Domenica 01-5-2022 – III di Pasqua – Anno C – Settimanale AMCOR
Cari soci e amici dell’Amcor,
eccoci in questa domenica 1-5-2022 con la Parola di Dio che ci parla al presente. Don Giuseppe, nel presentarci le letture di questa domenica, ci ricorda che: “Dopo la risurrezione di Gesù gli apostoli e gli altri discepoli mantengono il silenzio fino alla Pentecoste, ma dopo l’effusione dello Spirito Santo incomincia un’attività di predicazione che non avrà più fine. In questa fase iniziale la responsabilità principale è sostenuta da Pietro…”
Nel leggere e rileggere, con gioia e fatica, la Parola di questa domenica emergono nel mio cuore alcuni momenti sui quali mi soffermo.
Nel brano di oggi del Vangelo di Giovanni, mentre sette discepoli, sette pescatori (sette per rappresentare la totalità della Chiesa e dell’umanità), si trovavano avendo sullo sfondo il lago di Tiberiade, Pietro si alza e dice: “Io vado a pescare” (Gv 21,3). Anche gli altri decisero di andare con lui. E fu la notte. La notte dell’angoscia, la notte delle tenebre, la notte della solitudine. Nella notte Giuda consuma il tradimento, anche Pietro nella notte tradisce tre volte. Le tenebre sono lo spazio ove si ha paura, sono la dimensione che rifiuta la luce.
Ma viene l’alba, sulla riva si vede qualcuno. Prorompe il grido pieno di luce: “E’ il Signore! (‘Ho Kyriòs estìn’)” (Gv 21,7). Davanti al Signore la paura, l’angoscia, la disperazione cedono il passo alla speranza, il cammino della fede si anima e Pietro “si gettò in mare” (Gv 21,7).
Questo cammino di fede fa si che si torni in mare, si gettino le reti di giorno, momento non adatto, e la pesca sia ricchissima (“153 grossi pasci”: quanti significati attribuiti a questo numero, mi piace pensare che possa significare “figli di Dio” e che gli apostoli siano dunque inviati a salvare tutta l’umanità).
Viviamo momenti di buio, di tenebra, di angoscia, ma ci aspetta l’alba, la risurrezione, il perdono, l’incontro con il Signore nell’Eucarestia.
Il Salmo ci invita a cantare il nostro ringraziamento per questo incontro, ci fa mutare il lamento in danza.
“Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato, /
non hai permesso ai miei nemici di gioire su di me. /
Signore, hai fatto risalire la mia vita dagli inferi, /
mi hai fatto rivivere perché non scendessi nella fossa. /
Cantate inni al Signore, o suoi fedeli, /
della sua santità celebrate il ricordo, /
perché la sua collera dura un istante, /
la sua bontà per tutta la vita. /
Alla sera ospite è il pianto /
e al mattino la gioia. /
Ascolta, Signore, abbi pietà di me, /
Signore, vieni in mio aiuto! /
Hai mutato il mio lamento in danza, /
Signore, mio Dio, ti renderò grazie per sempre.” (Sal 30/29, 2-4; 5-6; 11-12°.13b)
Mentre il buio della guerra ci circonda e non riusciamo a vedere il Signore nelle ansie quotidiane, dobbiamo recuperare il senso della preghiera, del silenzio in cui si ascolta, mantenere la vigilanza perché sulla riva riusciamo a scorgere il Signore che ci aspetta. “E’ il Signore!” questa è la preghiera, il grazie, la luce alla quale indirizzare i nostri passi.
Insieme a Don Giuseppe, Suor Maria Clara, Mariella, Patrizia e tutto il Consiglio, Vi invio un grande abbraccio sapendoci uniti nella speranza e nella preghiera.
Contardo Codegone
P.S. Vi ricordo la Santa Messa del martedì prossimo 3 maggio 2022, ore 18,00 Chiesa del Santo Sudario.
Ricordo gli Esercizi del 13-14-15 maggio a Susa – Villa San Pietro e l’incontro sul rito della Santa Messa per Sabato 28 maggio 2022, incontro tenuto dal Prof. Bruno Barberis alle ore 15,30 presso la Chiesa del Santo Sudario.
III Domenica di Pasqua – 1. 5. 22
Letture: At 5, 27b-32.40b-41; Ap 5, 11-14; Gv 21, 1-19
Incomincia il mese di maggio. Mettiamoci in sintonia di preghiera con tutti i lavoratori del mondo e chiediamo alla Madonna che ci sostenga in questo cammino.
Dagli Atti degli Apostoli. Dopo la risurrezione di Gesù gli apostoli e gli altri discepoli mantengono il silenzio fino alla Pentecoste, ma dopo l’effusione dello Spirito Santo incomincia un’attività di predicazione che non avrà più fine. In questa fase iniziale la responsabilità principale è sostenuta da Pietro; seguirà poi Paolo, quando muteranno i rapporti numerici tra ex ebrei ed ex pagani. L’autorità ebraica si sforza di porre limiti a questa predicazione, che ottiene notevoli successi. Il nucleo del ragionamento di Pietro sta nella legge fondamentale: “bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini”. E Dio ha manifestato la sua volontà richiamando in vita Gesù, “che voi avete ucciso appendendolo a una croce”. C’è dunque un piano di Dio, che si è manifestato senza riserve, e nei confronti della volontà dei capipopolo, che vorrebbero scuotersi di dosso la responsabilità del male fatto a Gesù, è ribadita la responsabilità dell’accaduto (“Voi l’avete ucciso appendendolo a una croce”). E intanto è proclamato il disegno di Dio che capovolge il corso preventivato nel progetto degli uomini (“Dio l’ha innalzato alla sua destra come capo e salvatore”). Per questa strada, aperta in direzione opposta alle intenzioni dei responsabili della nazione, è offerta al popolo “conversione e perdono”. La conclusione di questo incontro con i capipopolo ebrei è stata la flagellazione inflitta agli apostoli, con proibizione di “parlare nel nome di Gesù”. Non sarà l’ultima volta, ma loro da quelle sofferenze trassero motivo di gioia, perché erano “giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù”.
La lettura dell’Apocalisse interrompe le narrazioni delle altre due, dedicate ad eventi della nostra storia, per descrivere una liturgia che si svolge in cielo. In essa il veggente, Giovanni, riceve, in contesto trinitario, l’incarico profetico. L’Agnello “che è stato immolato” (cioè Gesù risorto, ora nella gloria) è proclamato “degno di ricevere potenza e ricchezza, sapienza e forza, onore gloria e benedizione”. E’ una delle frequenti manifestazioni dello stile dell’intervento di Dio, che si realizza nel capovolgimento del progetto messo in opera dagli uomini.
Dal vangelo di Giovanni leggiamo il racconto della pesca miracolosa avvenuta dopo la risurrezione di Gesù. L’episodio non è molto distante da quello raccontato da Luca (5, 1-11), quando però siamo ancora all’inizio della vita pubblica di Gesù (qui invece siamo proprio al termine, dopo la risurrezione) e concorda con quello anche per il particolare rilievo assunto dalla persona di Pietro. Assolutamente nuovo è il dialogo finale tra Gesù e Pietro, con l’incarico all’apostolo di “pascere” le pecore di Gesù e la predizione della morte che attende Pietro. L’ultima parola di Gesù, che contiene il “ricordo” del Maestro è quell’invito alla “sequela”, che è sintesi di quanto Gesù propone a quel discepolo, a ogni discepolo: “Seguimi”.
O Signore, quante riflessioni ci proponi a ogni lettura. Tutte ci impressionano. La prima conferisce il colore giusto alla gioia della fede pasquale: Gesù ci dà la più grande dimostrazione di fiducia invitandoci a fare nostra la sua “causa”. Questo vuol dire il coraggio della testimonianza, che può reggersi solo su un amore totale. E anche su un totale affidamento a lui.
Il testo dell’Apocalisse susciterà reazioni diverse a seconda del nostro atteggiamento profondo. Sento che mi dice: “Ero morto, ma ora vivo per sempre”. E’ nella gestione della sua vittoria sulla morte che si regge il cammino della mia vita, alla sua sequela.
Il Pietro della pesca miracolosa è il più commovente e più realistico dei discepoli di Gesù; e anche quello a cui Gesù ha dato la dimostrazione più grande di affettuosa fiducia (assumendone tutti i rischi). Avevo sentito dire da qualcuno: se le cose stanno veramente così, allora vale la pena ‘rischiare’… E poi viene da pensare: da appena un capitolo e mezzo lui ha voluto correre l’altro rischio: di affidare me alla sua mamma – e la sua mamma a me!
Vostro Don Giuseppe Ghiberti