Domenica 22-10-23 – XXIX Tempo Ordinario A – Settimanale AMCOR
Cari soci e amici dell’Amcor,
le letture di questa domenica 22-10-23 – XXIX del Tempo Ordinario A – ci portano a riflettere sulla universalità della potenza creatrice e giudicante di Dio.
Vi scrivo mentre la guerra divampa feroce in Ucraina, in Terra Santa, in Armenia, in Yemen e in vari altri paesi, vi scrivo riflettendo sulla Parola di Dio, vi scrivo pregando per la pace,
La prima lettura è tratta dal secondo Isaia che predicò tra il 550 a.C. e il 538 a.C.. Predicò cioè nel periodo nel quale il re persiano Ciro il Grande conquista la Media (549 a.C.), annettendola al regno persiano, e dieci anni dopo conquista anche Babilonia (539 a.C.).
Subito dopo, nel 538 a.C., concede il permesso di tornare in patria alle popolazioni che erano state sottomesse dai babilonesi, fornendo anche aiuti economici per la ricostruzione dei luoghi di culto. Tra questi popoli anche il popolo giudaico liberato dopo circa 50 anni di esilio (Gerusalemme era stata conquistata definitivamente nel 586 a.C.).
Il primo Isaia era vissuto tra il 765 e il 700 a.C. periodo dell’avanzata dell’impero Assiro (capitoli da 1 a 39), mentre il terzo Isaia (capitoli da 56 a 66) aveva operato durante la ricostruzione del Tempio (verso il 520 a.C.).
La prima lettura ci parla dunque della liberazione del popolo di Israele dalla prigionia e ci presenta Ciro come strumento di Dio. Siamo nel contesto del “Libro della consolazione di Israele”.
Isaia attribuisce a Ciro il titolo di “eletto” e nella liberazione da Babilonia il profeta vede un segno di Dio. Ciro, dunque, è strumento di Dio anche se “tu non mi conosca”. Per due volte il profeta ripete questa affermazione “sebbene tu non mi conosca”. Questo agire per i disegni di Dio, anche inconsapevolmente, è possibile perché lo Spirito soffia dove vuole e Dio afferma: “Io sono il Signore, non ce n’è altri.” (Is 45,6)
Don Giuseppe ci dice: “Ma tutto quello che fanno, piccoli e grandi, poveri e ricchi, non è che strumento al servizio di una sovranità misteriosa e unica: “Io sono il Signore, non ce n’è altri”. Pure io sono oggetto di favori del Signore, anche se non conosco la natura degli strumenti di cui si serve. Oggi gli chiedo maggiore consapevolezza della sua continua, misteriosa, opera di salvezza.”
Profetiche anche queste parole di Don Giuseppe che chiede a Dio di poter avere maggiore consapevolezza circa il significato della Sua opera misteriosa, anche proprio ai nostri giorni. Quante domande ci vengono oggi dal cuore! Quante volte in Don Giuseppe ricorre il termine “mistero”!
La Prima lettera ai Tessalonicesi (siamo stati in pellegrinaggio a Tessalonica, ora Salonicco) è lo scritto più antico del Nuovo Testamento, databile intorno all’anno 50 d.C., Don Giuseppe ci guida: “E’ commovente, quando apriamo la prima ai Tessalonicesi, il pensiero che un uomo incaricato da Dio, Paolo, è mosso dallo Spirito Santo a continuare i messaggi del Signore (per la prima volta dopo la morte e risurrezione di Gesù) per il suo popolo, cioè – nell’intenzione di Gesù stesso – per tutti gli uomini, di tutti i tempi.” Ritorna anche qui il tema della universalità del messaggio cristiano.
Circa il brano di Matteo, che narra l’episodio del tributo a Cesare, vi rimando al commento di Don Giuseppe. Richiamo solo un paio di aspetti che riguardano due parole utilizzate nel testo.
Il primo temine è utilizzato all’inizio del brano: “… per vedere come cogliere in fallo Gesù nei suoi discorsi.” (Mt 22,15). Il termine greco utilizzato per “discorsi” è “Logos”. Il Prologo di Giovanni dice “In principio era il Verbo (“Logos”)”.
La sfida mi appare, dunque, radicale. C’è una occasione pratica, ma l’orizzonte è più ampio.
Il secondo termine lo incontriamo quando Gesù risponde alla domanda: “E’ lecito pagare il tributo a Cesare?”. Gesù non risponde “Pagate a Cesare quello che è di Cesare”, ma risponde “Rendete dunque a Cesare …”. Il termine greco è, infatti, “apodìdomi” che propriamente vuol dire “restituire”. “Restituire” all’imperatore ciò che è suo, ma anche a Dio ciò che è di Dio cioè noi stessi in un cammino di conversione.
Il Salmo è un inno ove è sottolineato il senso universale dell’azione di Dio. Questa forza universalistica prorompe dal Salmo e lo collega con forza alle altre letture odierne.
RIT: Grande è il Signore e degno di ogni lode.
Cantate al Signore un canto nuovo,
cantate al Signore, uomini di tutta la terra.
In mezzo alle genti narrate la sua gloria,
a tutti i popoli dite le sue meraviglie.
Grande è il Signore e degno di ogni lode,
terribile sopra tutti gli dèi.
Tutti gli dèi dei popoli sono un nulla,
il Signore invece ha fatto i cieli.
Date al Signore, o famiglie dei popoli,
date al Signore gloria e potenza,
date al Signore la gloria del suo nome.
Portate offerte ed entrate nei suoi atri.
Prostratevi al Signore nel suo atrio santo.
Tremi davanti a lui tutta la terra.
Dite tra le genti: “Il Signore regna!”.
Egli giudica i popoli con rettitudine. (Sal 96/95)
Ripetiamo “grande è il Signore” e invochiamolo, insistentemente, per la pace, perché fermi questa strage, questo massacro che non si ferma nemmeno davanti ai bambini.
Ricordando Don Giuseppe, con Suor Maria Clara, Mariella, Patrizia e tutto il Consiglio, uniti nella preghiera, Vi invio un grande abbraccio.
Contardo Codegone
P.S. Vi ricordo:
- Sabato 28 ottobre 2023 avremo l’incontro sul tema “Riflessioni in musica sulla ‘Laudate Deum’”. Relatrice sarà la Dott.ssa Lucia Amour con la partecipazione del coro del Duomo di Chieri diretto dal Prof. Enzo Cerrato. Ci sarà anche un breve ricordo di Don Giuseppe. L’incontro si terrà, dalle ore 16,00 fin verso le ore 18,00, presso la Chiesa del Santo Sudario – Via Piave angolo Via San Domenico.
- Martedì 7 novembre 2023 alle ore 18,00 celebreremo la S. Messa per i nostri defunti alle ore 18,00 presso la Chiesa del Santo Sudario.
- Martedì 5 dicembre 2023 alle ore 18,00 celebreremo la S. Messa alle ore 18,00 presso la Chiesa del Santo Sudario. Al termine della S. Messa ci scambieremo, nella gioia, gli auguri per il S. Natale.
- Terremo i nostri Esercizi Spirituali per il 2024 nei giorni 17-18-19 maggio a Susa – Villa San Pietro. Dirigerà gli Esercizi Don Priotto che ora è a Gerusalemme. Proseguiremo i nostri approfondimenti sull’Antico Testamento.
Settimanale AMCOR
22 – 10 – 2023 : XXIX dom. A
Anche se tu non mi conosci
Letture: Is 45, 1.4-6; 1Ts 1, 1-5b; Mt 22, 15–21 – Continua la lettura di Matteo, che racconta di Gesù alle prese con i suoi avversari, negli ambienti del tempio di Gerusalemme. Pur di far cascare Gesù, si uniscono aderenti a partiti diversi, come i farisei e gli erodiani. Sono sorprendenti i contesti della prima e seconda lettura: il profeta Isaia descrive la vocazione del re persiano Ciro, chiamato a ridare la libertà agli ebrei, che erano stati deportati dagli invasori, prima assiri e poi babilonesi. Nella seconda lettura ci viene incontro lo scritto più antico del Nuovo Testamento: la prima delle due lettere che San Paolo inviò (attorno all’anno 50) ai cristiani di Tessalonica, “fratelli amati da Dio”.
Qualche insegnamento dalle letture – E’ commovente, quando apriamo la prima ai Tessalonicesi, il pensiero che un uomo incaricato da Dio, Paolo, è mosso dallo Spirito Santo a continuare i messaggi del Signore (per la prima volta dopo la morte e risurrezione di Gesù) per il suo popolo, cioè – nell’intenzione di Gesù stesso – per tutti gli uomini, di tutti i tempi. Egli loda i suoi cristiani per “l’operosità della vostra fede, la fatica della vostra carità e la fermezza della vostra speranza” (le tre grandi virtù, mettendo la carità prima della speranza). A Tessalonica si stanno raccogliendo i frutti della semina effettuata dalla parola dell’apostolo “con la potenza dello Spirito Santo”. Sono tutte cose che non si vedono, ma hanno trasformato tante vite e rinnovato il corso della storia. Oggi lo Spirito non è meno presente e noi lo preghiamo di dare efficacia e fiducia alla parola di nuovi testimoni. Sentiamoci presenti come destinatari dell’annuncio, chiamati anche noi a impegnarci nella sua diffusione.
A Cesare quello che è di Cesare, a Dio quello che è di Dio – L’autorità politica è quella che detiene una delle più pesanti forme di potere. E il potere è così esposto alla tentazione del sopruso e della violenza. Ma la Scrittura (con la penna, qui, del profeta Isaia) non ha remore a riconoscere la funzione provvidenziale del potere. Anche quando la stessa persona che lo detiene non è consapevole del disegno di Dio, di cui egli è semplice strumento (“sebbene tu non mi conosca”). Non sappiamo nemmeno se Ciro sia stato buono (allora ammazzare i nemici o presunti nemici era uno… sport non meno praticato di adesso), in quale modo e misura; però il bene bisogna chiamarlo con il suo nome, e riconoscerlo quando e dove c’è. Ma tutto quello che fanno, piccoli e grandi, poveri e ricchi, non è che strumento al servizio di una sovranità misteriosa e unica: “Io sono il Signore, non ce n’è altri”. Pure io sono oggetto di favori del Signore, anche se non conosco la natura degli strumenti di cui si serve. Oggi gli chiedo maggiore consapevolezza della sua continua, misteriosa, opera di salvezza.
La situazione di Gesù, come la descrive Matteo, si inserisce su una problematica analoga: i romani hanno tolto la libertà agli ebrei e pretendono di riscuotere tasse a più non posso. Che cosa devono fare quei sudditi spremuti? In giro si sentono tante risposte, da quelle “lealiste” (i romani hanno sempre ragione, sono i più forti!) a quelle della ribellione di vario tipo. Pronunciarsi sulla liceità dei balzelli (o sul programma di resistenza anche armata) è comunque un rischio. Gesù non ha mai programmato o giustificato il ricorso alle armi; alla domanda dei suoi avversari risponde con un criterio comunque di giustizia di base: a ognuno il suo. E’ sul principio di autorità che si deve riflettere. Oltre, Gesù non va (non si pronuncia sulla liceità dell’occupazione romana), costringendo gli avversari a ricorrere ai principi fondamentali della convivenza e senza aprire nessuno spiraglio alla violenza. Non è incominciando dalla violenza che si risolvono le contese e Gesù stesso da quell’autorità romana la violenza l’ha accettata e subita, in sommo grado. Ma la parola di quel momento di diatriba rimane nei secoli – purtroppo spesso non ascoltata o interpretata male. Per quanto sia importante anche l’esercizio del potere di Cesare, la vera, ultima sovranità è quella che risiede nelle mani di Dio.
Nella storia della cristianità questa risposta di Gesù è stata “tirata” in tanti sensi, in favore dell’autorità della Chiesa o dei poteri terreni di ogni tipo. Non era intenzione di Gesù entrare in una simile discussione, ma un orientamento di serena visione di autonomia (che non esclude parziali interdipendenze) è lecitamente deducibile da questa diatriba. E’ innegabile solo la presenza di un ordine, che riconosca il primato di Dio. Senza entrare però in discussione sulla natura e le condizioni del giusto diritto e potere di Cesare. Gesù non ha scritto un testo di etica politica.
Vostro Don Giuseppe Ghiberti
Trovate tutte le omelie di don Giuseppe al seguente link: http://www.amcor-amicichieseoriente.org/approfondimenti/il-settimanale-di-don-giuseppe/