Domenica 22-11-2020 XXXIV domenica A “Settimanale Amcor”
Cari soci e amici dell’Amcor,
con questa domenica termina l’anno liturgico A e ci prepariamo al nuovo ciclo liturgico. Il tempo scorre e la Parola di Dio ci aiuta a trovare il senso di questo passare che è, insieme, anche un ricominciare. Ricominceremo con l’attesa di un evento che è già stato e che si riproporrà alla fine del nostro tempo e della storia.
Il nostro tempo quotidiano in questo periodo sembra scorrere con particolare lentezza, con in cuore molte preoccupazioni. Penso anche a Don Giuseppe che è ancora in attesa, mentre Vi scrivo, di essere chiamato dall’ospedale per un secondo intervento. Ricordiamolo tutti nelle nostre preghiere quotidiane. Sa bene che gli siamo tutti vicini con tanto affetto e riconoscenza e, a sua volta, costantemente ci ricorda al Signore.
Il Salmo di oggi ci invita alla fiducia e alla gioia. La Chiesa vede l’immagine dei Sacramenti espressa nel pascolo verdeggiante, nella sorgente di acqua fresca, nel banchetto predisposto dal pastore.
“Il Signore è il mio pastore: / non manco di nulla.
Su pascoli erbosi mi fa riposare. / Ad acque tranquille mi conduce.” (Sal 23/22, 1-2).
Ora prepariamoci alle Letture di questa domenica accompagnati dalle riflessioni di Don Giuseppe, caro padre e maestro, che anche in questi momenti non ci fa mancare la Sua parola, la sua guida.
In unità di preghiera Vi invio il mio saluto più caro unito a quello di tutto il Consiglio.
Contardo Codegone
Settimanale AMCOR
22 – 11 – 2020 : [XXXIV dom – A]. CRISTO RE
Andrò in cerca della pecora perduta
Letture: Ez 34, 11-12.15-17; 1Co 15, 20-26.28; Mt 25, 31-46 – La festa solenne di oggi vorrebbe riassumere e celebrare il mistero di Gesù nella sua pienezza. Ezechiele presenta Dio come buon pastore e noi vi ritroviamo l’anticipo delle parole che Gesù applica a se stesso; San Paolo ci parla di Gesù Figlio, che raggiunge il culmine della funzione e dignità di re con la sua vittoria sulla morte; Gesù stesso, nella parabola trasmessa da Matteo, si presenta come re che giudica tutti i popoli di tutti i tempi, distinguendo i buoni dai cattivi secondo il criterio “tutto quanto avete fatto a uno solo di questi piccoli l’avete fatto a me”.
Qualche insegnamento dalle letture – Il Signore ci aiuti a trovare le cose giuste, nella immensa ricchezza che ci viene incontro oggi, e a dirle in modo giusto. Ci sono molti pastori che praticano il loro mestiere, ma il modo con cui il Padre e il Figlio suo Gesù lo svolgono è unico.
La Scrittura lo indica col tono della diligente dolcezza, che si dimostra soprattutto nei riguardi della pecora più bisognosa: dispersa e smarrita, affamata, stanca, ferita, ammalata. Fin dall’antichità la figura del pastore del suo popolo era applicata al re e la Bibbia se ne serve volentieri.
San Paolo ricorre in altro modo alla figura del re, primizia della creazione. Nell’esercizio di questa qualità somma, Gesù re riporta vittoria anche sull’ultimo nemico, la morte. In questo trionfo della sua umanità si realizza appieno il piano di salvezza del Padre.
Il momento della grande celebrazione della regalità del Figlio giungerà quando tutta l’umanità sarà raccolta a rispondere del modo come ha accolto questa regalità: nel grande giudizio apparirà il mistero ineffabile della identificazione che il giudice-re proclamerà tra la vicenda degli uomini, soprattutto i suoi fratelli più piccoli, e la sua stessa vicenda: egli si identifica in modo addirittura preferenziale con i più bisognosi di aiuto e di amore.
L’ultimo nemico a essere annientato sarà la morte – Chi sono i protagonisti del discorso di oggi, della festa di oggi? L’intuizione che ha guidato l’istituzione di questa festa (avvenuta non molto tempo fa) è frutto del desiderio di trovare una formula che richiami un po’, riassumendo, i mille aspetti proposti dall’anno liturgico, tutto-sempre proteso a farci partecipi, almeno lontanamente consapevoli, del mistero del Dio amore, che crea, che guida, che salva. Poiché la nostra storia è la storia di Gesù che salva, di Gesù intermediario del mistero divino, è soltanto guardando a lui che si cerca di trovare qualche suggerimento. Pochi secoli fa la festa del Sacro Cuore di Gesù rappresentò un tentativo efficace di avvicinare quel mistero inesauribile alla nostra sensibilità. Un secolo fa venne proposta la contemplazione dell’esercizio regale della funzione messianica di Gesù. Certo questo titolo non sembra molto adatto a rispondere al nostro bisogno di affetto, ma l’unione delle due figure – re e pastore – porta la precisazione necessaria, assieme alla vittoria sulla morte e a ogni forza del male e, in misura eccelsa, al suo identificarsi col “fratello più piccolo”.
Non c’è bisogno di fare grandi ricerche, nella Sacra Scrittura, per trovare l’attribuzione della dignità e del potere regale a Gesù. Oggi di questa dignità-potere non abbiamo più molta esperienza dall’organizzazione dei popoli: i re e le regine sono pochi e, almeno in Occidente, le monarchie costituzionali limitano notevolmente le funzioni regali. Per Gesù, se vogliamo cercare dei limiti, dobbiamo affacciarci con tanta umiltà al mistero della SS. Trinità, al mistero della divinità-umanità di Gesù, che ci viene incontro nella seconda lettura di oggi: “Quando tutto gli sarà stato sottomesso, anch’egli, il Figlio, sarà sottomesso a colui che gli ha sottomesso ogni cosa”. Proprio questo forse ci aiuta di più: è per i limiti della sua divina umanità che Gesù ha potuto soffrire per noi, darci veramente tutto se stesso al punto di perdere la vita. Ed è in questo aspetto di umanità divina che il limite diventa il mezzo attraverso il quale egli esercita la sua misericordiosa comprensione. Non potremo mai dire che Egli non ci comprende: è proprio nella sua regalità che si esercita la più dolce capacità e volontà di dono.
Vostro Don Giuseppe Ghiberti