Domenica 18-9-2022 – XXV Domenica T.O. – Anno C – Settimanale AMCOR
Cari soci e amici dell’Amcor,
le letture di questa domenica 18-9-22 ci portano a riflettere con attenzione sulle responsabilità della gestione economica e sulla indignazione di Dio verso chi opera frodando il debole.
Il profeta Amos era un pastore ai margini del deserto di Giuda che Dio chiamò per mandarlo a portare la sua parola al popolo di Israele. Amos parla durante il regno di Geroboamo II (783-743 a.C.). Periodo nel quale il regno si estende e si sviluppa, ma questa situazione porta a un lusso sfrenato di una parte arricchita e alla disperata miseria di una grande parte della popolazione. Anche la ricchezza dei riti non esprime una fede vera, ma superficialità.
Il Signore, attraverso Amos, alza la sua forte voce contro questo stato di cose, perché egli è un Dio giusto.
A quanti operano ingiustamente, infatti, aumentando i propri guadagni a scapito dei poveri il Signore dice con indignazione: “Ascoltate questo, voi che calpestate il povero e sterminate gli umili del paese….” (Am 8,4). Il Signore giura: “Certo, non dimenticherò mai tutte le loro opere”. (Am 8,7)
“Non dimenticherò”: la parola di Dio risuona nel tempo e attraverso i tempi per giungere fino a noi. Don Giuseppe ci ricorda: “Anche oggi non ha perso le sue abitudini: campione di giustizia e difensore dei poveri, dice sempre Lui l’ultima parola.” Anche noi non dobbiamo dimenticare la parola indignata di Dio.
Nella lettera a Timoteo, scritta da un discepolo della scuola di Paolo, ci ricorda Don Giuseppe: “E’ una delle rare volte che nel Nuovo Testamento si prega esplicitamente per l’autorità civile…”. Dice, infatti, la lettera: “per i re e per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo condurre una vita calma e tranquilla, dignitosa e dedicata a Dio.” (1 Tim 2,2) L’invito è a pregare perché possiamo avere una vita “dignitosa”, che vuol dire nella giustizia.
Il brano del Vangelo di Luca ci propone la parabola, probabilmente ispirata da un fatto di cronaca del tempo, dell’amministratore infedele che, licenziato, cerca di farsi degli amici riducendo i debiti che i vari clienti devono al suo padrone. Don Giuseppe ci dice: “Certo che il padrone si accorge dei nuovi ‘truschini’ combinati da quel tipo, ma ciononostante riconosce che l’ha fatta da furbo.”
Rilevo che quel “padrone” è presentato dalla parabola come “un uomo ricco…” (Lc16,1). La ricchezza rende più difficile il cammino. Ci troviamo di fronte a due figure entrambe negative. Non si conosce l’origine della ricchezza del “padrone” e l’ “amministratore infedele” cerca di volgere a suo favore la situazione. Gesù (vedi nota 1) loda questo amministratore che non si è lasciato scoraggiare dalle difficoltà.
Don Giuseppe ci guida: “E qui Gesù scopre subito le sue carte: che cosa vuol dire questa faccenda? “Fatevi amici con la ricchezza disonesta”. E poi, con parole chiarissime: “Non potete servire Dio e la ricchezza”. E’ proprio questo il punto: la ricchezza entra facilmente in concorrenza con Dio e occorre tanta forza per decidere: tra il vero Dio e il Figlio suo Gesù e il falso ‘dio’, che tiranneggia il mondo.”
Il Salmo è un inno di ringraziamento che si canta in tutte le festività e nella veglia pasquale per commemorare l’esodo. Nei versetti 7 e 8 si ripresenta il tema del povero e dei potenti, tema che sarà ripreso nel Magnificat da Maria, madre di Gesù. Facciamo, dunque, nostro questo inno come ringraziamento eucaristico per la salvezza che Dio ha operato in noi.
Lodate, servi del Signore, /
lodate il nome del Signore. /
Sia benedetto il nome del Signore, /
da ora e per sempre. /
Su tutte le genti eccelso è il Signore, /
più alta dei cieli è la sua gloria. /
Chi è come il Signore, nostro Dio, /
che siede nell’alto /
e si china a guardare /
sui cieli e sulla terra? /
Solleva dalla polvere il debole, /
dall’immondizia rialza il povero, /
per farlo sedere tra i prìncipi, /
tra i prìncipi del suo popolo. (Sal 113/112, 1-2; 4-5; 7-8)
Abbiamo iniziato, nella prima lettura, con la parola indignata di Dio “Certo non dimenticherò mai tutte le loro opere…”. Don Giuseppe ci guida perché non ci lasciamo prendere dal timore, ma guardiamo con fede al giudizio di Dio e ci dice: “Lasciamo dunque giudicare dal Signore; quando siamo disperati, solo Lui non inganna e continua ad attenderci a braccia larghe.”
Insieme a Don Giuseppe, Suor Maria Clara, Mariella, Patrizia e tutto il Consiglio, uniti nella preghiera fiduciosa, Vi invio un grande abbraccio.
Contardo Codegone
XXV Dom. t. Ord. C –18. 9. 22
Letture – Am 8,4-7; 1 Tim 2, 1-8; Lc 16, 1-13
“Certo non dimenticherò mai tutte le loro opere”: è una promessa che il Signore, indignato, fa.
Il profeta Amos se la sta prendendo con i grossi commercianti del paese, che mettono in atto tutte le astuzie, una più disonesta dell’altra, pur di aumentare i propri guadagni. Ma il Signore non è dalla loro parte e lui è uno che mantiene le sue promesse. Anche oggi non ha perso le sue abitudini: campione di giustizia e difensore dei poveri, dice sempre lui l’ultima parola.
Verso la fine dell’età paolina, nella lettera a Timoteo, dalla scuola di Paolo, un discepolo, che ritiene di avere l’autorità di gestire l’eredità spirituale dell’apostolo, compone questo scritto ispirato, la Prima lettera a Timoteo. E’ uno scritto pratico, che raccomanda ai credenti cristiani di pregare per coloro che detengono il potere, perché abbiamo tutti la possibilità di “condurre una vita calma e tranquilla, dignitosa e dedicata a Dio”.
E’ una delle rare volte che nel Nuovo Testamento si prega esplicitamente per l’autorità civile, ma in funzione di quel piano della salvezza che parte da Dio, e passa attraverso “il mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù”, per trovare poi una realizzazione attraverso il ministero apostolico. Il tutto è componente del piano di Dio, che “vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità”.
Paolo ha la consapevolezza di essere “stato fatto messaggero e apostolo” di questo piano divino. Egli dà a sé stesso il titolo di “maestro dei pagani nella fede e nella verità”. “Che tutti gli uomini siano salvati”: è l’affermazione più semplice e più consolante di quella che noi abbiamo poi chiamato la volontà salifica universale di Dio. E’ una volontà che certo si realizza attraverso impegno e compimento di condizioni di ogni genere: ma è volontà di Dio e noi siamo fiduciosi che si realizzi nonostante ogni ostacolo. O Signore, che ottieni tutto ciò che vuoi, non darti pace finché anche il più brutto e cattivo dei tuoi figli non trova la forza di abbandonarsi al tuo santo amore, alla tua santa volontà.
La parabola che ci viene incontro dal vangelo di san Luca sembra provenire da un narratore molto semplice e concreto. C’era allora, come ci sono adesso, amministratori di beni altrui onesti e altri disonesti. Anche per questi viene il momento della resa dei conti e quando si deve rispondere di molte malefatte non resta che tentare il tentabile. Certo che il padrone si accorge dei nuovi ‘truschini’ combinati da quel tipo, ma ciononostante riconosce che l’ha fatta da furbo. E qui Gesù scopre subito le sue carte: che cosa vuol dire questa faccenda? “Fatevi amici con la ricchezza disonesta”. E poi, con parole chiarissime: “Non potete servire Dio e la ricchezza”. E’ proprio questo il punto: la ricchezza entra facilmente in concorrenza con Dio e occorre tanta forza per decidere: tra il vero Dio e il Figlio suo Gesù e il falso ‘dio’, che tiranneggia il mondo.
Certo non dimenticherò mai tutte le loro opere
Detta da un profeta dell’Antico Testamento, questa affermazione sembrerebbe fondare una motivazione del timore, ma non mi sembra che sia l’intenzione del Signore nel pronunciarla. Un minimo di riflessione ci fa dire che non può essere che così: sono consapevole, Signore, che tu non dimentichi. Per questo motivo siamo certi che nel giudizio di Dio ciò che è falso non avrà nessuna speranza di imporsi. Per fortuna, perché ‘falso’ e ‘bene’ non possono mai coincidere. Lasciamo dunque giudicare dal Signore; quando siamo disperati, solo Lui non inganna e continua ad attenderci a braccia larghe.
Vostro Don Giuseppe Ghiberti