Domenica 2-10-2022 – XXVII Domenica T.O. – Anno C – Settimanale AMCOR
Cari soci e amici dell’Amcor,
le letture di questa domenica 2-10-2022 ci parlano, con forza e al presente, della violenza tra le nazioni nonchè del tema, sempre arduo, della fede.
La prima lettura riporta un brano del dialogo tra il profeta Abacuc e Dio. Probabilmente i fatti riportati nel brano fanno riferimento alla violenza e all’oppressione causata dai Caldei. Siamo nel 605 a.C. ove, con la battaglia di Carchemis, il vicino oriente viene conquistato da Nabucodonosor. Il re che nel 597 a.C. pose il primo assedio a Gerusalemme. Siamo, dunque, circa nell’epoca in cui scrisse anche il profeta Geremia. Don Giuseppe ci ricorda che: “Abacuc non era nato profeta – e avrebbe fatto anche a meno di diventarlo.”
Le parole di Abacuc si alzano con forza verso Dio:
“Fino a quando, Signore, implorerò aiuto
e non ascolti,
a te alzerò il grido: “Violenza!”
e non salvi ?
Perché mi fai vedere l’iniquità
e resti spettatore dell’oppressione?
Ho davanti a me rapina e violenza
e ci sono liti e si muovono contese. “ (Ab 1, 2-3)
Dio risponde: “Ecco, io faccio sorgere i Caldei, popolo feroce e impetuoso…” (Ab 1, 6)
Abacuc continua a interrogare appassionatamente il suo Dio:
“Non sei tu fin da principio, Signore, il mio Dio, il mio Santo? (Ab 1,12)
E il Signore risponde a Abacuc: “… Scrivi la visione e incidila bene sulle tavolette, perché la si legga speditamente. E’ una visione che attesta un termine, parla di una scadenza e non mentisce; … Ecco soccombe colui che non ha l’animo retto, mentre il giusto vivrà per la sua fede”. (Ab 1,2-4)
Dio scaglia cinque maledizioni contro l’oppressore e Abacuc terminerà la sua visione con un canto di gioia: “Ma io gioirò nel Signore, esulterò in Dio mio salvatore. Il Signore Dio è la mia forza, …. (Ab 3,18-19)
Abacuc parla in un momento di guerra: tutte le guerre vivono di sopraffazioni, di massacri, di ingiustizie. Stiamo vivendo in un contesto storico di guerra e non sappiamo come andrà a finire.
Al grido di Abacuc però Dio dice che questa situazione ha una scadenza: Dio è padrone del tempo.
Dio afferma, inoltre, che “il giusto vivrà per la sua fede” tema questo che sarà centrale anche in San Paolo.
Abacuc alla fine potrà dire “esulterò in Dio mio salvatore.” Affermazione quest’ultima che risuonerà anche nel “Magnificat” di Maria.
San Paolo, nella lettera a Timoteo, ricorda al suo collaboratore che: “ tutto ciò che il discepolo ha ricevuto sono “la fede e l’amore che sono in Cristo Gesù”, ed è tutto da custodire “mediante lo Spirito Santo che abita in noi”.” La fede e l’amore si ricevono e si custodiscono abbandonandoci allo Spirito.
Don Giuseppe ci ricorda, infine, che: “Nel vangelo, da Luca, vediamo Gesù, circondato dagli apostoli, che gli chiedono: “Accresci in noi la fede”.”
Ed è questa la preghiera, il grido che sgorga costantemente dal nostro cuore affaticato perché la fede è cammino.
Don Giuseppe ci ricorda anche che: “il vangelo non è possibile leggerlo solo a pezzetti. Qui Gesù ci ricorda che dobbiamo ubbidirgli senza alcuna pretesa. “Siamo servi inutili”: è certamente la più fondamentale verità.”
“Siamo servi inutili” e questa coscienza ci porta all’abbandono nelle braccia del Signore. Il cammino della fede, per il quale i mistici ci sono da guida, ha senso nella consapevolezza che la fede è dono a cui corrispondere e che il fine della nostra vita è la contemplazione di Dio nell’amore per lui e i fratelli.
Il salmo ci invita alla lode e al grazie a Dio, Questo Salmo è un impegno a non indurire il cuore come a Meriba (che significa disputa inutile) e a Massa (che significa tentazione).
Venite, cantiamo al Signore, /
acclamiamo la roccia della nostra salvezza. /
Accostiamoci a lui per rendergli grazie, /
a lui acclamiamo con canti di gioia. /
Entrate: prostràti, adoriamo, /
in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti. /
È lui il nostro Dio /
e noi il popolo del suo pascolo, /
il gregge che egli conduce. /
Se ascoltaste oggi la sua voce! /
«Non indurite il cuore come a Merìba, /
come nel giorno di Massa nel deserto, /
dove mi tentarono i vostri padri: /
mi misero alla prova /
pur avendo visto le mie opere». (Salmo 95/94 6-9)
Invochiamo con forza il Signore per ottenere la pace. Accettiamo di sentirci “servi inutili” nell’abbandono alla Sua volontà.
Insieme a Don Giuseppe, Suor Maia Clara, Mariella, Patrizia e tutto il Consiglio, uniti nella invocazione per la pace, Vi invio un grande abbraccio.
Contardo Codegone
Nota: Ricordo che martedì prossimo 4 ottobre 2022, primo martedì del mese, alle ore 18,00, ci sarà la Santa Messa celebrata da Don Giuseppe presso la Chiesa del SS: Sudario, incrocio di Via Piave con Via San Domenico.
XXVII Domenica t. Ord. C
2. 10. 22
Letture: Ab 1, 2-3; 2, 2-4; 2 Tm 1, 6-8. 13-14; Lc 17, 5-10
Abacuc non era nato profeta – e avrebbe fatto anche a meno di diventarlo. Ma il Signore ha un… garbo particolare nel chiedere l’assenso ai suoi collaboratori. Comanda e basta: “Perché mi fai vedere l’iniquità e resti spettatore dell’oppressione?”. Ma l’assenza del Signore è solo apparente. Lui ha i suoi tempi, la sua “scadenza”: “Se indugia, attendila, perché certo verrà e non tarderà”. Ed ecco il grande principio, che darà tanta luce, assieme a motivi di discussione, nei secoli: “il giusto vivrà per la sua fede”.
San Paolo ha un particolare rapporto col suo discepolo e collaboratore Timoteo. L’ha incontrato in una comunità ebraica dell’Asia Minore, l’ha fatto cristiano e gli ha dato, in più, “il dono di Dio, che è in te mediante l’imposizione delle mie mani”. Al dono corrisponde il compito: “dare testimonianza al Signore nostro”. E segue – a modo di incarico – la partecipazione alla missione dello stesso Paolo: “con la forza di Dio soffri con me per il vangelo”. Paolo ha addirittura il coraggio di proporre “come modello i sani insegnamenti che hai udito da me”. Ma è evidente che non dà del suo: tutto ciò che il discepolo ha ricevuto sono “la fede e l’amore che sono in Cristo Gesù”, ed è tutto da custodire “mediante lo Spirito Santo che abita in noi”.
Nel vangelo, da Luca, vediamo Gesù, circondato dagli apostoli, che gli chiedono: “Accresci in noi la fede”. Lui risponde affermando la necessità della fede, ma anche la sua efficacia. In ogni caso, la fede operante è la risposta del servo riconoscente al padrone, che ha tutti i diritti di essere ubbidito. Questo è uno dei tipici casi di insegnamento incompleto: chi si limita a queste righe, a prima vista non riporta un grande affetto per quel padrone che ha solo diritti. Ma il vangelo non è possibile leggerlo solo a pezzetti. Qui Gesù ci ricorda che dobbiamo ubbidirgli senza alcuna pretesa. “Siamo servi inutili”: è certamente la più fondamentale verità. Ma sappiamo anche che per una mamma non c’è niente di più caro di quel che combina il suo bambino “inutile”.
Soccombe colui che non ha l’animo retto, mentre il giusto vivrà per la sua fede
Non è una sentenza dogmatica, bensì un insegnamento pratico. Supponiamo che ci siano due individui: il primo, magari, con tutte le caratteristiche della persona per bene, ma anche con la capacità straordinaria di vedere sempre, immediatamente, quanto conviene a lui: hanno un bell’emergere tutte le evidenze dei danni che deriverebbero ad altri – soprattutto al fratello (dal singolo all’… intera nazione) -, ma la scelta cadrà sul suo esclusivo interesse. Il giusto potrà, ad es., sapere che la scelta di non impugnare le armi lo porterà alla fucilazione, ma la sua scelta è per quel comportamento che imita quello del Redentore. Alla croce di questo si aggiunge la fucilazione del discepolo, ma è avvenuto il grande miracolo della perfetta imitazione di Cristo. E sarà stato un oscuro, reale, contributo alla vita.
Vostro Don Giuseppe Ghiberti