Domenica 28-4-2024 – V di Pasqua e Rosario – Settimanale AMCOR
Cari soci e amici dell’Amcor,
con questa domenica 28 aprile 2024 – V di Pasqua B – dopo quattro anni termina questo commento “settimanale” alle letture della liturgia domenicale.
Avevamo cominciato nel periodo, che appare lontano, del COVID. La parola del Signore e la guida di Don Giuseppe, padre e maestro indimenticabile, ci hanno accompagnati in questi anni difficili aiutandoci e sostenendoci nel nostro non facile cammino di fede.
Ora queste guerre terribili, alle porte di casa nostra, la sofferenza di tanti popoli, comunità e famiglie ci suggeriscono di cercare dei momenti di preghiera condivisi.
Abbiamo ritenuto che il rosario fosse la preghiera più adatta ad accompagnarci in questi momenti.
Don Giuseppe ci ha aiutati anche in questa scelta dicendoci che “non possiamo mai sentirci poveri abbastanza per non potere ricorrere al rosario.” (Giuseppe Ghiberti, “La vicenda di Gesù nei misteri del rosario”, EFFATA’ Editrice 2016, p.4).
Che ricchezza in questa parola “misteri” pronunciata tante volte da Don Giuseppe, parola impegnativa e ricca di significati, parola pronunciata con rispetto e attesa di compimento.
Don Giuseppe pone la domanda e ci offre la risposta: “C’è un segreto per rendere proficuo il rosario? Direi solo che il rosario è lo strumento per inoltrarci nella riflessione orante dei misteri della vita di Gesù.”
I misteri, infatti, raccolti nelle singole decine non sono solo quelli che conosciamo dalla tradizione. Ogni momento della vita di Gesù può diventare un mistero.
Prosegue Don Giuseppe: “Le enunciazioni dei misteri, con relative riflessioni, possono essere molte di più che le tradizionali cinque di ogni gruppo: invece di venti la nostra proposta ne presenta cinquanta. … L’intento che guida la scelta di questi cinquanta ‘misteri’ è quello di mostrare come la recita del rosario possa attingere da tutto quanto sappiamo dell’esperienza di Gesù. …
Si comincia con quanto offre la ricerca storica e letteraria, si procede con una sistemazione dell’interpretazione che già hanno maturato gli evangelisti e si approda a quella consapevolezza del dato di fede che si impegna a essere fedele alla testimonianza scritturistica e si pone sulla linea che lo Spirito ha suggerito … affinché l’oggi della nostra vita riceva sostegno.”
Per poter avere questo sostegno, dal mese di maggio, riceveremo inizialmente l’introduzione del libro prima citato di Don Giuseppe (testo gentilmente messoci a disposizione dalla editrice EFFATA’), che spiega la struttura e gli obiettivi del lavoro, e poi “settimanalmente”, per cinquanta settimane, il commento ai vari misteri.
Questo commento ai vari misteri comprenderà, in fine, la citazione delle letture bibliche di riferimento, l’intenzione di preghiera e il proposito. Fisseremo poi un giorno della settimana (potrebbe essere il martedì) nel quale impegnarci a pregare, seppure individualmente, il rosario in modo che ci possiamo sentire uniti, lo stesso giorno, nel rivolgerci al Signore con la medesima invocazione. ….
Ora, rimandandovi al commento di Don Giuseppe per le letture di questa domenica, desidero soffermarmi un momento sul Salmo (Sal 22(21)) che canteremo oggi. Questo Salmo dalla tradizione è attribuito a Davide. Studi recenti lo ritengono riferibile anche a Ezechia o a Geremia o a un poeta ignoto del tempo dell’esilio. Il Salmo si può dividere in due parti.
Nella prima (vv. 2-23) trova voce la drammatica invocazione che parte dal buio di una situazione terribile (“Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato — Mio Dio, grido di giorno e non rispondi; di notte e non c’è tregua per me … Un branco di cani mi circonda… hanno scavato le mie mani e i miei piedi … si dividono le mie vesti, sulla mia tunica gettano la sorte …) per arrivare in fine alla lode del nome di Dio in mezzo all’assemblea.
La seconda parte (vv. 24-32), da cui sono tratti i versetti di questa domenica, è tutta un canto di lode e di ringraziamento al Signore. Si passa dal Venerdì santo alla Domenica di risurrezione.
Si tratta di un Salmo di particolare importanza nel quale è descritta in modo impressionante la passione di Gesù come si legge nei Vangeli. Appare interamente nella sua drammatica evidenza il mistero di solitudine, di sofferenza, di abbandono trasformato in un grido verso il Padre.
Madre Anna Maria Canopi afferma: “L’abbandono di Dio sul Calvario è un fatto inesplicabile. Bisogna semplicemente accettare la necessità che in tale modo avvenisse la morte di Gesù Cristo, come egli stesso aveva predetto (cfr. Mt 16.21-23). Il grido della desolazione si muta così in bagliore di speranza e questa speranza si poggia all’esperienza della misericordia di Dio… Nella nostra angoscia non sapremmo rivolgerci al Padre e pregare se Cristo in noi non lo chiamasse con la forza dello Spirito.” (A.M. Canopi, ‘I Salmi canto di Cristo e della Chiesa’ Ed. Paoline, pp.84-85)
RIT: A te la mia lode, Signore, nella grande assemblea.
26-Scioglierò i miei voti davanti ai suoi fedeli.
27-I poveri mangeranno e saranno saziati, loderanno il Signore quanti lo cercano; il vostro cuore viva per sempre!
RIT: A te la mia lode, Signore, nella grande assemblea.
28-Ricorderanno e torneranno al Signore tutti i confini della terra; davanti a te si prostreranno tutte le famiglie dei popoli.
RIT: A te la mia lode, Signore, nella grande assemblea.
30-A lui solo si prostreranno quanti dormono sotto terra, davanti a lui si curveranno quanti discendono nella polvere.
RIT: A te la mia lode, Signore, nella grande assemblea.
Ma io vivrò per lui,
31-lo servirà la mia discendenza. Si parlerà del Signore alla generazione che viene;
33-annunceranno la sua giustizia; al popolo che nascerà diranno: «Ecco l’opera del Signore!». (Sal. 22 (21))
Sentire il Signore in noi che chiama il Padre con la forza dello Spirito è l’arduo compimento del nostro cammino di fede e ciò che ci permette di guardare con speranza al futuro anche nei momenti più difficili.
E così potremo dire anche noi con gioia “Ecco l’opera del Signore”.
Vi invio, con un filo di emozione, un forte abbraccio.
Uniti nella preghiera.
Contardo Codegone
P.S. Ricordo:
- le S. Messe del primo martedì del mese: 7 maggio e 4 giugno (Chiesa S. Sudario ore 18.00).
- gli Esercizi Spirituali del 17-18-19 maggio 2024 a Susa (Villa San Pietro), Tema: “Dal Nilo al Nebo, Mosè alla ricerca di Dio”. Relatore Don Priotto.
- le iniziative di preghiera della Confraternita presso la S. Sindone in Duomo (ore 18,00 gli ultimi lunedì del mese: 29 aprile e 27 maggio 2024).
- la festa liturgica della S. Sindone sabato 4 maggio ore 18 in Duomo
V dom. di Pasqua – 28 – 4 – 2024
Letture bibliche: At 9, 26-31; 1 Gv 3,18-24; Gv 15, 1-8
Nella prima lettura, dagli Atti degli Apostoli, incominciamo, in questo anno B, a fare conoscenza con San Paolo. Gli Atti degli Apostoli hanno appena finito di raccontare la vicenda misteriosa della conversione di chi era stato persecutore. Paolo da Damasco (dove aveva ricevuto il battesimo) giunge a Gerusalemme, dove però i ricordi della sua rabbia anticristiana sono ancora vivi. Nell’antica capitale per fortuna qualcuno (Barnaba) si preoccupa di garantire per lui presso i capi cristiani, in modo che Paolo può iniziare subito un’attività di predicazione fin troppo efficace. E questo non piace a quelli che non erano già stati d’accordo con Gesù prima. A questo punto i cristiani di Gerusalemme, per evitare rischi, pensano di allontanarlo per un po’ e Paolo torna a quella che doveva essere stata la sua città natale, Tarso. Luca dice che questo porta pace alla chiesa di “tutta la Giudea, la Galilea e la Samaria”. Ci viene un sorriso: bisogna mandare via i fratelli più attivi, per trovare pace? Ma la provvidenza di Dio segue vie che solo essa conosce.
Nella seconda lettura ci accompagna ancora San Giovanni con la sua prima lettera. Egli vuole insegnarci a coltivare la “comunione con Dio” e ripete in vario modo concetti semplici e altissimi: “non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità”. E ripete il binomio dei due comandamenti riassunti in uno: “che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri”. Non è – nonostante le apparenze – la cosa più semplice: “in questo conosciamo che egli rimane in noi: dallo Spirito che ci ha dato”. E’ il grande dono che continuiamo a impetrare continuamente: l’attenzione a quello Spirito che ci garantisce la presenza di Gesù, specialmente quando la tribolazione della fede è particolarmente grave.
Anche il brano evangelico è tratto da San Giovanni e ci presenta la similitudine della vite e dei tralci. Gesù si serve dell’esperienza contadina anche per un’altra similitudine, quella del buon pastore. Ambedue portano tipici insegnamenti sulla persona stessa di Gesù: “Io sono il buon pastore; io sono la vite vera”. Poi gli sviluppi sono coerenti all’argomento. Nella vite c’è il tronco con i suoi tralci e poi, a tempo giusto, i frutti. Ma il tronco bisogna curarlo, se si vogliono ottenere quei benedetti frutti. Gesù riassume questo impegno ripetendo cinque volte la raccomandazione di “portare frutto”, molto frutto. Il quadro non è complicato e ce lo spiega Gesù stesso: nella vicenda della vite c’è un agricoltore, il Padre (di Gesù e di tutti noi), c’è una vite “vera”, che è Gesù stesso, e poi ci sono i tralci, che siamo noi. Tutto questo esiste per ottenere un movimento di vita, per produrre frutti. Ma questo ha le sue esigenze: che si lavori sulla vite, magari in modo un po’ doloroso, come è appunto l’impegno della potatura. Da come parla Gesù, si vede che non mancano difficoltà: specialmente che si accetti di rinunciare a quell’esubero dei tralci che impediscono alla vite di portare tutto il suo frutto. A queste condizioni si porta molto frutto e si diventa discepoli di Gesù.
Chi rimane in me e io in lui porta molto frutto, … senza di me non potete fare nulla.
Alla conclusione di questa lettura troviamo la conferma dell’eterna verità: il segreto della vita e di ogni vita è Gesù. Per restare uniti a lui, senza rischiare la sterilità del tralcio secco e la fine di essere bruciati nel fuoco, il segreto è “rimanere in Lui”. Proprio questa è la cosa impegnativa di una vita e la garanzia di un frutto di cui è impossibile calcolare il valore. Certo torna qui la domanda: ma che cosa comporta “rimanere” in Lui? Questo comporta fare la scelta totale di lui, non ammettere altre presenze che vantino valori alternativi. Il frutto lo dà solo lui: uniti a lui, tutto nella nostra vita è utile, fruttuoso; staccati da lui, è solo illusione quella di chi pensa di raggiungere una “riuscita” in questa vita (non parliamo poi dell’altra!). Certo “rimanere in me” comporta un atteggiamento totale, che parte dal pensiero con le sue convinzioni, si estende immediatamente ai desideri che ci permettiamo di coltivare, ai progetti che ci vien di formulare tutte le volte che pensiamo a ciò che è bello o brutto, odioso tollerabile o desiderabile. Anche se i progetti molto spesso non superano la soglia del desiderio, sono già in partenza scelte di valore: la santità e la delinquenza spesso hanno le radici a quella profondità. Allora non ha senso illudermi anche solo di dare un senso al semplice pensiero di cose che sappiamo non corrispondere a quanto ci “fa rimanere” in lui; mentre invece è tutt’altro che illusione orientarmi su cose che nessuno apprezzerà, ma rispondono a quei valori per cui Lui ha dato la vita – per me!!
Vostro don Giuseppe Ghiberti
Trovate tutte le omelie di don Giuseppe al seguente link: http://www.amcor-amicichieseoriente.org/approfondimenti/il-settimanale-di-don-giuseppe/