Domenica 4-9-2022 – XXIII Domenica T.O. – Anno C – Settimanale AMCOR
Cari soci e amici dell’Amcor,
le letture di questa domenica 4-9-22 mi sembrano legate dal tema del “discernimento”, ossia del cammino della conoscenza intesa come “sapienza” che viene solo da Dio.
Il libro della Sapienza, attribuito formalmente a Salomone, è stato scritto in greco da un saggio israelita pieno di fede che esorta alla ricerca della sapienza. L’epoca in cui è stato scritto è successiva alla versione della Bibbia in greco egli, infatti, cita la scrittura secondo la traduzione dei Settanta. L’autore opera, dunque, nel contesto della vivace cultura di Alessandria d’Egitto dove si trova una considerevole e attiva comunità israelita e che era la capitale dell’ellenismo sotto i Tolomei.
Il brano riportato questa domenica nella liturgia è tratto dalla seconda parte del libro (cc 6-9) ove è esposta l’origine e la natura della Sapienza e come ottenerla. Questa seconda parte del libro è una preghiera rivolta a Dio per ottenere la Sapienza. I versetti che leggeremo (Sap 9,13-18) sono la conclusione di questa preghiera. Sento il testo che leggeremo vicino alla mia sensibilità perché attribuisce l’impossibilità dell’uomo a raggiungere la felicità, la sapienza, non direttamente al peccato originale, ma alla condizione di fragilità dell’uomo stesso.
Ci spiega Don Giuseppe: “Il vocabolario sembra uguale a quello del Nuovo Testamento e questo ci dice come la rivelazione del Signore cammini verso insegnamenti che saranno sviluppati da Gesù”. Dice, infatti, il Libro della Sapienza: “Chi avrebbe conosciuto il tuo volere, se tu non gli avessi dato la sapienza e dall’alto non gli avessi inviato il tuo santo spirito?” (Sap 9,17)
Paolo, nella lettera a Filemone, si mostra stretto tra il dettato delle leggi civili, che impongono di rimandare lo schiavo al suo padrone, e la novità dell’annuncio cristiano che vede due persone, il padrone e lo schiavo, entrambe redente da Cristo. Paolo rimanda Onèsimo al suo amico Filèmone, ma glielo affida non più come schiavo, ma come figlio e fratello.
Paolo, dunque, osserva la legge e, nel contempo, la supera. Cristo ha portato nuove relazioni affettive e civili. Gesù ci insegna una fraternità universale ove: “non c’è schiavo né libero, non c’è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù (Gal 3,28). Conclude Don Giuseppe: “La raccomandazione avrà buon esito (in Col 4,9 troveremo Onèsimo con Paolo, dunque passato al suo seguito) e la cristianità dei secoli ricorderà questo oscuro cristiano beneficato da Paolo e diventato suo collaboratore.”
Ci dice Don Giuseppe che Luca “sta continuando il lungo racconto della ‘salita’ di Gesù a Gerusalemme, accompagnato da una “folla numerosa”.
Il testo greco, addirittura, qui usa il plurale: “molte folle” (“òcloi pollòi”). Sono molti quelli che vogliono accompagnare Gesù, forse sono molti quelli che vedono in lui il possibile liberatore, l’atteso messia umano. Precisa Don Giuseppe: “Gesù non si lascia prendere dall’entusiasmo enfatico; piuttosto dice chiaramente che andare dietro di lui vuol dire fare una scelta totale, radicale. E perché sia chiara la totalità della sua richiesta, egli esplicita che essa giunge fino a “portare la propria croce”.”
Gesù in queste sentenze presenta la radicalità della scelta che deve impegnare chi vuole seguirlo nella verità del suo messaggio. Per questo è necessario che le nostre scelte siano ponderate, perché esigono “discernimento”, esigono “Sapienza” che può venirci solo da Dio attraverso lo Spirito. Spirito che non dobbiamo cessare di pregare. Gesù non ci fa mancare la sua presenza tra noi nell’Eucarestia, anche quando ci sentiamo scoraggiati.
Nel Salmo, un uomo sapiente, attento conoscitore delle Scritture, medita sulla brevità della vita e sulla debolezza dell’uomo. La vita è un soffio di fronte all’eternità di Dio. Ma Dio può insegnarci “a contare i nostri giorni” (Sal 89/90, 12) per acquistare un cuore saggio. Questa è la preghiera del sapiente che sa chi può rendere salda “l’opera delle nostre mani” (Sal 89/90, 17).
Tu fai ritornare l’uomo in polvere,
quando dici: «Ritornate, figli dell’uomo».
Mille anni, ai tuoi occhi,
sono come il giorno di ieri che è passato,
come un turno di veglia nella notte.
Tu li sommergi: sono come un sogno al mattino,
come l’erba che germoglia;
al mattino fiorisce e germoglia,
alla sera è falciata e secca.
Insegnaci a contare i nostri giorni
e acquisteremo un cuore saggio.
Ritorna, Signore: fino a quando? Abbi pietà dei tuoi servi!
Saziaci al mattino con il tuo amore:
esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni.
Sia su di noi la dolcezza del Signore, nostro Dio:
rendi salda per noi l’opera delle nostre mani,
l’opera delle nostre mani rendi salda. (Sal 90/89, 3-4; 5-6; 12-13; 14.17)
Signore rendici saggi, non rendere inutile la nostra debolezza, la nostra fatica nel cercarTi, il nostro desiderio di incontrarTi.
Insieme a Don Giuseppe, Suor Maria Clara, Mariella, Patrizia e tutto il Consiglio Vi invio un grande abbraccio sentendoci tutti uniti nella preghiera.
Contardo Codegone
XXIII Dom. t. Ord. C –4. 9. 22
Letture – Sap 9,13 -18; Fm 9b-10. 12-17; Lc 14, 25-33
Sarebbe bello individuare una linea di legame tematico fra queste tre letture. Mentre accettiamo la nostra scarsa capacità d’intuizione, chiediamo al Signore di acquisire qualcuno fra i messaggi che ci vengono inviati oggi. Chiaro fin dall’inizio è quanto siano “incerte… le nostre riflessioni”, in particolare per quanto si riferisce alle “cose del cielo”.
La prima lettura, dal libro della Sapienza (forse l’ultimo libro scritto nell’Antico Testamento), si interroga su quello che è “il volere di Dio”. Noi siamo imperfetti per poter scoprire “le cose del cielo”. Per fortuna il Signore ci ha inviato il suo “santo spirito”. La finale però non è pessimista, perché “gli uomini furono istruiti … per mezzo della sapienza”. Il vocabolario sembra uguale a quello del Nuovo Testamento e questo ci dice come la rivelazione del Signore cammini verso insegnamenti che saranno sviluppati da Gesù.
San Paolo è l’autore della seconda lettura, la Lettera a Filemone. E’ il più occasionale degli scritti paolini, non composto direttamente per un insegnamento teologico, ma ricco di molta umanità e di insegnamenti di grande praticità. San Paolo, prigioniero, ha avuto contatto, tra l’altro, con uno schiavo fuggitivo, Onesimo, di cui egli vuole regolare la condizione. Per fortuna il padrone di Onesimo, Filemone, è cristiano e Paolo gli raccomanda il caso, facendo amabile ricorso alla sua autorità: “se tu mi consideri come amico, accoglilo come me stesso”. La raccomandazione avrà buon esito (in Col 4,9 troveremo Onesimo con Paolo, dunque passato al suo seguito) e la cristianità dei secoli ricorderà questo oscuro cristiano beneficato da Paolo e diventato suo collaboratore.
Luca sta continuando il lungo racconto della ‘salita’ di Gesù a Gerusalemme, accompagnato da una “folla numerosa”. Gesù non si lascia prendere dall’entusiasmo enfatico; piuttosto dice chiaramente che andare dietro di lui vuol dire fare una scelta totale, radicale. E perché sia chiara la totalità della sua richiesta, egli esplicita che essa giunge fino a “portare la propria croce”. Per questo occorre “sedere prima a calcolare”. E’ impressionante e commovente: per essere discepoli di Gesù occorre “rinunciare a tutti i propri averi”. E se uno non rinuncia? Nel nostro brano non si arriva fino alle ultime conseguenze: si intuisce che chi non fa la rinuncia richiesta da Gesù non ottiene i risultati portati dalla sua venuta, ma quale tristezza aver perso il contatto che Gesù aveva pensato e preparato per lui. I motivi della casistica del ricco che non rinuncia ai suoi averi avranno il loro riscontro nell’incontro tra Gesù e l’uomo a cui egli rivolge l’invito della sequela: quell’uomo se ne va “perché era molto ricco” (Lc 18,23).
Se tu mi consideri amico, accoglilo come me stesso
Forse è accaduto anche a voi di essere raccomandati presso qualcuno con l’accompagnamento di queste parole. Le abbiamo sentite pronunciate da Paolo per un povero schiavo fuggitivo e Gesù ce le lascia come ricordo e noi prendiamole come dette proprio oggi, a noi. Vale per tutti gli incontri che faremo, perché tutte le volte c’è una decisione del Signore, che vuole misurare qui, ora, se prendo sul serio questa sua presenza. E quando ci sembra di dover passar oltre, facciamolo con tanta pena, non per regola. Intanto raccomandiamoci ai santi “specialisti” in questo campo, come il Cottolengo e San Camillo (per far solo due nomi fra i mille), che ci ispirino sempre le scelte giuste, che privilegino la carità.
Vostro Don Giuseppe Ghiberti