Domenica 10-9-23 – XXIII Tempo Ordinario A – Settimanale AMCOR
Cari soci e amici dell’Amcor,
Don Giuseppe è nella luce, in quella verità che ha cercato tutta la vita e che ora contempla nella sua pienezza. Ci ha lasciato i suoi scritti ed io gli avevo chiesto il permesso di proseguire ad averli come strada nel nostro cammino di fede. Così andiamo avanti a sentire la sua voce che ci parla del Signore, a sentire la sua mano che ci accompagna almeno sino alla conclusione dell’anno liturgico.
Le letture di questa domenica 10-9-23 richiamano la responsabilità della Chiesa, e anche la nostra, di essere messaggeri del Signore.
Il profeta Ezechiele (circa 620-570 a.C.), secondo i dati espressi nel suo libro, esercitò la sua attività tra gli esiliati di Babilonia tra il 593 e il 571 a.C.. Ricordo che l’editto di Ciro, che pose fine all’esilio, è del 538 a.C.
Ezechiele ebbe nel tempio la sua grande preoccupazione, sia quello presente contaminato e abbandonato, sia quello futuro che descrive minuziosamente e dove deve ritornare Dio.
Ezechiele si distingue per le sue visioni, che presentano un mondo fantastico, e per i quadri allegorici.
La potenza delle sue visioni fanno avvicinare con timore al mistero di Dio.
Egli può essere ritenuto all’origine della corrente apocalittica anticipando Daniele e l’Apocalisse di S. Giovanni.
In contrasto con la potenza di queste sue immagini lo stile del profeta è semplice e spoglio.
Il messianismo di Ezechiele, nemmeno tanto sottolineato, si esprime nell’annuncio di un nuovo Davide, non più un re, ma il pastore del suo popolo (Ez 34,23 e 37,24).
In questa prospettiva la dottrina di Ezechiele è volta al rinnovamento interiore, a farsi: “un cuore nuovo e uno spirito nuovo” (Ez 18,31). O altrimenti sarà Dio stesso a donare un “cuore nuovo” e uno “spirito nuovo” (Ez 11,19 e 36,26).
Siamo non molto distanti dalla teologia della grazia sviluppata poi da S. Giovanni e da S. Paolo.
Il brano di Ezechiele ripreso dalla liturgia di oggi è tratto dalla terza parte del suo libro. Qui gli viene riconfermato da Dio il suo mandato di sentinella vigilante nella casa di Israele, riprendendo la visione iniziale (Ez 1-3).
Egli consola il suo popolo dopo l’ invasione della Palestina da parte di Nabucodonosor, promette un avvenire migliore e afferma la possibilità di una conversione.
Don Giuseppe ci ricorda che anche Paolo si collega al tema del rapporto del credente con i fratelli nella carità.
Nel brano del Vangelo di Matteo è riportata la frase: “Tutto quello che legherete sulla terra sarà legato anche in cielo.” Siamo nel “discorso ecclesiale”. Don Giuseppe si chiede: “Che cosa voleva dire Gesù e perché Matteo ha inserito a questo punto questo ragionamento?”
Vi rimando al cammino di comprensione al quale ci guida Don Giuseppe (mi pare di udire la sua voce serena che mi prende, che ci prende per mano).
Il salmo è un inno processionale, forse cantato durante la festa delle capanne. Il Signore ci invita ad ascoltare la sua voce.
Ricordo che il Proemio della Costituzione Dogmatica sulla Divina Rivelazione “Dei Verbum” (Concilio Vaticano II) comincia proprio. “In religioso ascolto della parola di Dio…”
L’Evangelista Marco ricorda che Gesù, rispondendo alla domanda su quale sia il primo di tutti i comandamenti, iniziò la sua risposta dicendo: ”Ascolta Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore…” (Mc 12,29)
RIT: Ascoltate oggi la voce del Signore.
Venite, cantiamo al Signore,
acclamiamo la roccia della nostra salvezza.
Accostiamoci a lui per rendergli grazie,
a lui acclamiamo con canti di gioia.
Entrate: prostràti, adoriamo,
in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti.
È lui il nostro Dio e noi il popolo del suo pascolo,
il gregge che egli conduce.
Se ascoltaste oggi la sua voce!
“Non indurite il cuore come a Merìba,
come nel giorno di Massa nel deserto,
dove mi tentarono i vostri padri:
mi misero alla prova pur avendo visto le mie opere”. (Sal 95/94)
Preghiamo perché il Signore, nel nostro cammino, ci aiuti ad ascoltare la sua voce, a essere attenti e pronti per coglierne il significato.
Nel ricordo di Don Giuseppe, insieme a Suor Maria Clara, Mariella, Patrizia e tutto Consiglio, uniti nella preghiera, Vi invio un grande abbraccio.
Contardo Codegone
Settimanale AMCOR
10 – 9 – 2023: XXIII dom. A
Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro
Letture: Ez 33, 1.7-9; Rm 13, 8-10; Mt 18, 15-20 – Dall’Antico Testamento il profeta Ezechiele ci parla della sua responsabilità di messaggero del Signore presso il suo popolo; un’estensione del compito profetico è esercitata nella Chiesa (secondo l’insegnamento di Gesù riportato da Matteo) dalla comunità dei discepoli, che devono esercitare un compito di cura attenta e coraggiosa tra i fratelli. Paolo a sua volta, nella parte finale moraleggiante della grande lettera ai Romani, insiste sull’amore, che è l’anima della Legge: “pienezza della Legge è la carità”.
Qualche insegnamento dalle letture: il profeta è la sentinella nella casa d’Israele: deve vigilare sulla condotta del suo popolo e intervenire sul suo comportamento con giudizi ed esortazioni, per non subire lui stesso la condanna della sua negligenza. Gesù richiede ai discepoli (brano di Matteo) di svolgere lo stesso compito di ammonizione nei confronti dei fratelli e per questo impegno dà loro il potere di “legare e di sciogliere”, di operare cioè interventi efficaci in ogni caso di sofferenza, debolezza, colpa, agendo in nome e con l’efficacia del Signore stesso. Anche Paolo, nella sua lettera, si collega al tema del rapporto del credente con i fratelli con l’espressione totale “non siate debitori di nulla a nessuno se non dell’amore vicendevole, perché chi ama l’altro ha adempiuto la Legge”, e perché “pienezza della Legge è la carità”. Non illudiamoci che l'”amore vicendevole” sia merce di facile acquisto, perché veramente include tutti i comandamenti e la morte di Gesù è stata e continua a essere causata da assenza di carità.
Tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo. E’ solo la metà di una frase misteriosa e severa: “tutto quello che legherete… sarà legato…”. Che cosa voleva dire Gesù e perché Matteo ha inserito a questo punto questo ragionamento? Certamente perché ha trovato questo discorso coerente con quello di tutto il capitolo 18, che chiamano anche ‘il discorso ecclesiale’. Incomincia con una domanda dei discepoli che chiedono a Gesù chi sia il più grande nel Regno dei cieli. Sono carini i discepoli, simpatici nel mettere in evidenza i loro limiti e difetti. E Gesù è indulgente e risponde nel modo più gentile, come se non ci fosse nulla da eccepire a quella curiosità. Insiste nel presentare il suo modello nel piccolo, bambino, che deve essere difeso da ogni scandalo ed è protetto dal suo angelo in cielo. La protezione del Padre per i piccoli è ancor più evidenziata dalla parabola della pecora smarrita e rincorsa dal suo pastore: egli, quando la trova, ha più gioia per questa che si era persa (non importa se per colpa sua o no) che per le altre che erano state con lui. Se questa dunque è l’indulgenza di Dio, l’atteggiamento del discepolo deve adottare lo stesso criterio col fratello. Per questo può farsi aiutare dai fratelli della comunità credente; ed è a questo punto che Matteo ricupera la parola sui misteriosi poteri della Chiesa, di ‘legare’ e ‘sciogliere’. Un paio di capitoli prima simili parole Gesù le rivolgeva a Pietro (Mt 16,19: “A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli”). E’ la conferma del fatto che nella Chiesa c’è il potere di legare e sciogliere, che si applica in particolare nella lotta contro il peccato. San Giovanni, che riporta lo stesso contenuto (nelle parole pronunciate da Gesù risorto), cambia però i termini: “A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati” (Gv 20,23). Vediamo da queste espressioni quali poteri di interventi vitali Gesù ha concesso alla comunità dei credenti: da questo grande ‘capitale’ di grazia ci è dato di gettare lo sguardo sulla ricchezza di vita concessa per i secoli alla Chiesa, con l’ammonizione a non lasciare cadere questi tesori. Ma raccogliamo anche l’insegnamento che dice: ogni regalo attende una risposta¸ di ogni dono lasciato inutilizzato il Signore ci chiederà conto.
Concludiamo con tre semplici parole che raccogliamo dal cuore misericordioso di Gesù:
– tutti i credenti hanno una parte di missione profetica: la luce che il Signore ci dà deve essere diffusa da chi ne ha ricevuto il dono per primo;
– se pienezza della Legge è la carità, mi posso illudere di essere di Cristo se indulgo a qualsiasi forma di grettezza verso le povertà del fratello?
– la Chiesa è la mia casa, da difendere da ogni senso di disinteresse, di critica, di vergogna: delle persone care non ci si vergogna, si sostengono, cooperando alla loro riuscita.
Vostro Don Giuseppe
Trovate tutte le omelie di don Giuseppe al seguente link:
http://www.amcor-amicichieseoriente.org/approfondimenti/il-settimanale-di-don-giuseppe/