Domenica 20-8-23 – XX Tempo Ordinario A – Settimanale AMCOR
Cari soci e amici dell’Amcor,
le letture di questa domenica 20-8-2023 hanno come filo conduttore il tema della fede e del mistero.
Ci dice Don Giuseppe: “Abbiamo già notato una singolare continuità nell’insegnamento delle tre letture bibliche della liturgia eucaristica di oggi. Dio vuole veramente tutti gli uomini salvi, senza distinzione per la loro provenienza o discendenza, anche se ognuno ha la sua storia e il suo cammino. Questa volontà si annida nel segreto di Dio ed è primaria e superiore a ogni possibile ostacolo…”
Come abbiamo ricordato altre volte il testo del profeta Isaia è diviso in un prima parte (cap. da 1 a 39 ) attribuita al profeta storico (nato intorno al 765 a.C. e del quale si perdono le tracce intorno al 700 a.C. probabilmente martirizzato sotto il regno di Manasse, regno durato dal 697 al 643 circa).
Vi è poi una seconda parte (cap. da 40 a 55) attribuita a un “deutero o secondo” Isaia che predicò in Babilonia intorno al periodo dell’editto liberatore di Ciro (538 a.C.). Questa parte include “Il libro della consolazione di Israele” con l’annuncio della liberazione e i quattro “canti del servo”.
Vi è infine una terza parte (cap. da 56 a 66) considerata come l’opera di un “trito o terzo” Isaia, collocata subito dopo il ritorno dall’esilio verso il 520 a.C. e contemporanea alla ricostruzione del tempio.
Nel brano delle letture di oggi, tratto dal “terzo” Isaia, l’autore annuncia, in forma di oracolo, che presto si uniranno al giudaismo popoli stranieri e Dio dichiara che: “… la mia casa si chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli.” (Is 56,7).
Paolo prosegue la sua riflessione sul mistero del suo popolo, gli ebrei. Don Giuseppe ci ricorda che in questo brano “Paolo enuncia il principio fondamentale della speranza: “i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili.”
Circa il testo evangelico, Don Giuseppe richiama come il brano narri: “un episodio accaduto (in una delle poche uscite di Gesù dal territorio ebraico) fuori dei confini tradizionali della Galilea, “nelle parti di Tiro e Sidone”, dove avviene l’incontro con una donna non ebrea e Gesù le guarisce la figlia, per la sua “grande fede”.
Nel guidarci all’ascolto delle letture di oggi ci dice anche che, riferito a Isaia, le parole che ascoltiamo “sono parole consolanti, ma anche piene di mistero.”
Dopo la consacrazione il sacerdote dice: “mistero della fede”.
Varrebbe la pena soffermarsi sul concetto di “mistero” nell’ Antico e Nuovo Testamento. Forse avremo occasione in futuro. Basti ora qualche cenno.
Il termine che fa da sfondo nell’ebraico classico significa “conversazione confidenziale”, “segreto”. Nella traduzione dei LXX significa anche piani segreti, segreti militari (Tobia, Giuditta, Maccabei, Siracide)
L’idea dei segreti di Dio è presente in Israele fin dal tempo dei profeti e riguarda il disegno di salvezza realizzato da Dio nella storia che è l’oggetto della rivelazione (Amos, Numeri).
Questa dottrina del piano divino, rivelato in anticipo dalla parola profetica e che assicura la venuta della salvezza alla fine dei tempi, è presente specialmente nel “Deutero” Isaia (Is 41,21-28. Vedi anche Daniele e il Libro della Sapienza)
In latino la traduzione del greco “mystèrion” usa sia il termine “mysterium” che “sacramentum”, quest’ultimo termine ha anche il significato di giuramento come obbligazione e giuramento militare nell’arruolamento.
Nel Nuovo Testamento si va dal mistero inteso dalle apocalissi giudaiche al “mistero del regno di Dio” rivelato da Gesù e infine al mistero di Cristo di cui parla Paolo. Paolo intende anche opporsi ai culti misterici dei greci e delle religioni orientali presentando il vero mistero della salvezza.
Nel Nuovo Testamento la parola “mistero” assume un significato teologico.
Per la Chiesa, alla fine dei tempi con la sconfitta delle potenze del male (“mysterium iniquitatis”), si entrerà nel mondo futuro (Ap 20 e 21) e sussisterà solo il mistero di Dio in un universo redento. Questo è il senso di mistero nella rivelazione cristiana, il compimento annunciato che sarà pieno alla fine dei tempi.
Tra di noi tante volte ci siamo interrogati sul modo di vivere o non vivere la fede nella persone che ci sono vicine e più care.
Posso solo aggiungere quello che ci dice Don Giuseppe: “Dio vuole veramente tutti gli uomini salvi …. Questa volontà si annida nel segreto di Dio ed è primaria e superiore ad ogni ostacolo …”.
Il Salmo di oggi, che riprende l’universalismo presente nel libro si Isaia, ci invita ad appellarci alla misericordia di Dio e chiedere la sua benedizione. “Su di noi faccia splendere il suo volto”. Questa preghiera è particolarmente cara alla spiritualità sindonica.
RIT: Popoli tutti, lodate il Signore.
Dio abbia pietà di noi e ci benedica,
su di noi faccia splendere il suo volto;
perché si conosca sulla terra la tua via,
la tua salvezza fra tutte le genti.
Gioiscano le nazioni e si rallegrino,
perché tu giudichi i popoli con rettitudine,
governi le nazioni sulla terra.
Ti lodino i popoli, o Dio,
ti lodino i popoli tutti.
Ci benedica Dio e lo temano
tutti i confini della terra. (Sal.67/66)
Dio ci benedica e portiamo la nostra benedizione su tutti quelli che ci sono vicini, pregando per la pace, per chi è malato, nel dolore, nella disperazione.
Insieme a Don Giuseppe, Suor Maria Clara, Mariella, Patrizia e tutto il Consiglio Vi invio un grande abbraccio.
Contardo Codegone
Settimanale AMCOR
20 – 8 – 2023 : XX dom. A
I doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili
Letture: Is 56, 1.6-7; Rm 11, 13-15.29-32; Mt 15, 21-28 – Avviandosi alla fine della riflessione sul mistero del suo popolo, degli Ebrei, Paolo esprime (nella Lettera ai Romani) la speranza della loro riconciliazione. Ed enuncia il principio fondamentale della speranza: “i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili”. Dal libro del profeta Isaia raccogliamo una dichiarazione che sembra voler completare, ma come rovescio della medaglia, le dichiarazioni di Paolo: “La mia casa si chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli”, quindi anche i pagani. Il racconto evangelico ci narra un episodio accaduto (in una delle poche uscite di Gesù dal territorio ebraico) fuori dei confini tradizionali della Galilea, “nelle parti di Tiro e Sidone”, dove avviene l’incontro con una donna non ebrea e Gesù le guarisce la figlia, per la sua “grande fede”.
Qualche insegnamento dalle letture: Abbiamo già notato una singolare continuità nell’insegnamento delle tre letture bibliche della liturgia eucaristica di oggi. Dio vuole veramente tutti gli uomini salvi, senza distinzione per la loro provenienza o discendenza, anche se ognuno ha la sua storia e il suo cammino. Questa volontà si annida nel segreto di Dio ed è primaria e superiore a ogni possibile ostacolo: non la rende inefficace la resistenza opposta a lungo dal popolo di Gesù e di Paolo, neppure la impedisce la provenienza della mamma sirofenicia da un popolo che non abbia per padre Abramo. Pone solo una condizione per divenire efficace: la fede. Che, certo, non è una condizione semplice.
Dio… misericordioso verso tutti: La fede è consapevole e cocciuta nella povera mamma di Tiro. Ha un obiettivo, la salvezza della figlia, e gli condiziona ogni pensiero e sentimento. Non si permette nemmeno di offendersi. E ha una convinzione, fornita e sostenuta dalla speranza: quel maestro può ridarle la figlia sana. Si adatta allora alla qualifica di cagnolino, chiede solo una briciola del potere di Gesù, e ottiene. Ma sono due che ottengono: Gesù ottiene la sua fede e lei la guarigione della figlia. Anche noi dobbiamo interrogarci se siamo disposti a fare lo stesso cammino: ho tanto bisogno del tuo aiuto, Signore, e sono contento (qualcuno dirà solo, a denti stretti: sono disponibile, faccio il possibile…) di darti tutta la mia fiducia, di dare la precedenza al tuo criterio, alla tua decisione. Anche perché so che tu mi vuoi molto più bene di quanto me ne voglia io – e vedi molto più lontano di me!
D’altra parte lui aveva detto, per bocca di Isaia: “i loro sacrifici saranno graditi sul mio altare,… la mia casa sarà chiamata casa di preghiera per tutti i popoli”. Sono parole consolanti, ma anche piene di mistero: solo il mio altare, la mia casa? Altri altari o case non vanno bene? Non radicalmente diverso è il caso e il cammino di quanti per Paolo sono quelli “del mio sangue”.
Una grande speranza suscita la sua affermazione: “i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili”. Paolo accentua questa affermazione in funzione della unicità della vocazione di Israele. Certo la storia cristiana, purtroppo, non l’ha tenuto in giusto conto ed è un dono di Dio il cammino che la Chiesa oggi sta facendo per riscoprire questa verità vitale. Ma il caso del popolo ebraico, che è certamente singolarissimo e bisognoso oggi di particolare attenzione, non è unico. Nei confronti della mamma non ebrea a cui Gesù ha guarito la figlia, quel principio ha lo stesso valore: certo, alle stesse condizioni, di adesione alla salvezza portata da Gesù. Proprio questa adesione fiduciosa è stato il titolo offerto da quella mamma a Gesù: una fede più istintiva che elaborata, prodotto di necessità, ma fede vera, maturata nel grande abbandono a quel “Signore, Figlio di Davide”, a cui si rivolgeva ricca solo di povertà, impotenza, necessità – e anche disperata fiducia. Anche certi momenti di disperazione sono germogli di grazia.
Don Giuseppe Ghiberti
Trovate tutte le omelie di don Giuseppe al seguente link:
http://www.amcor-amicichieseoriente.org/approfondimenti/il-settimanale-di-don-giuseppe/