Domenica 7-5-23 – V di Pasqua A – Settimanale AMCOR
Cari soci e amici dell’Amcor,
le letture di questa domenica 7 maggio 2023 ci preparano al culmine del mistero pasquale ossia al dono, promesso direttamente da Gesù, dello Spirito Santo nella Pentecoste.
Don Giuseppe ci guida precisando che: “questa promessa avviene non solo al futuro ma già al presente, ed è la realtà della Chiesa, con i suoi carismi variamente distribuiti, la sede in cui questi doni raggiungono i singoli credenti.”
Avendo questa visione davanti possiamo sentire come le letture di oggi ci accompagnano nei primi passi della Chiesa con la scelta dei sette che devono aiutare gli Apostoli.
Luca non dà ai sette proseliti il nome di Diaconi però il termine ‘servizio’ (in greco ‘diakonia’) è adoperato ripetutamente.
Giunge fino a noi, da quei primi passi, non solo l’esigenza di una più efficiente organizzazione del servizio, ma forse anche l’eco di un dibattito più profondo tra i discepoli di lingua greca e quelli di lingua ebraica.
Il percorso della fede richiede perseveranza nell’ascolto della Parola, ma anche pazienza nella ricerca, nel cammino per interpretare e vivere la Parola.
E’ questo cammino che Pietro nella sua prima epistola ci invita a percorrere come stirpe eletta “popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere ammirevoli di lui …”
Don Giuseppe ci guida, infine, nella lettura e meditazione del brano del Vangelo di Giovanni. Questo evangelista, al quale Don Giuseppe ha dedicato tanta parte della sua vita, “ha scritto i discorsi di addio più famosi di tutta la Bibbia.”
Giovanni presentando Gesù in dialogo con Tommaso e con Filippo apre il discorso anche a tutti noi. Le domande “non sappiamo dove vai?” e “mostraci il Padre e ci basta” sono anche le nostre domande. Ed ecco allora che poco più avanti, rispetto al punto nel quale si ferma il brano di oggi, compare la persona del Paraclito (Giov 14, 16), lo “Sprito Santo che il Padre manderà nel mio nome.”
Ecco perché Don Giuseppe può concludere: “Non lamentiamoci perché questo discorso non è chiaro: accontentiamoci di quanto ci lascia intuire: la nostra esistenza è destinata a fiorire …”
Il Salmo, che possiamo considerare un inno cosmico sulla potenza creatrice di Dio, ci invita ora anche alla contemplazione del mistero di Dio che è rettitudine, fedeltà, giustizia.
Dio veglia dall’alto, il suo occhio è su chi lo teme. Questo Salmo ci invita, dunque, alla speranza nell’amore di Dio, alla speranza di essere nutriti in tempo di fame.
RIT: Il tuo amore, Signore, sia su di noi: in te speriamo.
Esultate, o giusti, nel Signore;
per gli uomini retti è bella la lode.
Lodate il Signore con la cetra,
con l’arpa a dieci corde a lui cantate.
Perché retta è la parola del Signore
e fedele ogni sua opera.
Egli ama la giustizia e il diritto;
dell’amore del Signore è piena la terra.
Ecco, l’occhio del Signore è su chi lo teme,
su chi spera nel suo amore,
per liberarlo dalla morte
e nutrirlo in tempo di fame. (Sal 33/32)
Sentiamoci uniti da questa speranza nell’amore di Dio che veglia su di noi. Il nostro cammino è accidentato, il dolore lo rende talora veramente difficile, eppure, alzando lo sguardo dobbiamo saper vedere per noi e per chi ci è vicino, per tutta l’umanità, l’occhio del Signore su chi spera nella sua grazia.
Insieme a Don Giuseppe, Suor Maria Clara, Mariella, Patrizia e tutto il Consiglio sentiamoci uniti nella preghiera e nella speranza.
Contardo Codegone
Settimanale AMCOR
7 – 5 – 2023 Dom. V di Pasqua A
Vado a prepararvi un posto
Letture: Atti 6, 1-7; 1Pt 2, 4-9; Gv 14, 1-12 – Il tempo pasquale ci ha fatto il regalo, all’inizio, di letture evangeliche direttamente legate agli avvenimenti pasquali. Ora la liturgia progressivamente ci prepara a quello che è comunque il culmine del mistero pasquale: il dono dello Spirito (nella Pentecoste). Sappiamo già che lo Spirito è la presenza di Gesù quando Gesù è assente ed è stato Gesù stesso a farne la promessa, per prepararci alla sua venuta e poi per concedercelo. La realizzazione di questa promessa avviene non solo al futuro ma già al presente, ed è la realtà della Chiesa, con i suoi carismi variamente distribuiti, la sede in cui questi doni raggiungono i singoli credenti.
Qualche insegnamento dalle letture: tutti gli evangelisti prestano attenzione alla realtà della vita di quanti, durante l’attesa di Gesù, devono fare i conti con un quotidiano alle prese con difficoltà continue. Giovanni semina questi insegnamenti già nel corso del suo intero racconto, ma in particolare quando Gesù si confida con i discepoli, al temine della sua attività pubblica, nei cosiddetti ‘discorsi d’addio’. Le letture liturgiche di oggi ci offrono una serie di questi insegnamenti. Nel vangelo, all’inizio dei “discorsi d’addio”, Gesù pronuncia la famosa frase: “Io sono la via, la verità, la vita”. Negli Atti degli Apostoli la comunità primitiva dei cristiani si arricchisce di un servizio prezioso: quello dei sette, che possiamo chiamare ‘protodiaconi’, e che eseguiranno servizi preziosi alla comunità stessa, di natura più pratica ma non meno indispensabile. San Pietro nella sua Lettera ci parla del servizio che ognuno di noi, discepoli credenti, deve svolgere, come componente di quel ‘sacerdozio regale’ affidato a “voi che credete”: perché il privilegio non è imposizione ma proposta di collaborazione.
Vado a prepararvi un posto:
San Giovanni ha scritto i discorsi di addio più famosi di tutta la Bibbia. Siamo alla fine del pasto tanto significativo dell’ultima cena; Giuda è appena uscito dal cenacolo e Gesù, davanti agli apostoli sempre più smarriti, apre il suo cuore per fare confidenze sempre più trepidanti. Se vogliamo leggerli con una certa continuità, prendiamo prima il capitolo 14 (magari incominciando dalla fine del cap. 13, subito dopo la partenza di Giuda: 13,31-38), poi il 15 e 16 e alla fine il 17. I primi due blocchi riportano un dialogo di Gesù con i discepoli, il terzo un dialogo direttamente con Dio (è la più lunga preghiera di Gesù che noi conosciamo). Ma di vero dialogo (con partecipazione attiva degli interlocutori) si può parlare solo per il nostro brano; poi sarà Gesù che procede da solo nelle sue confidenze e raccomandazioni agli apostoli, riguardanti un futuro che a loro deve sembrare sempre più sorprendente e inquietante. E noi, come lettori, non siamo semplici comparse, perché il vangelo, e Gesù che parla, vogliono coinvolgere noi come furono coinvolti allora gli apostoli – anche se probabilmente non capiremo più di loro.
Quando si dice addio a una persona è perché ci si lascia, e Gesù ha introdotto questo tema subito dopo la partenza di Giuda, alla fine della cena (13,33), e ora lo riprende con l’esortazione “non sia turbato il vostro cuore” (14,1). E subito è enunciato un motivo consolatorio: Gesù va nella misteriosa casa del Padre suo, dove ci sono molti posti e lui ne prepara uno per noi, che aspetteremo finché Gesù ritorna per venirci a prendere con lui (v. 3). Certo, per arrivarci bisogna conoscere la via, ma Gesù dice che la conosciamo. Si fa in fretta a dirlo, ma Tommaso – che sarà magari noioso ma non è sprovveduto – obietta: “non sappiamo dove vai”. Nella risposta di Gesù arriva il momento culmine: “Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me”. E così è chiaro: il ‘dove’, in cui Gesù è andato per prepararci un posto è il Padre stesso. E la strada per giungere in quel luogo è proprio Gesù.
Ma al sentire la reazione degli apostoli non si direbbe che la cosa risultasse chiara. Infatti Filippo – uno dalla domanda facile – domanda proprio: “Mostraci il Padre e ci basta” e Gesù ribatte: “Chi ha visto me ha visto il Padre… Io sono nel Padre e il Padre è in me”. Non è evidentemente finito il discorso, se Gesù sente la necesità di tagliare corto: “Se non altro, credetelo per le opere stesse”. Sembra che siamo planati in modo poco glorioso, ma non è così, perché tutto il discorso ci sta aprendo scenari d’orizzonte infinito. Poco per volta si avverte la presenza di una misteriosa ma reale “famiglia divina”: qui abbiamo sentito parlare continuamente di Padre e Figlio e non c’è nessun dubbio che il Figlio è Gesù stesso; fra poco (al v. 16) sentiremo parlare di un’altra misteriosa persona, il Paraclito, e al v. 26 Gesù chiarirà che il Paraclito è “lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome”.
Vogliamo riprendere il filo del discorso di Gesù, che in questo caso impegna molto la nostra riflessione. In un clima di addio Gesù consola i suoi apostoli: la separazione mette le premesse per un ricongiungimento pieno di gioia. Gesù nella casa del Padre prende con sé gli apostoli e là si comporrà una famiglia composta da tre Persone e da una quantità incalcolabile di amici, che hanno negli apostoli i loro capofila. Il discorso lo sentiremo sviluppato nelle prossime domeniche, ma intanto ci gustiamo tutta la gioia nel sapere che Gesù, di presso il Padre, è impegnato a fare i nostri interessi e ci prepara un posto. Non lamentiamoci perché questo discorso non è chiaro: accontentiamoci di quanto ci lascia intuire: la nostra esistenza è destinata a fiorire in modo glorioso e definitivo in comunione di visione di affetto con i membri di quella santa e ineffabile Famiglia divina. Ci dà gioia pensare che quei Tre ospitano la presenza più esaltante della natura umana, grazie a quel mistero impenetrabile ma reale del Figlio, che è Figlio eterno del padre e contemporaneamente figlio vero, amabilissimo, della nostra famiglia umana.
Prendiamoci pure la testa tra le mani, perché il Mistero è troppo grande per noi – ma verità; e prendiamo anche il nostro cuore, che sta godendo una gioia inesprimibile per il dono grande che ci viene fatto, di essere veri figli nel Figlio.
Vostro Don Giuseppe Ghiberti
Trovate tutte le omelie di don Giuseppe al seguente link:
http://www.amcor-amicichieseoriente.org/approfondimenti/il-settimanale-di-don-giuseppe/