Domenica 5-6-2022 – Pentecoste – Anno C – Settimanale AMCOR
Cari soci e amici dell’Amcor,
siamo arrivati alla domenica 5-6-22, festa liturgica della Pentecoste, 50 giorni dopo la Pasqua. Festa particolarmente vicina al cuore dei mistici.
Desidero ripetere con Bonhoeffer: “Stiamo aspettando con ansia Pentecoste”.
Mi viene dal cuore l’inno “Veni, Creator Spiritus”. Antico e meraviglioso inno liturgico allo Spirito Santo, proprio dei Vespri di Pentecoste. Inno attribuito a Rabano Mauro Magnenzio -780/856 -, abate di Fulda e arcivescovo di Magonza di epoca carolingia.
Trovate l’inno riportato dopo le parole di Don Giuseppe.
Proprio Don Giuseppe ci dice che Gesù ha assicurato i discepoli (presenti e futuri) dicendo loro che: “pur nelle difficoltà continue che accompagneranno il cammino della storia, essi non saranno mai soli. Certo sarà un cammino molto ostacolato, e quindi impegnativo… …ma ci sarà il Paraclito…”. Continua ancora Don Giuseppe: “… il Signore ci chiede di guardare con serenità al futuro…”
Viviamo una storia nella quale alle porte di casa nostra si combatte una guerra terribile. Viviamo la nostra vita quotidiana nella quale si alternano gioie e sofferenze fisiche e morali.
Il nostro cuore vive con desiderio, con ansia, l’attesa di Pentecoste, la venuta dello Spirito creatore, rigeneratore.
Spirito che svela il grande mistero di Dio.
In antico era anche uso chiamare la Pentecoste come “Pasqua delle rose”. Il colore acceso della rosa e il suo profumo erano naturali simboli delle lingue di fuoco. Anche i paramenti nella liturgia sono di colore rosso.
Incastonato tra le letture troviamo il Salmo che invita lo Spirito del Signore a rinnovare tutta la terra:
“Benedici il Signore, anima mia! /
Sei tanto grande, Signore, mio Dio! /
Quante sono le tue opere, Signore! /
Le hai fatte tutte con saggezza; /
la terra è piena delle tue creature. /
Togli loro il respiro: muoiono, /
e ritornano nella polvere. /
Mandi il tuo spirito, sono creati, /
e rinnovi la faccia della terra. /
Sia per sempre la gloria del Signore; /
Gioisca il Signore delle sue opere. /
A lui sia gradito il mio canto,
io gioirò nel Signore.” (Sal 104/103, 1ab,24ac.29bc.30.31.34)
Manda il tuo Spirito, Signore, ne siamo assetati. Ascolta la nostra preghiera, illumina il nostro cammino. Riempici del Tuo Spirito, o Signore
Aggiungo a questa invocazione un grande grazie a Dio per il dono dei 65 anni di Messa che Don Giuseppe ricorderà mercoledì 29 giugno 2022. Grazie Signore per il grande dono che hai fatto alla Tua Chiesa e a tutti noi.
Insieme a Don Giuseppe, Suor Maria Clara, Mariella, Patrizia e tutto il Consiglio, uniti nella preghiera allo Spirito, Vi invio un grande abbraccio.
Contardo Codegone
N.B. Martedì 7 giugno, alle ore 18,00, Don Giuseppe celebrerà la Santa Messa del primo martedì di giugno (Chiesa del S. Sudario)
Pentecoste C – 5. 6. 22
Letture: At 2, 1-11; Rm 8, 8-17; Gv 14, 15-16.23b-26
Gli Atti degli Apostoli ci informano sull’evento straordinario della prima Pentecoste, dopo la morte e risurrezione di Gesù. Luca dice che “si trovavano tutti nello stesso luogo”, senza dire il nome del luogo né quello dei presenti. Il luogo di Gerusalemme che Gesù aveva già sentito come amico era probabilmente quello dell’ultima cena (detto poi “cenacolo”). Il tempo che ci interessa era il giorno della Pentecoste (il nome resterà nell’uso ebraico e sarà adottato anche in quello cristiano), i presenti erano i Dodici (Giuda era già stato sostituito da Mattia) e altri amici e discepoli di Gesù. Intervennero fenomeni atmosferici “impetuosi” e rumorosi. L’effetto della discesa dello Spirito Santo è espresso in due particolari: i dodici iniziano a parlare in lingue non proprie e tutti i presenti comprendono quanto viene detto (sulle “grandi opere di Dio”), nonostante provengano dalle regioni più lontane e diverse (dentro e fuori l’impero romano).
Nel brano che ci viene incontro della Lettera ai Romani San Paolo illustra due principi dell’azione umana: quella secondo il dominio della carne e quella sotto il dominio dello Spirito “dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi”. Perciò egli dice che “lo Spirito stesso, insieme al nostro spirito attesta che siamo figli di Dio”. Ma non si tratta di due “Spiriti” contrastanti bensì dello stesso Spirito, partecipato alla creatura umana. Lo Spirito di Dio “ha risuscitato Cristo dai morti”; ora lo stesso dono della vita dato a Cristo nella risurrezione sarà dato ai nostri “corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita” in noi. Questo richiede però che “facciamo morire le opere del corpo”. Tutto ciò è opera meravigliosa dello Spirito, che ci rende “figli… eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze, per partecipare anche alla sua gloria”.
San Giovanni, nella prima parte dei discorsi di addio di Gesù, riporta la promessa di Gesù, che ottiene dal Padre la promessa di un “altro Paraclito… perché rimanga con voi per sempre”. Questa promessa di una presenza continua si estende praticamente alle tre Persone e l’accettazione comprensiva di questa verità è affidata al Paraclito, che verrà appunto inviato dal Padre a insegnare e ricordare tutto ciò che Gesù ha insegnato.
La presenza di Gesù quando Gesù è assente
Questa definizione dello Spirito Paraclito l’hanno data esegeti recenti e mi pare molto vera e suggestiva. Noi possiamo forse precisare “quando Gesù ci pare assente”, ma non è neppure necessario: Gesù, quando predice, nell’ultima cena, la sua partenza, è preoccupato di assicurare i discepoli (presenti e futuri) che, pur nelle difficoltà continue che accompagneranno il cammino della storia, essi non saranno mai soli. Certo sarà un cammino molto ostacolato, e quindi impegnativo. Ma ci sarà il Paraclito, che Gesù stesso ci manderà di presso il Padre: egli “darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin da principio” (Gv 15,26-27). E’ una visione impegnativa del futuro, certo non fatta per nutrire illusioni: Gesù non ha trovato cuscini per accogliere e ammorbidire i suoi passi. Per questo motivo è molto rischioso sostenere che l’età delle persecuzioni è tramontata. Il Signore ci chiede di guardare con serenità il futuro, fiduciosi in un aiuto che non ammorbidisce le difficoltà (né nel privato né nella grande agorà) ma anche dà a ognuna un’efficacia di salvezza. L’orizzonte reale non è quello dell’apparenza del quotidiano bensì la prospettiva dell’eterno.
Vostro Don Giuseppe Ghiberti