Domenica 26-2-23 – I Quaresima A – Settimanale AMCOR
Cari soci e amici dell’Amcor,
le letture di questa domenica 26-2-2023, prima domenica di Quaresima A, sono collegate dal filo della tentazione, dalla presenza del male in noi stessi e nella storia, dalla misericordia di Dio.
La tentazione di Adamo ed Eva, il loro peccato, è simbolo di tutti i peccati che nascono dal senso di autosufficienza, dall’allontanamento da Dio.
Quaresima: quaranta anni di lotta di Israele nelle solitudini del deserto, quaranta giorni e notti di digiuno nel deserto da parte di Gesù “per essere tentato dal diavolo”.
I primi capitoli del Genesi sono lo sfondo universale su cui si svilupperà la vicenda del popolo di Israele ed insieme la storia dell’umanità.
Il Pentateuco (i primi cinque libri della Bibbia) che inizia, in Genesi, con la creazione del mondo, termina, in Deuteronomio, con la morte di Mosè alle soglie della terra promessa.
E’ lì che Mosè pronuncia i tre discorsi nei quali sono fissate le condizioni di fedeltà e di obbedienza che il popolo dovrà osservare per essere benedetto da Dio, per possedere la terra che gli è stata assegnata.
Il Pentateuco si conclude, dunque, con l’immagine di una terra che resta promessa, una terra non ancora posseduta.
La narrazione della tentazione di Gesù, “condotto dallo Spirito nel deserto”, suggerisce il permanere delle tentazioni per tutta la vita di Gesù ed anche per tutta la nostra vita. Le tentazioni di Gesù nel deserto, e la sua risposta data con la Parola di Dio (“Sta scritto”), sono le nostre tentazioni e insieme l’indicazione di quali debbano essere le nostre scelte.
Don Giuseppe ci invita a non scoraggiarci di fronte al male e alla tentazione: “Non dobbiamo illuderci di camminare su un letto di petali di rose, ma non dobbiamo neppure perder la fiducia: Gesù, il Figlio del Padre e fratello di tutti noi, porta con noi il peso di tutte le difficoltà della vita.”
Con questa fiducia Don Giuseppe ci dice che: ‘San Paolo, nella Lettera ai Romani, sta contemplando la situazione attuale dell’uomo (che ha ereditato il peccato e la morte), per proseguire con l’assicurazione, per tutti, della grazia della “giustificazione che dà vita”.’
Nel Vangelo di Matteo, quando il diavolo lasciò Gesù dopo averlo tentato “gli angeli si avvicinarono e lo servirono.” Don Giuseppe ci dice: “E’ evidente, davvero, la costante preghiera degli angeli (già intervenuti, in modo grandioso, al tempo degli inizi della presenza di Gesù in terra), a conferma della natura divina del Figlio, ma questo non deve farci dimenticare le componenti estremamente impegnative del comportamento umano di Gesù. La narrazione evangelica non smetterà di evidenziare le difficoltà umane nelle quali si è ininterrottamente dibattuta l’opera di Gesù.”
La liturgia in questo nostro cammino ci invita a cantare il Salmo penitenziale che Davide intonò quando il profeta Natan andò da lui che era stato con Betsabea.
E’ una richiesta di misericordia, una preghiera per ottenere la gioia della salvezza.
RIT: Perdonaci, Signore: abbiamo peccato.
Pietà di me, o Dio, nel tuo amore;
nella tua grande misericordia
cancella la mia iniquità.
Lavami tutto dalla mia colpa,
dal mio peccato rendimi puro.
Sì, le mie iniquità io le riconosco,
il mio peccato mi sta sempre dinanzi.
Contro di te, contro te solo ho peccato,
quello che è male ai tuoi occhi, io l’ho fatto.
Crea in me, o Dio, un cuore puro,
rinnova in me uno spirito saldo.
Non scacciarmi dalla tua presenza
e non privarmi del tuo santo spirito.
Rendimi la gioia della tua salvezza,
sostienimi con uno spirito generoso.
Signore, apri le mie labbra
e la mia bocca proclami la tua lode. (Sal 51/50)
Nel nostro faticoso cammino di fede, tentati dal male spirituale e fisico, chiediamo al Signore la forza perché le nostre labbra si aprano per proclamare la sua lode.
Pur con le lacrime che, talora, rigano il volto chiediamo con forza al Signore la “gioia della sua salvezza.”
Con Don Giuseppe, Suor Maria Clara, Mariella, Patrizia e tutto il Consiglio sentiamoci uniti nella preghiera particolarmente con quanti soffrono per la guerra, per il terremoto, per le malattie, per l’angoscia che turba l’animo.
Contardo Codegone
P.S.
Confermo la nostra Assemblea per il sabato 25 marzo 2023 e i nostri Esercizi Spirituali per il 14-15-16 aprile 2023 a Susa.
Sono momentaneamente sospese le S. Messe del primo martedì del mese
I Dom. Quaresima A – 26. 2. 23
Letture: Gn 2, 7-9. 3,1-7a; Rm 5, 12-19; Mt 4, 1-11
Incomincia il periodo liturgico particolarmente importante della “quaresima”. Il nome porta chiaro il riferimento al numero ‘quaranta’ (40). Per noi si ricollega al periodo di quaranta giorni trascorsi da Gesù nel deserto, in rigoroso digiuno e continua preghiera, tentato dal demonio, come ci ricorderà il brano evangelico di oggi. Lui si preparava a dar inizio al tempo esclusivamente dedicato alla predicazione, nella consapevole prospettiva della sua passione e morte violenta. Noi siamo invitati a imitare il suo cammino, in preparazione della nostra Pasqua. L’inizio è molto impegnativo, severo, ma non si esaurisce nello scontro con il demonio, bensì nella gioia e il trionfo della risurrezione di Gesù. Certo noi stessi continueremo, nel nostro cammino sulla terra, a fare i conti con la presenza demoniaca della tentazione. Non dobbiamo illuderci di camminare su un letto di petali di rose, ma non dobbiamo neppure perder la fiducia: Gesù, il Figlio del Padre e fratello di tutti noi, porta con noi il peso di tutte le difficoltà della vita. Lo preghiamo – con la sua Mamma – di tenerci stretti e non lasciarci mai, soprattutto quando stiamo uscendo dalla strada giusta.
La Genesi, proprio all’inizio della Bibbia, dopo il racconto della creazione di tutte le creature irragionevoli, ci presenta l’uomo, creato da Dio insieme alla donna e posto nel “giardino in Eden”: Dio gli permette il godimento di tutto quanto vi si trova, però si riserva i frutti dell’“albero della vita”. Ma il serpente, creatura astuta e malvagia, convince la donna a mangiare dei frutti dell’albero: “non morirete affatto, anzi… si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio”. Lei cede, mangia e trasmette la tentazione ad Adamo “e anch’egli ne mangiò”. Primo effetto di questa trasgressione è la perdita dell’equilibrio originale: “si accorsero di essere nudi” e sentirono il bisogno di un vestito (rimediato intrecciando foglie di fico!). E’ l’inizio del disordine nei rapporti con Dio e la creazione.
San Paolo, nella Lettera ai Romani, sta contemplando la situazione attuale dell’uomo (che ha ereditato il peccato e la morte), per proseguire con l’assicurazione, per tutti, della grazia della “giustificazione che dà vita”. Infatti vige un regime di solidarietà nel male (di qui “la condanna” su tutti “per la caduta di uno solo”) e nel bene: “per l’ubbidienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti”. Per il ragionamento di Paolo è importante di rapporto di uno per tutti, perché da una parte si spiega come la sorte di Adamo sia applicata a tutta la sua discendenza ma anche, dall’altra parte, come la vicenda di Gesù (nuovo Adamo) venga applicata a tutti “quelli che ricevono l’abbondanza della grazia e del dono della giustizia”. E’ tratteggiato così un quadro della storia, a patire dal peccato del progenitore, ripetuto in ognuno dei suoi discendenti, ma capovolto “molto di più dal dono concesso in grazia di un solo uomo Gesù Cristo”. Ognuno di noi partecipa di questa storia.
Il vangelo di Matteo ci riporta oggi il racconto delle tentazioni di Gesù nel deserto, al termine dei quaranta giorni di digiuno. Da vero uomo, dopo tanta penitenza Gesù “alla fine ebbe fame”. Ne approfitta “il tentatore”, che gli si avvicina e gli parla. All’insuccesso delle sua proposte egli cambia gli oggetti della tentazione, mantenendo però lo schema della proposta di ribellione. Per due volte incomincia con il condizionale: “Se tu sei figlio di Dio”. Evidentemente è questo che gli sta a cuore. Ma deve avere un concetto strano del “Figlio di Dio”, se gli propone prima di procurarsi miracolosamente il cibo, poi di gettarsi giù da una alto punto del recinto del tempio e alla fine addirittura che Gesù, il sospettato figlio, si lasci indurre ad adorare il nemico. La genialità demoniaca ha evidentemente qualche crepa. Di fatto Gesù non si scompone e contrappone sempre ciò che “sta scritto” per affermare il primato assoluto di Dio: “Il Signore Dio tuo adorerai: a lui solo renderai culto”. Allora finalmente “il diavolo lo lasciò”; ma non sarà un allontanamento per la pace, perché in tutto il periodo della sua predicazione Gesù sarà in ogni modo contrastato dalle iniziative del nemico. Il demonio ha molti alleati.
Ed ecco degli angeli si avvicinarono e lo servivano
La frase riportata in grassetto conclude tutto il racconto delle tentazioni, ma non deve essere interpretata scorrettamente. E’ evidente, davvero, la costante preghiera degli angeli (già intervenuti, in modo grandioso, al tempo degli inizi della presenza di Gesù in terra), a conferma della natura divina del Figlio, ma questo non deve farci dimenticare le componenti estremamente impegnative del comportamento umano di Gesù. La narrazione evangelica non smetterà di evidenziare le difficoltà umane nelle quali si è ininterrottamente dibattuta l’opera di Gesù. Egli non ha avuto nulla di più facile che ognuno di noi, anche se sopportato in circostanze e con modalità diverse. Non è veramente esagerato guardare a Gesù come al modello ineffabile del comportamento del Figlio.
Vostro don Giuseppe Ghiberti
Trovate tutte le omelie di don Giuseppe al seguente link:
http://www.amcor-amicichieseoriente.org/approfondimenti/il-settimanale-di-don-giuseppe/