Domenica 02-8-2020 – XVIII dom. A
Cari soci e amici dell’Amcor,
oggi, prima domenica di agosto 2020 ricordo che il 6 e il 9 agosto del 1945 furono sganciate le prime bombe atomiche su Hiròshima e Nagasàki, sono passati 75 anni. Quante vicende fino a oggi pubbliche e private. Ora viviamo la tragedia del Covid, che lascia dietro di se una scia di dolore e di morti.
Il Salmo che leggiamo oggi dice: “Il Signore è vicino a chiunque lo invoca, / a quanti lo invocano con cuore sincero.” (Salmo 145 (144), 17-19)
Gesù, avendo udito della morte di Giovani Battista, si ritira, oltre il mare, nel deserto (Mt 14, 13-21).
Il deserto non è solo un luogo fisico, è un atteggiamento, uno stile di vita, il modo che esprime la relazione con Dio. Il profeta Osea dice: “Perciò, ecco, la attirerò a me, / la condurrò nel deserto / e parlerò al suo cuore.” (Os. 2,16).
Il deserto è il luogo dell’anima dove ci si ritira (ritirarsi in greco si dice”anacwrew”da qui il termine anacoreta) per una scelta di fondo, è il cammino ove si incontra Dio.
Ma Gesù non resta da solo in questo deserto, anzi, come dice Don Giuseppe, sembra volersi far seguire. Poi nel vedersi circondato da tante persone si commuove, come con la vedova di Nàim, e spezza il pane di vita.
Il filo vivo che ci lega con la Parola di Dio e tra noi, oggi, nella parabola della moltiplicazioni dei pani e dei pesci, è l’Eucaristia. Eucaristia che ci dice che il Signore ci è vicino, è con noi in questo arduo cammino quotidiano. Paolo oggi ci ripete: “… chi ci separerà dall’amore di Cristo ? Forse la tribolazione, l’angoscia, … il pericolo, la spada ? (Rm. 8,35). Per questo sappiamo che non vinceranno il dolore e la morte, perché Gesù è con noi, anche se tante volte fatichiamo a sentirlo vicino. Dobbiamo invocarlo con cuore sincero.
Uniti nella comune preghiera Vi invio i saluti più cari con Don Giuseppe, Suor Maria Clara, Mariella e tutto il Consiglio.
Contardo Codegone
Settimanale AMCOR
02 – 8 – 2020: XVIII dom. A
Chi ci separerà dall’amore di Cristo?
Letture:1s 55, 1-3; Rm 8, 35.37-39; Mt 14, 13-21 – Per l’ultima volta leggiamo dal cap. 8 della Lettera ai Romani, mentre nel vangelo di Matteo abbiamo lasciato il capitolo delle parabole e ora, con il miracolo della moltiplicazione dei pani, ci avviciniamo al culmine del ministero di Gesù in Galilea. Il profeta Isaia, dall’Antico Testamento, trasmette al suo popolo l’invito del Signore a mangiare e bere quanto egli stesso offre, a conferma dell’alleanza eterna assicurata a Davide.
Qualche insegnamento dalle letture: Attraverso il profeta Isaia il Signore ripete due volte l’esortazione: “Su, ascoltatemi”. Se ubbidiamo, ricaveremo frutti di vita: ascoltatemi e mangerete, ascoltatemi e vivrete. Egli ci avverte anche a non spendere denaro per ciò che non è pane, mentre frutto dell’ascolto è un’alleanza eterna, la vita. Il tema del mangiare – in senso fisico – domina tutto il racconto evangelico: la gente è veramente interessata all’insegnamento di Gesù e sembra non badare alla fame. Gesù provvede lui, sfruttando una minima collaborazione e badando a non sprecare i resti del pasto. Paolo, al termine di un lungo ragionamento su Spirito, grazia e fede, tira le somme: “chi ci separerà dall’amore di Cristo?” e risponde: niente e nessuno. Ma la vittoria è debitrice a “colui che ci ha amati”. E’ un’ineffabile consapevolezza che chiude tutto un ragionamento ed esprime tutta una motivazione di vita.
Ascoltate e mangerete cose buone: il linguaggio delle letture bibliche è fortemente figurato, ma anche alla portata della nostra intuizione: il cibo da mangiare, il prezzo da pagare. Forse un po’ più immediato è l’insegnamento del miracolo evangelico. Gesù si è allontanato, forse per pregare, ma si direbbe che voglia farsi rincorrere. Capita ancora adesso, e a corrergli dietro c’è tutto da guadagnare. La gente che se ne accorge lo segue ed è numerosa. Sono a piedi, mentre lui è salito in barca. Lo aspettano e gli si raccolgono attorno: hanno portato anche dei malati. Gesù si lascia circondare e guarda commosso, compassionevole, tutta quella gente, che sembra solo attendere. E lui interviene, durante il giorno con tante guarigioni e al calar della sera dando loro da mangiare. A dir vero i discepoli pensano a un sistema molto semplice: hanno fame – vadano a comprarsene. Per fortuna Gesù ha un altro cuore e altri poteri. Ma prima provoca i discepoli: “Voi stessi date loro da mangiare”. Loro non s’arrabbiano, ma riconoscono la loro povertà. Quel che hanno è ridicolo nei confronti del bisogno. Ma a Gesù basta quello. Procede con una cerimonia di enorme significato, vista nel ricordo di quanto accadrà nell’ultima cena: preso quel poco che c’era, “alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla”. Non è ancora Eucaristia, ma certo un anticipo molto significativo. Ed è immersa in particolari impegnativi: prima di dare, Gesù prende da loro una piccola parte che impegna chi riceve il dono, rendendolo anche minimamente suo; il dono è preceduto dalla preghiera e coinvolge tutta la famiglia celeste. Quante cose di allora debbono entrare nell’Eucaristia di sempre: dono dell’onnipotenza del Fratello misericordioso, vuole essere ricevuto con la partecipazione del poco che ho, ma questo lo vuole tutto! E poi, come avviene in clima di condivisione, vuole creare una disponibilità di partecipazione.
Quanta semplicità nello straordinario di questa vicenda! E tanto più essa ci commuove nell’applicazione che ne possiamo fare al nostro oggi. Nel racconto parallelo che Giovanni fa di questo miracolo Gesù enuncia con chiarezza il rapporto tra i pani che ha moltiplicato, che ricordano direttamente la manna che Dio aveva dato per anni per sfamare il popolo ebraico nella traversata del deserto, e quel pane vivo che è lui stesso, la sua “carne”. Il cibo miracoloso di allora non aveva evitato la morte a chi lo mangiava, mentre quello che offre Gesù è pane per la vita eterna. Chiediamo al Signore di corrispondere in vita a quel dono e di ottenere il dono di poterlo ricevere per l’ultima preparazione all'”incontro”. Ma intanto oggi chiediamo di ricevere ogni volta il grande “dono”, in modo che tutto nella nostra condotta annunci “la morte del Signore finché egli venga” (cf. 1Co 11, 26-29).
San Tommaso d’Aquino aveva composto una grande sequenza, che la liturgia riprende il giorno del Corpus Domini. Richiamo solo brevissimi tratti: Vanno i buoni, vanno gli empi, / ma diversa ne è la sorte: / vita o morte provoca…// Buon pastore, vero pane, / o Gesù, pietà di noi:/ nutrici e difendici, / portaci ai beni eterni / nella terra dei viventi.
Vostro don Giuseppe Ghiberti