Venerdì 25-12-2020 Natale – “Settimanale Amcor”
Cari soci e amici dell’Amcor,
innanzitutto, subito, buon Natale: un Natale Santo e che ci renda Santi.
E’ questo lo spirito con il quale nell’arte bizantina la culla del bimbo era rappresentata nella forma del sepolcro, perché è insieme segno della vita e della morte. E’ il mistero svelato.
Nella veglia di Natale il Salmo intonava:
“Cantate al Signore un canto nuovo, / cantate al Signore uomini di tutta la terra.
Cantate al Signore, benedite il suo nome, / annunciate di giorno in giorno la sua salvezza.” (Sal 96/95, 1-2)
Oggi, giorno di Natale, il Salmo nuovamente invita al canto:
“Cantate al Signore un canto nuovo, / perché ha compiuto meraviglie.
Gli ha dato vittoria la sua destra / e il suo braccio santo.
… Tutti i confini della terra hanno veduto la vittoria del nostro Dio. / Acclami il Signore tutta la terra,
gridate, esultate, cantate inni.” (Sal 98/97, 1-2, 3-4)
Ma questo canto gioioso, questo annuncio di salvezza, questo mistero svelato non è accolto da tutti, trova opposizione in una parte del creato.
Don Giuseppe, con sapienza, nel guidarci alla comprensione del prologo giovanneo, uno dei testi più alti della letteratura umana, ci ricorda questa dimensione tragica che “è scoppiata col rifiuto che proprio parte di questi suoi fratelli gli hanno opposto”
“Ma è Natale tutto questo?” è la domanda di Don Giuseppe, padre e maestro, che ci prende per mano, con forza non usuale, e ci insegna a non semplificare, ci invita a scendere nel mistero di Dio.
La forza della Parola di Dio nel Natale è tenerezza, ma è anche, e soprattutto, una sfida potente che ci parla del “profondo dell’eternità divina”, ci porta a crescere nel nostro cammino di fede.
Con Don Giuseppe, Suor Maria Clara, Mariella e tutto il Consiglio Amcor invio gli auguri più cari a Voi, a tutti i Vostri famigliari, in particolare a quanti vivono con maggiore difficoltà questo Natale 2020.
Contardo Codegone
Settimanale AMCOR
25 – 12 – 2020: [Natale]
Tutti i confini della terra vedranno la salvezza del nostro Dio
Letture:Is 52, 7-10; Eb 1, 1-6; Gv 1, 1-18 – Il giorno di Natale prevede la possibilità di tre sante Messe: nella notte, all’aurora e nel pieno giorno. Noi dedichiamo la nostra attenzione alle letture liturgiche di quest’ultima. Dall’Antico Testamento, per bocca del profeta Isaia (nella parte più recente del suo libro) una visione profetica ci narra il ritorno del Signore a Sion (Gerusalemme): la sua sarà la venuta che porta salvezza. Decenni e secoli dopo questa profezia viene narrato – nella Lettera agli Ebrei – l’intervento di Dio, che “in questi giorni ha parlato a noi per mezzo del Figlio”. Nel vangelo Giovanni canta il mistero del Dio eterno e del suo Verbo, partecipe della creazione, partecipe pure della nostra vicenda umana: “Per mezzo di lui abbiamo ricevuto grazia su grazia”.
Qualche insegnamento dalle letture – il Signore affida alle nostre mani un lembo del mistero e il Figlio ci accompagna sulla soglia, perché possiamo godere del dono fattoci proprio nel Figlio: “Dio nessuno lo ha mai visto. Il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato” (Prologo di Giovanni). La nascita di Gesù è la festa dell’incarnazione del Figlio di Dio e dunque della rivelazione più perfetta che Dio ha voluto fare di sé stesso all’umanità. Le letture di questa Messa sembrano un po’ astratte, se le confrontiamo con l’incanto della notte dei pastori a Betlemme, ma ci invitano a prendere prospettiva dalla distanza, per avanzare un po’ nel cammino compiuto dal mistero.
Prima del suo compimento è il ritorno degli esuli dalla deportazione assiro-babilonese, secondo il profeta Isaia segno e pegno dell’intenzione universale di salvezza presente efficacemente fin dall’antichità. A realizzazione avvenuta la Lettera agli Ebrei fa una presentazione del mistero del Figlio (senza pronunciarne il nome) ricca di poesia e intensità di pensiero: “stabilito erede di tutte le cose e mediante il quale ha fatto anche il mondo”; ora egli siede nei cieli alla destra della Maestà. Intensità unica troviamo nel prologo del vangelo di Giovanni.
E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi – San Giovanni, il discepolo prediletto, detentore particolare dei segreti del Figlio, premette al suo grande racconto una composizione che partecipa delle qualità più alte delle letterature umane: il prologo giovanneo. E’ visione che inizia dal profondo dell’eternità divina, dove il Verbo partecipa, in seno alla Trinità, all’opera della creazione, in particolare della creatura umana. Con questa è stabilito subito un dialogo, che diventa tragico per l’ostilità che una parte della creazione oppone alla bontà luminosa del Verbo. Egli allora venne nel mondo, “fra i suoi, ma i suoi non l’hanno accolto”. Venne ad abitare in mezzo a noi, fatto “carne”, uomo autentico, anche con i suoi limiti. La tragedia è scoppiata col rifiuto che proprio parte di questi suoi fratelli gli hanno opposto. “I suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio”. Lui è il “Figlio unigenito” e a noi – quanti lo hanno accolto – “ha dato potere di diventare figli di Dio”. Lui e noi, uniti in legame indissolubile.
Ma è Natale tutto questo? Dov’è la dimensione “umana” dell’evento? certo gli altri vangeli hanno scelto un’altra pista e Luca, in particolare, ha molti tratti interessanti, carini, che possono aprire anche al ‘tenero’, al pastorale e magari al patetico. Effettivamente il modo umano in cui si è svolto l’evento c’è stato, con aspetti di eccezione e di sofferenza non piccola. La presenza di angeli e pastori non deve essere interpretata semplicemente come coloritura bucolica, perché forme di partecipazioni straordinarie all’interno e in sintonia con un evento straordinario hanno sì bisogno di esser interpretate, senza essere però cancellate per principio. Forse questo ricordo non era diffuso tra i primi discepoli di Gesù risorto, perché non sembravano costituire elementi essenziali nella spiegazione di quel “fenomeno Gesù” che con la sua morte e risurrezione aveva confermato e rafforzato il titolo di dedizione incondizionata da parte di chi accettava l’invito alla fede in lui. La sensibilità si accese entro non grande tempo, e di lì prese l’avvio anche la raccolta di particolari leggendari. Ma non sono il Nuovo Testamento, pur essendo spesso dolci e degni di rispetto.
Vostro Don Giuseppe Ghiberti