della messa è ora molto più armonica e chiara. È distinta in quattro parti: la liturgia della Parola e la liturgia eucaristica che ne costituiscono le due parti essenziali e i riti di introduzione e di conclusione che la aprono e la concludono. Questa impostazione è comune a tutte le celebrazioni della messa, anche quando al suo interno si celebra un altro sacramento oppure un sacramentale.
La parola “liturgia” deriva dal greco “leitourgia” che significa “azione per il popolo”, cioè un’opera, un servizio a favore della comunità. È quindi evidente che è il popolo, cioè la Chiesa, che è – e che pertanto deve sempre essere – il soggetto ed il protagonista di ogni azione liturgica. È tutta l’assemblea che celebra: senza l’assemblea la celebrazione non avrebbe senso (Sacrosanctum Concilium, n. 26). Pertanto anche la ritualità non deve più essere fine a se stessa o orientata a creare solo un clima di spiritualità e di misticismo, bensì capace di configurare linguaggi capaci di essere espressione della comunità in preghiera.
Non più uno solo, quindi, ma due sono i libri fondamentali per la celebrazione della messa: il Messale e il Lezionario.
Il Messale è il libro che contiene tutto ciò che riguarda il rito della messa, ad eccezione delle letture bibliche: i riti da eseguire, le orazioni da recitare per le singole celebrazioni distribuite lungo l’anno liturgico, le rubriche da rispettare, i gesti da compiere. È organizzato in modo da costituire un autentico manuale di pedagogia per la celebrazione cristiana.
Il termine Lezionario deriva dal latino lectionarium, cioè è il libro che contiene le letture bibliche per tutte le celebrazioni dell’anno liturgico. Il suo contenuto è essenziale, perché non si può officiare alcuna celebrazione dell’eucaristia o di qualunque altro sacramento se prima l’assemblea non accoglie la proclamazione della Parola di Dio. Il lezionario è il libro che contiene le pagine più importanti e significative della Bibbia, ordinate secondo un principio pedagogico. La disposizione dei testi, cioè, è fatta in modo tale da offrire all’assemblea la possibilità di compiere durante l’intero anno liturgico un cammino di fede e di vita annunciando, in sintesi, le fasi principali della storia della salvezza, dall’attesa della nascita di Gesù Cristo fino al suo ritorno ultimo nella gloria. I lezionari sono sette. Il lezionario domenicale e festivo contiene tre letture e un salmo per tutte le domeniche, solennità e feste. Al fine di offrire all’ascolto dei fedeli un’ampia serie di letture, le principali pagine della Scrittura sono proposte secondo un ciclo triennale: anno A, anno B e anno C. Esse sono disposte in base a due principi: la “concordanza tematica” (ovvero la scelta delle letture in base ad un tema stabilito a priori o dettato da una delle letture) e la “lettura semicontinua” (ovvero la scelta delle letture da uno stesso libro nell’ordine in cui è scritto, saltando solo i passi meno significativi). Nei tempi forti dell’anno liturgico (Avvento, Natale, Quaresima e Pasqua) tutte e tre le letture sono scelte in base al principio della concordanza tematica. Nel tempo ordinario il vangelo e la seconda lettura seguono il principio della lettura semicontinua, mentre la prima lettura è in concordanza tematica con il vangelo. In quasi tutte le domeniche del tempo ordinario e anche in diverse domeniche dei tempi forti il brano del vangelo è tratto da uno dei tre vangeli sinottici, uno per ogni anno del ciclo: l’anno A il vangelo di Matteo, l’anno B il vangelo di Marco, l’anno C il vangelo di Luca. Il vangelo di Giovanni è invece distribuito nei tre anni. Il Lezionario feriale propone due sole letture e un salmo. Nei tempi forti il ciclo di entrambe le letture è annuale; nel tempo ordinario, invece, si ha un ciclo annuale per il Vangelo ed un ciclo biennale per la prima lettura. Ai due lezionari principali se ne aggiungono altri quattro: il Lezionario per la celebrazione dei santi, il Lezionario per le messe rituali, il Lezionario per le messe per varie necessità e votive e il Lezionario regionale.
1.11.2. Le principali novità del messale del Concilio Vaticano II
a) La Parola di Dio al centro
«Nella celebrazione liturgica la sacra Scrittura ha una importanza estrema» (Sacrosanctum Concilium, n. 24). Da questa affermazione conciliare è scaturita la riforma del Lezionario con una più abbondante presenza della Parola di Dio offerta alla meditazione del popolo di Dio, che anche al di fuori della liturgia ha progressivamente imparato a leggere la Bibbia e ha acquisito una maggiore familiarità con essa. Mai nella storia della tradizione bimillenaria della Chiesa era stato predisposto un lezionario così ricco come quello auspicato dai padri del Concilio Vaticano II. Non si può neppure fare un confronto con il lezionario presente nel messale del Concilio di Trento. Le pochissime letture presenti in quel messale, sempre le stesse ogni anno, non erano sufficienti per far percepire la storia della salvezza nel tempo e nella vita delle persone. Con i nuovi lezionari l’abbondanza di Parola di Dio nella celebrazione – se ben proclamata, accolta e approfondita anche mediante l’omelia – permette alla comunità e ai singoli fedeli di crescere nella conoscenza della storia della propria fede e di saperla poi coniugare con le diverse situazioni della vita. L’elemento più evidente è stato senza alcun dubbio l’introduzione nelle celebrazioni delle lingue parlate da ogni singolo popolo, proprio per rendere più immediata la partecipazione e far sì che la liturgia si mostri quale essa è: celebrazione del Corpo di Cristo che è la Chiesa. Il desiderio di santa Teresa di Gesù Bambino che manifestava la sua sofferenza perché, non sapendo il latino, non era in grado di comprendere quello che diceva quando pregava i Salmi, è stato esaudito!
b) La maggiore ricchezza di testi eucologici
Se si confronta il messale attuale con quello del Concilio di Trento, ci si rende conto della maggiore ricchezza nei testi delle preghiere. Sono stati valorizzati testi che nei secoli erano andati perduti e ne sono stati composti di nuovi allo scopo di recuperare il meglio del passato e del presente.
c) Le nuove preghiere eucaristiche
Dopo circa sedici secoli, la Chiesa di Roma ha superato l’unicità assoluta del canone romano (l’insieme delle preghiere proclamate nella liturgia eucaristica) con l’aggiunta nel messale dapprima di tre nuove preghiere eucaristiche (denominate II, III e IV), e successivamente di altre in modo che oggi le preghiere eucaristiche tra le quali scegliere sono ben 13. Anche i prefazi, cioè i testi che precedono l’acclamazione del Santo e con cui si apre la preghiera eucaristica, sono passati dai 15 del messale tridentino agli attuali 94, ampiamente migliorati e adattati. Al centro della preghiera eucaristica è stata evidenziata (con l’epíclesi) l’azione dello Spirito e ritoccata la formula di consacrazione, valorizzando l’espressione Mistero della fede per sollecitare la professione di fede dell’assemblea in ciò che si sta compiendo.
d) Tre elementi recuperati
L’atto penitenziale che ha il compito di introdurre alla celebrazione dei santi misteri ha recuperato il canto del Kyrie eleison.
L’omelia – che per secoli durante la celebrazione della messa o non si teneva o, quando avveniva, aveva perso il senso del rapporto con il mistero celebrato – oggi è parte insostituibile dell’azione liturgica e ha il compito primario di evidenziare il rapporto tra la liturgia della Parola e il mistero che si celebra.
Un ulteriore elemento di novità è la preghiera dei fedeli, recuperata dall’antichità, essendo scomparsa dalla messa nel VII secolo. L’assemblea, attraverso le intenzioni proclamate del lettore, può presentare a Dio le proprie richieste e nelle celebrazioni con gruppi più ristretti può comportare un coinvolgimento più personale dei presenti.
e) Una ritualità più eloquente
Il rito è quel linguaggio simbolico che ha la capacità di significare e di esprimere un messaggio al di là delle parole. Esso è normalmente legato a una cultura, ma talvolta ha una capacità di comunicazione transculturale. Alcuni riti liturgici sono legati al tempo, altri vanno al di là del tempo, altri ancora fanno parte dell’esperienza storica della rivelazione e quindi hanno il compito di comunicare realtà senza tempo racchiuse nel messaggio biblico. Ma hanno anche la funzione di far interagire le persone radunate nell’assemblea riunita per pregare. L’importante è che i riti “parlino” da sé stessi. Ecco perché i padri del Vaticano II hanno stabilito che: «L’ordinamento rituale della messa sia riveduto in modo che apparisca più chiaramente la natura specifica delle singole parti e la loro mutua connessione, e sia resa più facile la partecipazione pia e attiva dei fedeli. Per questo i riti, conservata fedelmente la loro sostanza, siano semplificati; si sopprimano quegli elementi che, col passare dei secoli, furono duplicati o aggiunti senza grande utilità; alcuni elementi invece, che col tempo andarono perduti, siano ristabiliti, secondo la tradizione dei Padri, nella misura che sembrerà opportuna o necessaria» (Sacrosanctum Concilium, n. 50). Pertanto ciò che è stato tolto non è stato eliminato per gusto personale, ma solo per rispondere a quanto era stato richiesto dai padri conciliari, in dialogo con la storia, con il dato biblico e con la tradizione ecclesiale. La partecipazione viva e consapevole dei laici, uomini e donne, all’azione sacramentale della Chiesa è un’esigenza ineludibile per inserire il popolo di Dio in maniera efficace nella corrente della salvezza. Quello che è avvenuto è un passaggio epocale, da considerarsi non come una rottura con il passato, ma, anzi, come il recupero di una tradizione antica risalente alle prime comunità cristiane che lungo il tempo era stata modificata (si veda il paragrafo 1.3). Una conoscenza più ampia delle fonti liturgiche ha permesso il recupero di elementi scomparsi da secoli dalla tradizione ecclesiale, facendo sì che il Messale del Concilio Vaticano II si arricchisse di elementi tali da poter affermare che esso è il più tradizionale messale che il rito romano abbia mai conosciuto.
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Seguiranno, con cadenza mensile, ulteriori scritti che ci aiuteranno a fare nostro in modo più consapevole il significato liturgico dell’Eucarestia, comprendendone meglio anche il valore sacramentale e teologico. Bruno ci offre, così, un percorso per approfondire e riscoprire la ricchezza del rito della Santa Messa e per aiutarci a viverla con sempre maggiore intensità e consapevolezza.
Grazie, carissimo Bruno, anche per questo importante servizio che offri a tutti noi.
Un cordiale saluto a tutti.
Contardo Codegone
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Bruno Barberis
SIGNIFICATO, STRUTTURA E STORIA DEL RITO DELLA S. MESSA
2^ Parte
1.2. Le prime comunità giudeo-cristiane
Le prime comunità cristiane erano composte da ebrei, i quali non ruppero immediatamente i legami con il giudaismo e continuarono a frequentare i riti del tempio di Gerusalemme e delle sinagoghe. Ma ad essi aggiunsero la celebrazione della frazione del pane in memoria del Signore Gesù. Lo testimonia San Luca: «Ogni giorno erano perseveranti insieme nel tempio e, spezzando il pane nelle case, prendevano cibo con letizia e semplicità di cuore» (At 2, 46).
A poco a poco, però, i cristiani incominciarono a prendere le distanze dalle osservanze giudaiche, a ritrovarsi in propri luoghi di preghiera, nei quali alla lettura della Legge e dei profeti si aggiungevano i racconti della passione e della risurrezione del Signore, dei suoi miracoli, dei suoi insegnamenti. Abbandonarono anche il sabato come giorno dedicato a Dio nel riposo e nel culto, sostituendolo con il primo giorno dopo il sabato, il giorno della risurrezione di Gesù (giorno che i romani chiamavano “giorno del Sole” e che solo nel IV secolo prenderà ufficialmente in tutto l’impero romano il nome di dies dominicus, “giorno del Signore”). La Didachè descrive chiaramente i riti celebrati nel giorno del culto a Dio: «Nel giorno del Signore, riuniti in assemblea, spezzate il pane e rendete grazie dopo aver confessato i vostri peccati, affinché il vostro sacrificio sia puro» (Didachè 14, 1). E riporta anche le preghiere proclamate durante la celebrazione eucaristica: «Per l’Eucaristia rendete grazie in questo modo. Anzitutto per il calice: “Ti rendiamo grazie, o Padre nostro, per la santa vigna di David, tuo servo; tu ce l’hai fatta conoscere per mezzo di Gesù, tuo figlio. Gloria a te nei secoli!”. Poi per il pane spezzato: “Ti rendiamo grazie, o Padre nostro, per la vita e la conoscenza che ci hai concesso per mezzo di Gesù, tuo figlio. Gloria a te nei secoli!» (Didachè 9, 1-3).
1.3 Le prime comunità greco-romane
Le comunità fondate da San Paolo e da altri discepoli nelle città del mondo greco-romano erano per lo più costituite da cristiani provenienti dal paganesimo e pertanto estranei alla religione e alle usanze ebraiche. Molti di loro praticavano i banchetti sacri legati alle offerte dei sacrifici agli dei, che spesso finivano in grandi abbuffate. Paolo, nella sua prima lettera ai Corinzi, si oppone con vigore all’abuso di mescolare i banchetti pagani con la celebrazione della cena del Signore: «Quando dunque vi radunate insieme, il vostro non è più un mangiare la cena del Signore. Ciascuno infatti, quando siete a tavola, comincia a prendere il proprio pasto e così uno ha fame, l’altro è ubriaco. Non avete forse le vostre case per mangiare e per bere? O volete gettare il disprezzo sulla Chiesa di Dio e umiliare chi non ha niente?» (1Cor 11, 20-22); «Non potete bere il calice del Signore e il calice dei demòni; non potete partecipare alla mensa del Signore e alla mensa dei demòni» (1Cor 10, 21).
Negli Atti degli Apostoli san Luca racconta un’assemblea domenicale presieduta proprio da Paolo: «Il primo giorno della settimana ci eravamo riuniti a spezzare il pane, e Paolo, che doveva partire il giorno dopo, conversava con loro e prolungò il discorso fino a mezzanotte. […] Paolo spezzò il pane, mangiò e, dopo aver parlato ancora molto fino all’alba, partì» (At 20,7.11). Le celebrazioni erano allietate da canti e preghiere, che Paolo stesso raccomanda ai cristiani di Efeso: «Siate ricolmi dello Spirito, intrattenendovi fra voi con salmi, inni, canti ispirati, cantando e inneggiando al Signore con il vostro cuore» (Ef 5, 18b-19). Ne parla anche Plinio il Giovane − un avvocato romano che fece condannare a morte molti cristiani − che nel 112 in una lettera all’imperatore Traiano scrive a proposito dei cristiani: «Il loro errore consisteva nella consuetudine di adunarsi in un giorno stabilito prima del levarsi del sole e cantare tra loro a cori alternati un canto in onore di Cristo, come a un dio».
La descrizione più dettagliata di una celebrazione eucaristica, già caratterizzata da una struttura ben definita, è quella tramandataci dal filosofo e martire San Giustino che verso il 153, in un testo indirizzato all’imperatore Antonino Pio, scrive: «Noi allora, dopo aver così lavato chi è divenuto credente e ha aderito, lo conduciamo presso quelli che chiamiamo fratelli, dove essi si trovano radunati, per pregare insieme fervidamente. Finite le preghiere, ci salutiamo l’un l’altro con un bacio. Poi al preposto dei fratelli vengono portati un pane e una coppa d’acqua e di vino temperato; egli li prende ed innalza lode e gloria al Padre dell’universo nel nome del Figlio e dello Spirito Santo, e fa un rendimento di grazie per essere stati fatti degni da Lui di questi doni. Quando egli ha terminato le preghiere ed il rendimento di grazie, tutto il popolo presente acclama: “Amen”. Dopo che il preposto ha fatto il rendimento di grazie e tutto il popolo ha acclamato, quelli che noi chiamiamo diaconi distribuiscono a ciascuno dei presenti il pane, il vino e l’acqua consacrati e ne portano agli assenti. È carne e sangue di quel Gesù incarnato. Questo cibo è chiamato da noi Eucaristia e a nessuno è lecito parteciparne, se non a chi crede che i nostri insegnamenti sono veri, si è purificato con il lavacro per la remissione dei peccati e la rigenerazione, e vive così come Cristo ha insegnato. Infatti noi li prendiamo non come pane comune e bevanda comune; ma come carne e sangue di quel Gesù incarnato. Infatti gli Apostoli, nelle loro memorie chiamate vangeli, tramandarono che fu loro lasciato questo comando da Gesù, il quale prese il pane e rese grazie dicendo: “Fate questo in memoria di me, questo è il mio corpo”. E parimenti, preso il calice, rese grazie e disse: “Questo è il mio sangue”; e ne distribuì soltanto a loro. […] E nel giorno chiamato “del Sole” ci si raduna tutti insieme, abitanti delle città o delle campagne, e si leggono le memorie degli apostoli o gli scritti dei profeti, finché il tempo lo consente. Poi, quando il lettore ha terminato, il preposto con un discorso ci ammonisce ed esorta ad imitare questi buoni esempi. Poi tutti insieme ci alziamo in piedi ed innalziamo preghiere; e, come abbiamo detto, terminata la preghiera, vengono portati pane, vino ed acqua, ed il preposto, nello stesso modo, secondo le sue capacità, innalza preghiere e rendimenti di grazie, ed il popolo acclama dicendo: “Amen”. Si fa quindi la spartizione e la distribuzione a ciascuno degli alimenti consacrati, e, attraverso i diaconi, se ne manda agli assenti. I facoltosi, e quelli che lo desiderano, danno liberamente ciascuno quello che vuole, e ciò che si raccoglie viene depositato presso il preposto. Questi soccorre gli orfani, le vedove, e chi è indigente per malattia o per qualche altra causa, e i carcerati e gli stranieri che si trovano presso di noi: insomma, si prende cura di chiunque sia nel bisogno. Ci raccogliamo tutti insieme nel giorno del Sole, poiché questo è il primo giorno nel quale Dio, trasformate le tenebre e la materia, creò il mondo; sempre in questo giorno Gesù Cristo, il nostro Salvatore, risuscitò dai morti. Infatti lo crocifissero la vigilia del giorno di Saturno, ed il giorno dopo quello di Saturno, che è il giorno del Sole, apparve ai suoi Apostoli e discepoli, ed insegnò proprio queste dottrine che abbiamo presentato anche a voi perché le esaminiate» (Apologia I, 65-67).
In questa dettagliata descrizione appaiono già chiaramente presenti e distinte le due parti principali della Messa che sono rimaste le stesse per due millenni fino ai giorni nostri: la liturgia della Parola e la liturgia eucaristica. La liturgia della Parola è di origine giudaica poiché le due letture separate dal canto dei salmi e l’omelia facevano già parte dei riti che si svolgevano nelle sinagoghe; la liturgia eucaristica prende spunto dai riti compiuti da Gesù e dalle parole da lui pronunciate durante l’Ultima Cena.
Le celebrazioni si svolgevano nelle case private dei cristiani, ma a partire dall’inizio del III secolo incominciarono ad essere costruite case dotate di un luogo destinato alla preghiera: le domus-ecclesiae, ovvero le antenate delle nostre chiese. La più antica giunta fino a noi è quella costruita nel 232 a Dura Europos in Siria, dotata di un battistero e di una sala per le riunioni dell’assemblea. Risale invece ai primi anni del IV secolo la più antica chiesa cristiana conosciuta, già dotata di navata rettangolare e presbiterio, scoperta a Qirq Bize, sempre in Siria.
Era il tempo delle persecuzioni e celebrare l’eucaristia voleva dire spesso rischiare la vita. Nel 258, durante la persecuzione dell’imperatore Valeriano, Papa Sisto II e sette diaconi furono arrestati mentre celebravano l’eucaristia nel cimitero di San Callisto a Roma e poi decapitati: tra di loro vi era anche San Lorenzo. Alcuni decenni dopo, durante la persecuzione dell’imperatore Diocleziano (303-304), ad Abitène, in Africa, 49 cristiani, guidati dal prete Saturnino furono sorpresi mentre celebravano l’eucaristia e affrontarono il martirio a Cartagine, proclamando: «Non possiamo vivere senza celebrare il giorno del Signore!».