Domenica 15-1-23 – II Tempo Ordinario A – Settimanale AMCOR
Cari soci e amici dell’Amcor,
le letture di questa domenica 15-1-2023 – 2^ tempo ordinario A – sono collegate dal filo rappresentato dall’universalismo della missione di salvezza del Signore.
Il primo brano è tratto dal profeta Isaia.
Come già detto abbiamo un Isaia storico (proto-Isaia) vissuto tra il 765 a.C. e il 700 a.C., periodo di espansione della presenza assira. E’ il grande Isaia per il suo ruolo politico, per lo splendore del suo stile, per la forza delle sue composizioni, per l’intensità del suo messaggio religioso.
Vi è poi un secondo Isaia (Deutero-Isaia) collocato storicamente a Babilonia tra le prime vittorie del persiano Ciro il Grande (550 a.C.) e l’editto liberatore che consentì il ritorno (538 a.C.). In questo contesto significative sono le prime parole del suo libro: “Consolate, consolate il mio popolo (Is 40,1). Questo libro è, infatti, detto “Il libro della consolazione di Israele”. Questo libro include anche i quattro “Canti del servo”, servo che è il mediatore della salvezza futura in ottica messianica.
Vi è poi un terzo Isaia (Trito-Isaia), contemporaneo alla ricostruzione del tempio verso il 520 a.C., caratterizzato da un forte carattere apocalittico. Inizia con il canto allo splendore di Gerusalemme (Is 60) a cui guarderanno tutte le genti (Is 62).
Il brano di Isaia per la liturgia di oggi è tratto dal secondo “canto del servo” (Deutero-Isaia). Don Giuseppe ci spiega che il canto: “narra la vocazione di Israele … ‘ricondurre a lui… restaurare le tribù di Giacobbe’. Ma poi il limite della destinazione al solo popolo d’Israele gli sembra troppo ristretto e lo allarga: ‘Ti renderò luce delle nazioni perché porti la mia salvezza fino alle estremità della terra’. L’interesse di questo brano, breve ma assai noto, mi pare consistere nell’universalismo della sua missione.” Alla venuta di Gesù è stato naturale vedere in Lui il servo per eccellenza, per il suo ruolo e per le sue sofferenze.
Il brano di San Paolo è tratto dalla prima lettera ai Corinti.
Siamo stati pellegrini in Grecia nel 2017, fermandoci anche a Corinto dove leggemmo alcuni brani delle epistole dirette a quella comunità. Corinto era una delle più importanti città commerciali dell’antichità con due porti uno sul mare Ionio e l’altro sull’Egeo, porti collegati da una via lastricata e oggi connessi da un istmo. Corinto fu conquistata e distrutta dai romani nel 146 a.C. e fatta ricostruire da Giulio Cesare nel 44 a.C. Divenne, sotto Augusto, capitale della provincia senatoriale dell’Acaia. Anche dopo la ricostruzione romana Corinto rimane una città particolarmente opulenta e caratterizzata da uno stile di vita licenzioso.
Paolo giunge a Corinto probabilmente nella primavera del 50 d.C.
Nel brano della liturgia di oggi Paolo, iniziando la sua corrispondenza, presenta se stesso e i destinatari della sua lettera. Don Giuseppe mette in evidenza come Paolo indichi: “i suoi destinatari di Corinto (‘coloro che sono stati santificati in Gesù Cristo’), allargando poi a ‘tutti quelli che in ogni luogo invocano il nome del Signore…’.” Nuovamente è richiamata la dimensione universalistica del messaggio di salvezza.
Don Giuseppe, padre e maestro, ci presenta il brano del Vangelo di Giovanni dedicato “all’incontro, di almeno due giorni, di Gesù con il Battista.” Proseguendo Don Giuseppe ci spiega che: “…il Battista pronuncia uno dei densissimi titoli che alzano un poco il velo del mistero della persona di Gesù: ‘Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo’.” Anche qui l’orizzonte della missione di salvezza di Gesù è il “mondo”. Questo “peccato del mondo”, rappresentato dalle “tenebre”, Gesù, l’agnello, lo toglie.
Il Salmo è un inno di ringraziamento perché ascoltando il “mio grido” il Signore mi ha messo sulla bocca “un canto nuovo”.
Rit. Ecco, Signore, io vengo per fare la tua volontà.
Ho sperato, ho sperato nel Signore, /
ed egli su di me si è chinato, /
ha dato ascolto al mio grido. /
Mi ha messo sulla bocca un canto nuovo, /
una lode al nostro Dio. /
Sacrificio e offerta non gradisci, /
gli orecchi mi hai aperto, /
non hai chiesto olocausto né sacrificio per il peccato. /
Allora ho detto: «Ecco, io vengo». /
«Nel rotolo del libro su di me è scritto /
di fare la tua volontà: /
mio Dio, questo io desidero; /
la tua legge è nel mio intimo». /
Ho annunciato la tua giustizia /
nella grande assemblea; /
vedi: non tengo chiuse le labbra, /
Signore, tu lo sai. (Sal 40/39, 2.4ab; 7-8a; 8b-9; 10)
La nostra speranza è proprio di poter cantare, in questo nostro presente, “un canto nuovo”, “una lode al nostro Dio”.
Insieme a Don Giuseppe, Suor Maria Clara, Mariella, Patrizia e tutto il Consiglio ci uniamo in preghiera per la pace, per la Chiesa, per il nostro cammino di fede.
Contardo Codegone
P.S.
- Ricordo l’incontro di formazione sabato 28 gennaio 2023, ore 15,30, presso la Consolata tenuto da Mons. Savarino sui primi secoli cristiani. Segue Santa Messa e cena fraterna.
- Segnalo l’articolo di Don Giuseppe su “La Voce e il Tempo” di domenica 8 gennaio 2023 dal titolo: “Storia di un Papa che aveva sognato di studiare”.
- Ricordo che riprenderemo le nostre Sante Messe del primo martedì del mese il 7 marzo 2023.
II domenica. t. ord. A – 15 gennaio 2023
Letture: Is 49, 3.5-6; 1 Cor 1, 1-3; Gv 1, 29-34
Questa parte del libro del profeta Isaia si chiama “Deuteroisaia” ed è nota in particolare per i cosiddetti quattro “carmi del servo di Adonai” presenti in essa. Il secondo, che leggiamo oggi, narra la vocazione di Israele, con riferimento a tutto il popolo. Il Signore lo chiama “mio servo” e spiega quale è la missione che gli affida: “ricondurre a lui… restaurare le tribù di Giacobbe”. Ma poi il limite della destinazione al solo popolo d’Israele gli sembra troppo ristretto e lo allarga: “Ti renderò luce delle nazioni perché porti la mia salvezza fino alle estremità della terra”. L’interesse di questo brano, breve ma assai noto, mi pare consistere nell’universalismo della sua missione. Proprio i caratteri di questa missione dovranno aprire gli orizzonti dell’attesa dei frutti (della “mia salvezza”) che saranno prodotti da questo servo, per tutto il mondo.
San Paolo, iniziando la sua corrispondenza con i suoi cristiani della comunità di Corinto, presenta velocemente sé stesso (“chiamato a essere apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio”) e i suoi destinatari di Corinto (“coloro che sono stati santificati in Gesù Cristo”), allargando a “tutti quelli che in ogni luogo invocano il nome del Signore” l’augurio di “grazie e pace”. Il quadro è molto semplice, con i due protagonisti interlocutori: Paolo e la sua comunità, con un senso di appartenenza reciproca, che nei secoli sarà destinata a diventare, purtroppo, sempre più difficile. Ma il credente è invitato a ricuperarne la consapevolezza e, nel procedere della lettura, a confermarne l’accettazione.
Il vangelo di Giovanni inizia con il solennissimo prologo (che oggi non viene letto), per passare subito a una sezione, breve ma assai significativa, dedicata all’incontro, di almeno due giorni, di Gesù con il Battista. Il nostro evangelista è molto attento al rapporto che intercorre – soprattutto al loro primo incontro – tra i due grandi personaggi. Già prima che arrivi Gesù, il Battista risponde all’interrogazione su chi dica lui di essere, rifiutando (nell’originale greco, difficile da rendere in italiano) di dire “io sono” (difatti al v. 21 nel greco risponde a quei che, venuti apposta da Gerusalemme, lo interrogavano: “io.. voce di uno che grida”. Solo in Gesù si trova l’uso della definizione “io sono…”). L’incontro con Gesù avviene “il giorno dopo” e il Battista pronuncia uno dei densissimi titoli che alzano un poco il velo del mistero della persona di Gesù: “Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo”. La testimonianza di Giovanni, che egli rende con la luce di “colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua”, manifesta la testimonianza ricevuta dall’alto su Gesù, “colui… che battezza nello Spirito Santo” e che è, lui stesso “il Figlio di Dio”.
Ecco l’agnello di Dio… che toglie il peccato del mondo
Chiediamo al Signore il dono di avvertire la ricchezza inesauribile del racconto che ci è stato offerto. Lasciamo che gli esegeti si impegnino in sempre nuove ricerche su questa misteriosa vicenda e seguiamoli per sfruttare i risultati di queste ricerche. Intanto però offriamo al Signore che ci parla “udito d’amore”, per non lasciarci distrarre. Gesù, dopo questo incontro, incomincerà subito il suo cammino, in compagnia di un gruppo di discepoli, che crescono lentamente e alla fine della prima settimana darà a Cana il segno (il primo!) della sua gloria. Di dietro le spalle dei suoi discepoli lo guarderemo con sguardo d’amore e gli diremo tutta la nostra affettuosa fiducia. E gli chiederemo che insieme alla sua rivelazione ci conceda anche la grazia di goderne, ascoltandola, facendole spazio vivo nella nostra vita.
Vostro Don Giuseppe Ghiberti
Trovate tutte le omelie di don Giuseppe al seguente link:
http://www.amcor-amicichieseoriente.org/approfondimenti/il-settimanale-di-don-giuseppe/