Domenica 14-8-2022 – XX Domenica T.O. – Anno C – Settimanale AMCOR
Cari soci e amici dell’Amcor,
Le letture di questa domenica 14-8-2022 ci prendono per mano nel nostro cammino di fede.
Don Giuseppe ci presenta Geremia: “era un profeta di Dio e doveva quindi parlare come il Signore gli dava ordini; e questo non piaceva proprio per nulla ai suoi ascoltatori.” In quel periodo, siamo durante l’assedio di Gerusalemme da parte del re babilonese Nabucodònosor (588/587 a.C.), il re d’Israele Sedecia consultò Geremia per richiedere un intervento del Signore. Ma Geremia, ispirato da Dio, ribadisce al re che la sorte di Giuda e di Gerusalemme è ormai segnata e lo invita a deporre le armi. I cortigiani e i militari accusano il profeta di scoraggiare i soldati ed il popolo. Per questo ottengono da Sedecia di farlo gettare in una cisterna fangosa. Un membro etiope della corte convince il re a salvare Geremia. Seguirà l’esilio babilonese.
Geremia rappresenta nella sua vita l’immagine di Gesù condannato dal suo popolo e riconosciuto ai piedi della croce dal centurione anche lui non di religione ebraica.
La fede porta Geremia a ubbidire al comando di Dio, fino a sentirsi abbandonato da tutti e abbandonato pure da Dio.
La fede, anche la nostra fede, in tanti momenti vive il sentirsi abbandonati da Dio, vive il silenzio di Dio. Non dobbiamo però cedere alla tentazione dell’abbandono e dobbiamo continuare a rivolgerci a Dio nella preghiera.
L’autore della Lettera agli Ebrei, probabilmente un sacerdote giudeo divenuto cristiano, ci presenta Gesù non solo come modello di fede, ma come fondamento stesso della fede: “…colui che da origine alla fede e la porta a compimento” (Eb 12,2). Ecco a chi dobbiamo guardare.
Luca, ci spiega Don Giuseppe, “nella descrizione del lungo cammino verso Gerusalemme, raccoglie insegnamenti vari di Gesù, spesso con prospettiva aperta sul termine della sua vita e sul futuro della condizione dei suoi discepoli….. i discepoli di Gesù devono mettere in conto – per essere fedeli nel discepolato – difficoltà addirittura dalle proprie famiglie.” La fede, il discepolato, impongono sovente scelte dolorose. Gesù pensa innanzitutto a se stesso, alla croce, ma anche a ciò che attende i suoi discepoli e non manca di dirlo con severità.
Restiamo colpiti dalla durezza delle parole che la liturgia ci presenta, ma Don Giuseppe ci invita a essere consapevoli che: “ il cristianesimo autentico non è mai stato contraddistinto da toni lugubri: proprio san Paolo insegnava ai suoi cristiani di Corinto che “Dio ama chi dona con gioia” (2 Co 9,7.).
Il Salmo è un inno di ringraziamento al Signore perché ha dato ascolto al nostro grido, perché si è chinato su di noi, perché ha cura di noi, perché ha posto i nostri piedi sulla roccia. Ripetiamo, dunque, con forza, insieme al salmistra: “mio Dio, non tardare.” (Sal 40/39,18)
“Ho sperato, ho sperato nel Signore, /
ed egli su di me si è chinato, /
ha dato ascolto al mio grido. /
Mi ha tratto da un pozzo di acque tumultuose, /
dal fango della palude; /
ha stabilito i miei piedi sulla roccia, /
ha reso sicuri i miei passi. /
Mi ha messo sulla bocca un canto nuovo, /
una lode al nostro Dio. /
Molti vedranno e avranno timore /
e confideranno nel Signore. /
Ma io sono povero e bisognoso: /
di me ha cura il Signore. /
Tu sei mio aiuto e mio liberatore: /
mio Dio, non tardare.” (Sal 40/39,2.3.4.18)
Il nostro cammino di fede è dunque un percorso di incessante ringraziamento e insieme di costante supplica. Incontrando i mistici siamo stati come bruciati dal contatto con il loro cammino di fede. Martedì scorso 9 agosto abbiamo ricordato Edith Stein, in religione Teresa Benedetta della Croce (1891-1942), sulla cui vita e opere ci siamo soffermati.
Desidero citare ora un mistico e martire russo, Pavel Florenskij, che a proposito della fede dice: “La mistica è ciò che dona alla fede il suo ardimento e la libertà del suo ‘ethos’, oltre il soffocante timore delle tentazioni e la schiavitù del peccato, perché si nutre di ‘Colui che è senza peccato’ e che si è fatto carico dei peccati del mondo…” (vedi nota).
Preghiamo Teresa Benedetta della Croce e tutti i mistici perché il Signore, attraverso di loro, doni ardimento alla nostra fede.
Insieme a Don Giuseppe, Suor Maria Clara, Mariella, Patrizia e tutto il Consiglio Vi invio un grande abbraccio con anche gli auguri per la festa dell’Assunta di lunedì 15 agosto.
Contardo Codegone
Nota: La citazione è tratta dal libro di Pavel Florenskij “La mistica e l’anima russa” (Edizioni San Paolo srl, 2006, pagina 18). Pavel Florenskij (1882-1937) fu un grande scienziato, internazionalmente riconosciuto, matematico, ingegnere, storico dell’arte, chimico. Fu anche, e soprattutto, un credente e un grande mistico. Venne ordinato presbitero ortodosso e fu insegnante di filosofia. A motivo della sua fede dichiarata fu internato in un campo di concentramento, fu fucilato nel 1937 nei pressi di Leningrado e sepolto in una fossa comune.
XX Dom. t. Ord. C –14. 8. 22
Letture – Ger 38, 4-6.8-10; Eb 12, 1-4; Lc 12, 49-53
Incominciando le letture bibliche di questa domenica, dobbiamo chiedere al Signore di non lasciarci abbattere o spaventare dal dono apparentemente lugubre dei tre brani.
Geremia era un profeta di Dio e doveva quindi parlare come il Signore gli dava ordini; e questo non piaceva proprio per nulla ai suoi ascoltatori. La soluzione più breve era chiudergli la bocca con maniere spicce, gettandolo in una cisterna fetida. Il re di Gerusalemme, Sedecia, si lascia convincere dai suoi consiglieri, ma poi dà ascolto all’intercessione di un funzionario che probabilmente non è nemmeno ebreo e rimette il profeta in condizione di sopravvivenza. La vicenda di Geremia avrà ancora molte variazioni. Noi ci arrestiamo a questo breve momento, che descrive le difficoltà della vita del profeta, preoccupato di realizzare le indicazioni del Signore sul cammino d’Israele e sullo stesso destino del profeta. L’esecuzione della volontà del Signore a volte comporta un impegno di coerenza a tutta prova: a Geremia e poi soprattutto a Gesù ha richiesto il prezzo della vita.
La Lettera agli Ebrei ha cantato le meraviglie della virtù della fede e ha presentato i modelli di molti testimoni della fede nelle vicende del passato. Ora il discorso si fa molto personale, in rapporto alla nostra situazione e nei confronti di “colui che dà origine alla fede e la porta a compimento”, Gesù. Egli ha fatto generosamente la scelta tra “la gioia che gli era posta dinanzi” e la croce, fonte di disonore e di ogni sofferenza. “Si sottopose alla croce, disprezzando il disonore”. La conseguenza è stata il sedere, ora, per lui, “alla destra del trono di Dio”. Questo pensiero deve suscitare reazioni radicali, totalitarie, “perché non vi stanchiate perdendovi d’animo”. E’ “lotta contro il peccato” quella che dobbiamo sostenere e può anche costare il prezzo del sangue.
Luca, nella descrizione del lungo cammino verso Gerusalemme, raccoglie insegnamenti vari di Gesù, spesso con prospettiva aperta sul termine della sua vita e sul futuro della condizione dei suoi discepoli. Son proprio le due preoccupazioni di oggi: i discepoli di Gesù devono mettere in conto – per essere fedeli nel discepolato – difficoltà addirittura dalle proprie famiglie. Inizialmente Gesù sembra pensare al proprio doloroso destino (della crocifissione), per riferirsi poi però alla situazione dei suoi discepoli, che devono essere fedeli alla causa di Gesù e alle decisioni prese in obbedienza alla sua volontà; e questo a cominciare già dal cuore della vita di famiglia. Certo, non è una bella prospettiva, ma Gesù la imposta con decisione, senza complimenti. E non è segno di un qualunquismo senza cuore: occorre più cuore nel dare una risposta severamente sincera che nel tergiversare in un altobaleno, che non rispetta la vera scala dei valori.
Non avete ancora resistito fino al sangue nella lotta contro il peccato
Forse qualcuno è tentato di dire: Gesù esagera sempre; lui è l’uomo dell’iperbole. Ma è un modo come un altro per non prenderlo sul serio. Dal punto di vista storico possiamo pensare che quando scriveva l’autore di questa lettera, non fossero ancora scoppiate persecuzioni molto dure. Ma il prezzo della fedeltà al Signore si era manifestato fin dagli inizi molto pesante. Ciononostante il cristianesimo autentico non è mai stato contraddistinto da toni lugubri: proprio san Paolo insegnava ai suoi cristiani di Corinto che “Dio ama chi dona con gioia” (2 Co 9,7.)
Vostro Don Giuseppe Ghiberti