Domenica 7-6-2020 SS. Trinità
Cari soci e amici dell’Amcor,
è terminato il tempo pasquale e ora riprende il tempo ordinario con la festa della SS. Trinità. Si entra nel mistero del nostro Dio uno e trino. Don Giuseppe, con sapienza, ci aiuta nel nostro cammino di incontro con questo mistero, con il suo fascino e con il limite al quale giunge il linguaggio umano nel cercare di parlarne.
Il mio cuore mi porta dei cari ricordi:
- il 7 giugno 2018 eravamo presso la Comunità di San Leolino (foto della Chiesa della Comunità), vicina a Firenze, per una visita fraterna, per pregare, per donare una copia della Sindone e presentarla nel grande salone della Certosa del Galluzzo.
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- Il 6 giugno 2017 eravamo a Salonicco, l’antica Tessalonica, che fu sede della comunità alla quale San Paolo scrisse due lettere (la foto ricorda il nostro impegno a preparare la presentazione della Sindone…),
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- e il 7 giugno eravamo in viaggio verso Corfù facendo tappa alle Meteore, meravigliosa sede aerea di antichi monasteri, richiamati dalla terza foto.
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Pregare per farci conquistare dal mistero di Dio, affidandoci a Lui, vuol dire anche ripercorrere la nostra storia di fede, il cammino che abbiamo fatto, la gioia di averlo condiviso.
Come sempre Vi invio, insieme al mio, il saluto di Don Giuseppe e di tutto il Consiglio.
Contardo Codegone
Settimanale AMCOR
7 – 6 – 2020 SS. Trinità
Il Signore Dio misericordioso
Padre, Figlio e Spirito Santo
Letture: Es 34, 4b-6.8-9; 2 Cor 13, 11-13; Gv 3, 16-18 – Dopo la presentazione dei misteri “cristologici” della nostra fede (riguardanti cioè più esplicitamente il mistero di Gesù Cristo) giunge la festa della Santissima Trinità, che porta con sé il “riassunto” del “mistero di Dio”, che è poi anche il mistero della nostra vita e dell’universo intero: “la sorgente di tutti gli altri misteri della fede” (come dice il Catechismo della Chiesa Cattolica, 234). Per questo chiediamo al Signore che la nostra riflessione avvenga nella consapevolezza del mistero che Egli ci ha rivelato di sé, nella gioia di esserne partecipi, nell’impegno a corrispondervi con la nostra vita di “figli nel Figlio”.
Qualche insegnamento dalle letture: Tra “bello” e “facile” corre grande distanza, praticamente infinita. Così è della realtà della SS. Trinità, il Dio ‘trino e unico’, e della nostra partecipazione a questo mistero. Per nostra grande fortuna Gesù, la seconda persona della SS. Trinità, ha preso, con la natura divina, anche la natura umana, con tutte le sue conseguenze, accettando di essere limitato e mortale, come noi. I suoi limiti li hanno sperimentati tutti quelli che sono vissuti con lui, a cominciare da sua mamma, che doveva prendersi cura di un bimbo bisognoso di tutto. Ma a tutti loro – e, attraverso la loro testimonianza, anche a tutti noi – Egli ha dato impulsi per aprirsi allo straordinario, eccezionale, unico, che accompagnava la sua presenza. Già il modo di parlare e di agire mostrava uno straordinario che abbisognava di interpretazione. Le Letture di oggi sono testimonianze di questa rivelazione che procede per gradi: l’Antico Testamento, nell’Esodo, ci presenta incontri di Dio con i suoi confidenti (oggi si tratta di Mosè), che incominciano a rendersi conto che la realtà divina è totalmente diversa da quella umana; ed è tanto confortante che lo ‘straordinario di Dio’ è sì impenetrabile, ma è comunque per eccellenza “Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà”. Nel brano di San Paolo, nella 2 Corinzi, leggiamo l’augurio che i suoi cristiani vengano arricchiti con “la grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo”. Nel Vangelo di Giovanni il colloquio con Nicodemo è concluso da una famosa espressione di Gesù: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio”, mandato nel mondo “perché il mondo sia salvato per mezzo di lui” e perché ognuno – aveva detto pochi versetti prima – possa essere rigenerato dallo Spirito, anch’egli di natura divina.
Dio ha mandato il Figlio perché il mondo sia salvato:
Il brano del vangelo oggi inizia con una delle più commoventi affermazioni della Bibbia: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito” e tutto questo perché “il mondo sia salvato”. Ma il mandare non è stato per uno scopo qualunque, perché appena un versetto prima Gesù stesso aveva detto: “…bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo” (e questo accadrà con l’innalzamento sulla croce) (Gv 3, 14-18). Evidentemente la Chiesa, offrendoci questi ricordi, vuole che contestualizziamo il discorso della SS. Trinità in un progetto di amore e di passione, tenendo presente il cammino di Gesù in mezzo a noi.
Certo non possiamo nasconderci le difficoltà che porta con sé questo discorso per la nostra intelligenza: la famosa “una natura in tre persone” del nostro catechismo. Formulazioni più recenti cercano di suggerirci formule più vicine alla nostra sensibilità, come “Dio è unico ma non solitario”. E poi, seguendo ancora il Catechismo della Chiesa Cattolica, possiamo dire che “sono distinti tra loro per le loro relazioni di origine… in originaria unità”. “Per questo tutta la vita cristiana è comunione con ognuna delle persone divine, senza in alcun modo separarle. Chi rende gloria al Padre lo fa per il Figlio nello Spirito Santo; chi segue Cristo lo fa perché il Padre lo attira e perché lo Spirito lo guida”. Tanti secoli di cristianesimo hanno cercato di affacciarsi sull’infinito nello sforzo di rendere meno estraneo o apparentemente assurdo il mistero. La riflessione teologica ha offerto contributi appassionati, che hanno sempre cercato il dialogo fecondo con la fede di tutti i credenti.
Abbiamo sovrabbondato nelle citazioni e ne chiedo scusa.
A volte si sente qualche confidenza: io mi trovo bene con il Figlio ma poi basta; oppure con il Padre o lo Spirito Santo. Non preoccupiamoci, lasciamoci condurre dallo Spirito, che orienta secondo la sua sapienza per dare ad ognuno la modalità della chiamata che da tutta l’eternità i nostri TRE hanno fissato per noi.
In questa festa tanto grande lasciatemi fare una lunga eccezione, proponendovi ancora due testi, a cominciare dalla preghiera che una santa carmelitana, S. Elisabetta della Trinità, compose al termine della sua breve vita:
O mio Dio, Trinità che adoro, aiutami a dimenticarmi completamente, per stabilirmi in te, immobile e serena come se la mia anima fosse già nell’eternità; nulla possa turbare la mia pace né farmi uscire da te, o mio Immutabile, ma che ogni minuto mi porti più addentro nella profondità del tuo mistero! Pacifica la mia anima, fanne il tuo cielo, la tua dimora amata e il luogo del tuo riposo. Che io non ti lasci mai sola, ma che sia lì, con tutta me stessa, tutta vigile nella mia fede, tutta adorante, tutta offerta alla tua azione creatrice.
E ancora una citazione dal “catechismo” di San Paolo VI:
Attraverso la grazia del Battesimo “nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo” siamo chiamati ad avere parte alla vita della Beata Trinità, quaggiù nell’oscurità della fede e, oltre la morte, nella luce eterna.
Vostro don Giuseppe Ghiberti