Domenica 12-6-2022 – Festa della SS. Trinità – Anno C – Settimanale AMCOR
Cari soci e amici dell’Amcor,
in questa domenica 12-6-2022 la liturgia ci presenta il tema della natura trinitaria di Dio. Domenica prossima sarà la festa del “Corpus Domini”. Siamo nel cammino di quello che la Chiesa chiama “tempo ordinario”.
Don Giuseppe ci guida con paziente attenzione al significato delle letture di queste domenica perché quello della Trinità “… è mistero massimo…”
Con quanta difficoltà cerchiamo il volto di Dio nella vita quotidiana. Con quanta ansia, talora, ci rivolgiamo a Lui chiedendo una risposta. A maggior ragione ci fermiamo di fronte al mistero della natura di Dio, ritenendo questo mistero troppo lontano. Vi è in noi come un grido di ribellione o un abbandonarsi alla indifferenza.
Sempre, ma in questi momenti in particolare, accostare la Parola di Dio ci accompagna, non ci fa sentire inutili, soli o troppo piccoli.
Le letture di questa domenica ci parlano della “Sapienza di Dio” che si apre confidandoci la sua origine e la sua funzione nel piano creatore.
San Paolo, nel grande testo della Lettera ai Romani, ci dice che siamo “giustificati per fede,” che “siamo in pace con Dio…” (Rm 5,1) “sapendo che la tribolazione produce pazienza,…” (Rm 5,3), che “la speranza poi non delude,…” (Rm 5,5).
Don Giuseppe ci prende per mano e ci dice: “Si incontrano così le verità più quotidiane con quelle più sublimi.”
Non siamo, dunque, soli e Don Giuseppe ci ricorda che S. Giovanni, riprendendo alcune battute finali del dialogo di Gesù con gli apostoli al termine dell’ultima cena, afferma come il Signore dichiari che il suo insegnamento è lungi dall’avere esaurito la portata del mistero. Verrà lui: “lo Spirito della verità che mira a guidare l’umanità alla ‘verità tutta intera’ ”.
Non siamo soli, è un cammino arduo quello della vita, è un cammino difficile quello della fede, ma sappiamo che è Dio a prendere l’iniziativa. Noi dobbiamo tenere mente e cuori attenti e aperti e allora riusciremo ad ascoltarlo.
Don Giuseppe conclude dicendo che ora dobbiamo “innalzare il nostro pensiero in uno sforzo di adesione umile e amorosa, di dialogo con il misterioso, amabilissimo interlocutore divino.”
Ed è quello che il Salmo ci propone. Questo Salmo è, infatti, un inno al creatore dell’universo: “Quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra!”
Acquista senso la domanda: “che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi?” Siamo, infatti, una pagliuzza ai margini di una costellazione di miliardi di stelle, in mezzo a un universo composto da miliardi di costellazioni in fuga verso l’oltre, eppure Tu, o Dio, hai coronato l’uomo di gloria e di onore.
Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita, /
la luna e le stelle che tu hai fissato, /
che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi, /
il figlio dell’uomo, perché te ne curi ? /
Davvero l’hai fatto poco meno di un dio, /
di gloria e di onore lo hai coronato. /
gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, /
tutto gli hai posto sotto i suoi piedi. /
Tutte le greggi e gli armenti /
anche le bestie della campagna, /
gli uccelli del cielo e i pesci del mare, /
ogni essere che percorre le vie dei mari. (Sal 8, 4-5; 6-7; 8-9)
Alzare lo sguardo verso l’universo ci fa sentire piccoli e privi di senso, ma se ascoltiamo la Parola di Dio, poco per volta ci sentiamo parte di un mistero che ci accoglie. Nel mistero della Trinità, mistero di dialogo e di amore, si trova la radice della realtà di Dio e si conclude tutto ciò che ha esistenza.
Sentendoci uniti nella preghiera, insieme a Don Giuseppe, Suor Maria Clara, Mariella, Patrizia e tutto il Consiglio vi invio i saluti più cordiali.
Contardo Codegone
P.S. Ricordo che mercoledì 29 giugno Don Giuseppe, caro padre e maestro, ricorderà i sui 65 anni dalla ordinazione sacerdotale. Continuiamo a ricordarlo al Signore ringraziando per la sua presenza nella Chiesa e nella nostra vita.
I Domenica di Pentecoste C
SS. Trinità 12. 6. 22
La festa della SS. Trinità segna un punto di spartiacque tra le celebrazioni più dedicate al mistero di Gesù (a cominciare dall’Avvento) e quelle del “tempo ordinario”, che giunge fino all’Avvento successivo. E’ una festa di inizio e di conclusione: nel mistero della Trinità la realtà santa e ineffabile di Dio ha la radice di tutto ciò che esiste, e giunge a conclusione tutto ciò che ha ricevuto esistenza nella storia. Perché è mistero massimo, sentiamo spesso la tentazione di lasciarlo in disparte nella nostra riflessione, ma l’insegnamento di Gesù e l’esempio di tanti santi ci spingono a dare a questo mistero l’attenzione che merita. Gesù è il Figlio eterno fatto uomo nel tempo, che ha fatto la scelta della sua umanità vera, per offrire a noi la scala che ci porta alle soglie del mistero, per dare a ognuno di noi la possibilità di entrare a far parte di quella vita beata.
Letture: Pro 8, 22.31; Rm 5, 1-5; Gv 16, 12-15
Nel libro dei Proverbi ci viene offerta la confidenza di una creatura – la Sapienza di Dio – che ci rivela di provenire dalla creazione divina “come inizio dell’attività” di Dio. Alcune sue caratteristiche sono superiori a quelle dell’essere umano (“formata fin dal principio, dagli inizi della terra”), anzi sono proprie addirittura del mistero di Dio: antecedente alla creazione, essa partecipava al processo stesso della creazione, “ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo”. Addirittura il particolare della sua ‘generazione’ risale a prima che esistesse qualsiasi cosa (gli abissi, le sorgenti, i monti e le colline… le prime zolle del mondo) “io ero là come artefice”. Essa è “la sua delizia… giocavo sul globo terrestre…”. E’ comprensibile che chi si affaccia su quanto è stato visto, udito, insegnato di Gesù e da Gesù, su quanto è stato scritto, poco più di un secolo dopo, sia portato a vedere una linea di continuità tra quello che veniva scritto ai termini dell’Antico Testamento e quello che veniva insegnato e creduto all’inizio del Nuovo. Ma è comprensibile che il fratello e la sorella ebrei insistano maggiormente sulla discontinuità che sulla continuità tra i due pensieri e che le letture siano ancora lontane tra di loro. E in realtà la lettura cristiana è possibile solo quando l’ultima fase della rivelazione è nota e acquisita. Però è consolante, per chi ha visto e sentito Gesù, avvertire questo spiraglio non molto precedente.
San Paolo, scrivendo ai cristiani presenti a Roma, fa proprio l’appello alla fede: tramite essa è giunto il dono della grazia giustificante, che produce la “pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo”. In forza di questa grazia viviamo “saldi nella speranza della gloria di Dio”: una speranza che “non delude”, perché nei nostri cuori è stato riversato l’amore di Dio “per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato”. Il discorso è semplice e ci mostra con quanta semplicità fosse possibile parlare di Gesù, fede, grazia, speranza tra l’apostolo e i fratelli. Non è tutto frutto di sogni, perché non è assente la tribolazione, che però “produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza”. Si incontrano così le verità più quotidiane con quelle più sublimi. La presenza della Trinità è diventata discorso familiare.
Nel brano evangelico di Giovanni udiamo alcune battute finali del dialogo di Gesù con gli apostoli, al termine dell’ultima cena (riportate dall’evangelista Giovanni nel ‘discorso d’addio’). Egli dichiara che il suo insegnamento è lungi dall’avere esaurito la portata del mistero. Ma “verrà lui, lo Spirito della verità”, che mira a guidare l’umanità “alla verità tutta intera”, dicendo “tutto ciò che avrà… udito” e annunciando ciò che viene (il presente “che viene” fiorisce nel futuro, in un tempo fuori del tempo), che è non solo rivolto al futuro ma a tutto quanto si riferisce al realizzarsi del piano divino (che viene compiuto nel tempo da chi ha creato il tempo ed è fuori del tempo). Si chiudono così le verità che, partendo dal Padre, passano attraverso Gesù e giungono all’uomo creato. E’ un momento di contemplazione trinitaria, che parte dalla presenza del Figlio, attinge nella verità eterna del Padre e vive per l’intervento dello Spirito (che nei capitoli recedenti veniva anche chiamato “Paraclito”).
Lo Spirito della verità… prenderà da quel che è mio
![](http://www.amcor-amicichieseoriente.org/wp-content/uploads/2022/06/image-1.png)
Chi parla è il Gesù terreno, ma comunica verità che provengono dall’eternità. Ed è il momento in cui avvertiamo che tre Persone divine ci vengono incontro, dai caratteri individuanti autonomi e dalla radice comune (siamo nel discorso della Santa Trinità). E’ anche il momento in cui ci rendiamo conto che quanto esprimiamo è tentativo di concettualizzazione per rendere accettabile e trasmissibile un contenuto di verità verso il quale noi siamo tanto inadeguati. Eppure Gesù lo ha trasmesso agli apostoli, certo non più preparati di noi oggi, e da allora il credente si sforza di farlo oggetto della propria riflessione, di renderlo ispiratore dei propri rapporti con Dio. L’arte ha cercato di rivestire di forme quanto la rivelazione ci propone in formule linguistiche. Penso in particolare a un affresco romanico in una chiesetta montana della Baviera, a Urschalling: in una vela del soffitto dall’inizio di un sistema di archi è dipinto un gruppo di persone, che hanno l’origine unica, come da una radice, per dividersi poi in tre figure: a desta un venerando anziano con i capelli bianchi, a sinistra un uomo nel pieno delle sue forze, nel centro un figura di giovane donna, amabile e determinata. Essa allunga le mani verso il braccio di ambedue gli uomini, che evidentemente si lasciano orientare da lei. Il corpo dei tre procede convergendo verso il centro e in basso si indovina la radice comune. Commuove la differenza di età e atteggiamento, in un accordo commovente e attento all’impulso che proviene dalla figura giovanilmente tenera, di stile femminile a indicare la forza determinante della tenerezza d’amore, che assume e trasmette lo Spirito comune; da esso proviene l’efficacia di quell’opera d’amore che evidentemente regge tutta la realtà circostante o, se si vuole, il mondo intero. Molti spunti potrebbero suggerire di procedere nella nostra riflessione, ma penso che sia ora di innalzare il nostro pensiero in uno sforzo di adesione umile e amorosa, di dialogo con il misterioso, amabilissimo interlocutore divino.
Vostro Don Giuseppe Ghiberti