Domenica 24-9-23 – XXV Tempo Ordinario A – Settimanale AMCOR
Cari soci e amici dell’Amcor,
le letture di questa domenica 24-9-23 ci parlano della bontà di Dio che ci ricorda che “gli ultimi saranno primi e i primi ultimi.” (Mt 20,16).
Dopo aver letto la Parola del Signore, così forte questa domenica, ho davanti lo scritto di Don Giuseppe: mi sembra di sentire la sua voce calma, dolce e autorevole. Vi invito a leggerlo.
Don Giuseppe ci dice: “Il breve testo di Isaia è un ammonimento tremendo: “Cercate il Signore mentre si fa trovare”, che continua con l’avvertimento “i miei pensieri non sono i vostri pensieri”.”
Poi del brano di Paolo ai filippesi ci dice che “per lui (Paolo) sarebbe preferibile morire ‘per essere con Cristo’.”
Sulla bontà di Dio, che non cessa di aiutare, Don Giuseppe ci dice ancora: “sono certo che l’ha fatto anche con Giuda, nel momento supremo della sua povera esistenza.”
Isaia (nato intorno al 765 a.C. e forse martirizzato dopo il 700 sotto Manasse) fu profeta del Signore per circa quarant’anni in un periodo caratterizzato dalla crescente minaccia dell’espansionismo assiro. Vi furono anche i tentativi falliti di ricorrere all’aiuto degli egiziani.
Nel 721 a.C. la Samaria fu conquistata dagli Assiri. Isaia insisteva per riporre la fiducia solo nella salvezza che viene da Dio.
Nel 701 a.C. Sennacherib devastò la Palestina, ma il re di Giuda, Ezechia (715-687 d.C.), volle difendere Gerusalemme da solo, sostenuto da Isaia, e la città fu liberata. Fu un momento di grande gloria.
Isaia ebbe dunque un importante ruolo politico, quasi di eroe nazionale, ma la sua importanza fu soprattutto religiosa. Per lui Dio è il santo, il potente, il re.
Egli si esprime in uno stile meraviglioso che ne fa un “classico” della Bibbia. Per questa grandezza altri scrittori presero, più tardi, il suo nome per continuarne l’opera.
Abbiamo un secondo (deutero) Isaia che scrisse circa due secoli dopo durante la cattività babilonese (597-538 a.C.).
Questa parte contiene l’annuncio della liberazione e comincia con il libro della consolazione di Israele: “Consolate, consolate il mio popolo – dice il vostro Dio” (Is 40,1).
Questo libro include anche “i Canti del Servo”.
Vi è poi un terzo (trito) Isaia che scrisse verso il 520 a.C. all’epoca della ricostruzione del Tempio (l’editto liberatorio di Ciro è del 538 a.C.).
Il brano di Isaia, inserito nelle letture di oggi, è tratto dall’ultima parte del secondo Isaia. Il brano riporta l’esortazione di Dio a partecipare alla nuova alleanza e a convertirsi fin tanto che c’è ancora tempo.
Il Salmo, nella prima parte, esprime immensa ammirazione e riconoscenza nei confronti di Dio e ne celebra la grandezza, la regalità, la giustizia, i prodigi. Sembra quasi che le parole manchino al salmista per esprimere tutto quello che prova nel cuore.
Nella seconda parte il salmo assume un tono più sapienziale e vengono elencate le opere del Signore più direttamente rivolte all’uomo (“Il Signore sostiene quelli che vacillano” Sal 145/144,14)
RIT: Il Signore è vicino a chi lo invoca.
2.Ti voglio benedire ogni giorno,
lodare il tuo nome in eterno e per sempre.
Grande è il Signore e degno di ogni lode,
la sua grandezza non si può misurare.
8.Paziente e misericordioso è il Signore,
lento all’ira e ricco di grazia.
Buono è il Signore verso tutti,
la sua tenerezza si espande su tutte le creature.
17.Giusto è il Signore in tutte le sue vie,
santo in tutte le sue opere.
Il Signore è vicino a quanti lo invocano,
a quanti lo cercano con cuore sincero. (Sal 145/144)
Il Salmo ci ricorda che il Signore è vicino a tutti quelli che lo invocano. E noi lo preghiamo perchè cessino le guerre, lo preghiamo per i terremotati, per i travolti dalle inondazioni, per i migranti, per quanti sono disperati: “Signore sostieni quelli che vacillano.”
Nel ricordo di Don Giuseppe, con Suor Maria Clara, Mariella, Patrizia e tutto il Consiglio, uniti nella preghiera, Vi invio un grande abbraccio.
Contardo Codegone
P.S. La messa di trigesima per Don Giuseppe sarà a Santa Rita martedì 3 ottobre alle ore 18,30.
Settimanale AMCOR
24 – 9 – 2023 : XXV dom. A
Per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno
Letture: Is 55, 6-9; Fil 1, 20-24.27a; Mt 20, 1-16 – La novità delle letture di questa Domenica è costituita dalla nuova Lettera paolina: abbiamo seguito a lungo Romani e ora inizia la più breve – ma assai bella – lettera ai Filippesi. L’attenzione va però alla parabola evangelica che ci attende al termine delle letture con quella domanda di Gesù, terribile nella sua semplicità: “oppure tu sei invidioso, perché io sono buono?”
Qualche insegnamento dalle letture: Il breve testo di Isaia è un ammonimento tremendo: “Cercate il Signore mentre si fa trovare”, che continua con l’avvertimento “i miei pensieri non sono i vostri pensieri”. La conferma più sconcertante la cogliamo nella parabola evangelica, che ci invita a non dettare legge al giudizio generoso e misericordioso del Signore. Nella Lettera inviata ai cristiani di Filippi San Paolo ci viene incontro con una confidenza tanto commovente: si direbbe che non sa che cosa desiderare tra due cose che a noi sembrano ben diverse: se vivere o morire. Dice allora che per lui sarebbe preferibile morire “per essere con Cristo” (“sarebbe assai meglio”), ma il pensiero del suo impegno verso i suoi cristiani lo spinge ad accettare di rimanere tra loro. Si direbbe che a un paradosso se ne aggiunge un altro, ma l’uno aiuta ad accogliere l’altro. Importante è, per lui e per loro, comportarsi “in modo degno del vangelo di Cristo”.
Oppure tu sei invidioso, perché io sono buono? Si direbbe che questa parola sia molto meno entusiasmante di altre che abbiamo appena letto e citate. Eppure mi sembra tanto importante, perché porta alla radice della nostra corrispondenza alla chiamata e all’amore del Signore. Di fronte al Signore buono la mia invidia m’impedisce di trovare il Signore, perché darò sempre la precedenza alla preoccupazione di me stesso e non alla disponibilità verso di lui, presente nel fratello; meno che meno sarò disposto ad annullare il mio desiderio di vivere e a godere al pensiero di essere con lui. Tutte le ragioni mi servono per giustificare i miei piani e chiedere al Signore che… aspetti ancora un po’!
Uno dei punti fondamentali mi sembra trovarsi nella convinzione – vera, non solo a parole – che il Signore è buono. Perché è buono, lui si lascia chiedere tutto ciò che ci sta a cuore; poiché è buono, è paziente verso tutte le nostre impazienze, la nostra presunzione di insegnarli quel che deve fare. Perché è buono, non taglia mai il filo che mi tiene legato a lui e mi trasmette il suo aiuto. Sono certo che l’ha fatto anche con Giuda, nel momento supremo della sua povera esistenza.
Certo, bisogna ammettere che i pensieri e i gusti del Signore non coincidono con i nostri: i nostri sono limitati al nostro raggio di visuale e ai nostri interessi sempre prevalentemente concentrati su noi stessi; quelli del Signore nascono dalla sua infinita perfezione e dal suo amore infinito. Quando ragioniamo, ci viene da dire: meno male che il Signore decide tutto secondo la sua sapienza e bontà infinita. Anche se è contento che gli presentiamo le nostre richieste e desideri. Ma poi diamo la precedenza ai suoi pensieri, alle sue decisioni, che sono guidate solo dall’amore.
Non stiamo facendo ragionamenti astratti, perché ce ne dà conferma lui stesso: “Dio ha tanto amato il mondo, da dare il Figlio suo”. E se l’ha dato per il cammino della croce, dev’esserci all’origine un amore veramente infinito. Allora diventa comprensibile che per noi “il vivere è Cristo e il morire un guadagno”. Solo dobbiamo chiedere, senza stancarci, di accettare i suoi pensieri, tanto diversi e più fecondi dei nostri. Abbiamo una Mamma cara, che ha mantenuto fede assoluta a questo criterio, e poi tutti i santi, a dimostrazione che questo cammino è bello e possibile.
Don Giuseppe Ghiberti
Trovate tutte le omelie di don Giuseppe al seguente link:
http://www.amcor-amicichieseoriente.org/approfondimenti/il-settimanale-di-don-giuseppe/