Domenica 29-5-2022 – Ascensione di Gesù Cristo – Anno C – Settimanale AMCOR
Cari soci e amici dell’Amcor,
Le letture di questa domenica 29-5-22 ricordano l’Ascensione di Gesù. Talora, nel nostro cammino di fede, rileggiamo le pagine della Paola di Dio senza più accorgerci della loro rilevanza, corriamo il rischio di banalizzare, di dare per scontato. La Parola di Dio, invece, ci interpella sempre con forza.
Penso al cammino che abbiamo fatto con Don Priotto riprendendo in mano, con spirto nuovo, le pagine della Genesi, la vita dei Patriarchi, il significato dell’Esodo.
Don Giuseppe ci fa sentire come la comprensione delle letture di questa domenica non sia affatto semplice, ci dice, infatti: “… siamo giunti a un punto nodale della nostra vita di fede” e aggiunge, riferendosi ai tempi successivi all’Ascensione, “… ora Gesù è presente, uomo-Dio come sempre, ma per noi molto più misterioso.” Poco più avanti Don Giuseppe ci dice ancora: “viviamo gli anni “dopo di Cristo”; ma è non meno vero che sono gli “anni di Cristo”. Ne siamo davvero convinti? Stiamo vivendo in sua compagnia, anche se non lo vediamo e molti segni sembrano deporre per il contrario.” Ed allora conclude, riprendendo Paolo: “Manteniamo senza vacillare la professione della nostra speranza, perché è degno di fede colui che ha promesso.” (Eb 9,23)
Ci troviamo di fronte dunque a Letture impegnative. Provo a scavare nella Parola:
Domenica scorsa avevamo visto come gli Apostoli, in quello che è definito il primo Concilio a Gerusalemme (49/50 d.C.), avevano aperto a tutti, giudei e pagani, la possibilità della adesione di fede a Gesù, la possibilità di diventare cristiani. Oggi Luca riporta le parole di Gesù: “… nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme.” (Lc 24, 47)
“A tutti i popoli”, il greco dice “panta ta etne” che significa proprio a tutte le genti, a tutte le etnie, ma cominciando da Gerusalemme. Anche la città santa ha bisogno di convertirsi, tutti abbiamo bisogno di conversione.
Il testo lucano ci dice che “saranno predicati … la conversione e il perdono dei peccati”. Nel mio scavare mi pare di cogliere come la conversione e il perdono dei peccati non siano due realtà differenti. Come già nell’esperienza di Giovanni Battista ove annuncia un battesimo che è segno di conversione per il perdono dei peccati (Lc 3,3). E’ la conversione (“metanoia”) che ottiene il perdono dei peccati (“amartiai”). Ove peccato ha proprio il significato di orientamento sbagliato della propria esistenza. La conversione, l’adesione a Gesù, la fede, portano a un radicale cambiamento nella valutazione dei valori della vita.
“Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo.” (Lc 24, 51). Questo “in cielo” nel mio cuore vuole significare non una lontananza di tipo spaziale, ma una unione in Dio. “Cielo” è, infatti, uno dei termini utilizzati proprio per indicare “Dio”. Dopo la sua morte Gesù non è lontano nello spazio, ma è intimamente legato a noi in Dio.
Ed allora il Salmo esprime, con gioia, la fede in Dio. Con l’Eucaristia nutriamo la nostra speranza.
“Popoli tutti, battete le mani! /
Acclamate Dio con grida di gioia, /
perché terribile è il Signore, l’Altissimo, /
grande re su tutta la terra. /
Ascende Dio tra le acclamazioni, /
il Signore al suono di tromba. /
Cantate inni a Dio, cantate inni, /
cantate inni al nostro re, cantate inni. /
Perché Dio è re di tutta la terra, /
cantate inni con arte. /
Dio regna sulle genti, /
Dio siede sul suo trono Santo. (Sal 47/46, 1-2; 6-7; 8-9)
Rileggiamo dunque la Parola di Dio come la legge chi lo fa la prima volta, come lo fa chi tutti i giorni rilegge come nuova la Parola.
Insieme a Don Giuseppe, Suor Maria Clara, Mariella, Patrizia e tutto il Consiglio, uniti nella preghiera per la pace tra i popoli e la conversione dei cuori, Vi invio un grande abbraccio.
Contardo Codegone
P.S. Ricordo l’incontro di sabato 28 maggio, ore 15,30 Chiesa del Santo Sudario, con Bruno Barberis su “Il rito della Santa Messa dopo il Concilio Vaticano II”. E’ possibile seguire anche a distanza collegandosi al link:
http://meet.google.com/onb-pjje-svh
Ascensione di Gesù C. – 29. 5. 22
Letture: At 1, 1-11; Eb 9, 24-28;10,19-23; Lc 24, 46-53
I primi quaranta giorni successivi alla risurrezione di Gesù furono nuovamente belli, perché – come ci dicono gli Atti degli Apostoli – il Risorto concedeva agli apostoli (che Gesù – ricorda Luca esplicitamente – “si era scelti per mezzo dello Spirito Santo”) momenti di dialogo e addirittura di convivialità (Gesù risorto ha ripreso il suo corpo vero!!). Nell’ultimo incontro, svoltosi “a tavola”, Gesù raccomanda loro di attendere di venire “battezzati in Spirito Santo”. Su questo dono dello Spirito Santo ritorna ancora, perché sarà Lui a portare loro la forza di essere testimoni di Gesù, a partire dalla loro terra israelitica, “fino ai confini della terra”. Detto questo, egli è rapito in cielo “e una nube lo sottrasse ai loro occhi”. Si fa viva allora un’altra presenza, di “due uomini in bianche vesti” che annunciano agli apostoli che colui che “di mezzo a voi è stato assunto in cielo” ritornerà “allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo”. Abbiamo avuto così un’apparizione pasquale (ricordiamo che in Lc 24, 4-6 erano già apparsi due uomini “interpreti” al sepolcro), che conclude – secondo l’espressione di alcuni – tutto il grande ciclo della manifestazione del “Gesù terreno”.
La Lettera agli Ebrei riassume, col suo linguaggio molto denso e ricco di immagini, il passaggio di Gesù dalla condizione terrestre alla condizione celeste. Egli – come tutti gli uomini – è morto una volta sola, ma apparirà poi una seconda volta “a coloro che lo aspettano per la loro salvezza”. Perciò “manteniamo senza vacillare la professione della nostra speranza, perché è degno di fede colui che ha promesso”.
Il brano evangelico, riporta uno dei due racconti lucani dell’Ascensione di Gesù (l’altro lo leggiamo all’inizio del secondo libro, gli Atti degli Apostoli). Luca collega questo evento alla predizione della passione (già pronunciata più volte) e subito dopo all’invio dello Spirito Santo (avverrà fra dieci giorni). L’ascensione avviene in un momento di benedizione agli apostoli, seguito dall’allontanamento di Gesù portato in cielo. L’evento è concluso dal ritorno gioioso dei discepoli a Gerusalemme, notando anzi che “stavano sempre nel tempio lodando Dio”.
E’ degno di fede colui che ha promesso
Carissime e carissimi, siamo giunti a un punto nodale della nostra vita di fede. Fino ad ora i vangeli ci presentavano Gesù che condivideva pienamente la nostra vita, in un tempo, in un luogo; ora Gesù è presente, uomo-Dio come sempre, ma per noi molto più misterioso. Le letture stesse che abbiamo sentito oggi (specialmente la Lettera agli Ebrei) ci avvertivano della novità intervenuta. Essa esorta: “Manteniamo senza vacillare la professione della nostra fede” e noi ci sentiamo smarriti per la grande nebbia che ci avvolge. Finora Gesù mostrava una natura particolare, dotata di sapienza e poteri unici, divini, ma ora nel raggio delle nostre esperienze non entra più un uomo come noi: quell’Uomo è “asceso al cielo” e nel nostro mondo non lo sperimentiamo più. Eppure Lui continua il suo rapporto con il nostro mondo: viviamo gli anni “dopo di Cristo”; ma è non meno vero che sono gli “anni di Cristo”. Ne siamo davvero convinti? Stiamo vivendo in sua compagnia, anche se non lo vediamo e molti segni sembrano deporre per il contrario. E là dove si trova adesso Egli attende anche ognuno di noi. Se riusciremo a non sottrarci alla sua dolce attesa, avrà senso pieno il nostro passato e il nostro presente, che sta generando un futuro di dolcezza e perfezione senza limiti. Anche perché la nostra stessa condizione partecipa già della condizione propria di Gesù. Lo dice la famosa affermazione “la nostra cittadinanza è nei cieli”: di dove viene quanto siamo e abbiamo, e dove tende il nostro desiderio profondo e la nostra attesa. “Manteniamo senza vacillare la professione della nostra speranza, perché è degno di fede colui che ha promesso”.
Vostro Don Giuseppe Ghiberti