Domenica 25-4-21 IV Domenica di Pasqua – “Settimanale Amcor”
Cari soci e amici dell’Amcor,
“Io sono il buon pastore” dice Gesù (Gv 10,11). Questa affermazione racchiude significati forti ed è piena di echi profondi ed anche di domande.
Richiama direttamente la voce di Dio a Mosè dal roveto: “Io sono…” (Es 3,6).
Ma vi è una ulteriore ricchezza nascosta come una brace in questa immagine. La traduzione letterale sarebbe: “Io sono il bel pastore”.
Ora, certamente, “buono” e “bello” colgono due aspetti di un’unica verità. Buono guarda al comportamento, bello evidenzia l’immagine. L’immagine del Pastore incanta, coinvolge lo sguardo, è visione. Nel nostro cammino di fede abbiamo incontrato e vogliamo ancora incontrare figure di mistici che si sentono guidate e guardano alla bellezza segno della luce che ci conduce. Bello perché pieno di significato, di una bellezza che invita alla sequela, alla gioia del mistero pasquale.
Don Giuseppe ci apre una ulteriore dimensione di significati con delle domande quando ci ricorda che Gesù, buon (bel) pastore dice:
“Ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare”.
Si apre un universo spaziale, le pecore non sono solo il gregge che già conosce il pastore, ma l’intera l’umanità non ancora tutta raggiunta. Si apre un universo temporale, sono passati duemila anni e sono ancora tante le pecore che debbono conoscere il loro pastore.
Non dobbiamo lasciarci intimidire o abbattere da queste considerazioni, ci dice Don Giuseppe, perché: “La verità vista dalla prospettiva di Gesù ha un misterioso grado di realizzazione”. Ed è in questa dimensione di mistero che il nostro sguardo va verso il Pastore che ci guida.
Ed ecco allora il Salmo conclusivo del ringraziamento (‘hallèl’) pasquale che ci mette sulle labbra questo canto:
“Ti rendo grazie, perché mi hai risposto,
perché sei stato la mia salvezza” (Sal 118/117, 21)
Di fronte alle nostre domande sappiamo di avere come guida un pastore buono che ci salva, un pastore che ci ama e ci attira a sè con la sua luminosa bellezza:
“Rendete grazie al Signore, perché è buono,
perché il suo amore è per sempre.” (Sal 118/117, 29)
Nell’inviarVi un grande abbraccio Vi ricordo che martedì prossimo 27 aprile alle ore 18,00 Don Giuseppe ci guiderà sul tema “La Sindone, i Vangeli e la Pasqua” (la riflessine si svolgerà “da remoto” e ci aiuterà a incontrare il Volto del Signore, il nostro Pastore).
Contardo Codegone
Settimanale AMCOR
IV DOMENICA di PASQUA 25 – 4 – 21
Letture bibliche: At 4, 8-12; 1 Gv 3,1-2; Gv 10, 11-18
Gli Atti degli Apostoli ci raccontano un piccolo colloquio di Pietro, che spiega alla gente di Gerusalemme come sia avvenuto il primo miracolo compiuto dopo la Pentecoste: “Nel nome di Gesù Cristo… che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti, costui vi sta innanzi risanato… In nessun altro c’è salvezza”.
San Giovanni nella sua prima Lettera cerca di illustrare i criteri (si tratta in realtà della fede e della carità) che ci ottengono di godere della “comunione” con Dio e illustra la ricchezza di questa comunione, che ci permette non solo di “essere chiamati” ma di “essere realmente, fin da ora… figli di Dio”. Però non è ancora raggiunta la pienezza del dono. Attendiamo ancora una manifestazione che ci farà vedere Dio “così come egli è”.
E’ ancora san Giovanni a venirci incontro nel vangelo con un passo della sua parabola del buon pastore, colui che “dà la propria vita per le pecore”. Egli ha un rapporto di conoscenza e dedizione unica per le sue pecore: “conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me”. E’ commovente il paragone portato per illustrare il grado di intensa conoscenza che unisce Gesù, “buon pastore”, alle sue pecore: tra lui e loro corre un rapporto di conoscenza reciproca “come il Padre conosce me e io conosco il Padre”. Veramente non si può dare di più.
Diventeranno un solo gregge, un solo pastore
Ma dallo sfondo ci viene incontro un interlocutore inatteso: finora il rapporto si svolgeva tra Gesù e le sue pecore, però all’improvviso lo sentiamo dire: “Ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare”. Dunque il suo gregge ha un’estensione che coincide con l’orizzonte stesso, non conosce limiti né criteri di distinzioni o di qualifica. E’ proprio del “buon pastore” non stabilire classi o classifiche, perché tutto è unificato dall’amore originante dell’unico pastore.
Mentre leggiamo queste affermazioni, il pensiero si interroga su che cosa si sia realizzato di questo proposito nel corso dei secoli [pensiamo solo a quanto è accaduto nel vicino Oriente, a partire dall’Arabia, proprio nel tempo in cui la cristianità stava diffondendosi, in modi purtroppo poco pacifici, e proprio allora irruppe il movimento islamico, che lasciò poche tracce dell’eredità cristiana]. Più oscura ancora è la domanda circa quanto sia pensabile, realisticamente, sul cammino oggi della chiesa, delle chiese, dell’intera umanità. Quante “pecore” conoscono il loro pastore, si interessano della sua persona, del suo insegnamento, soprattutto del suo amore?
Confrontarci con predizioni che dovrebbero già essersi realizzate, umanamente parlando, comporta un rischio non piccolo, certamente. Ciononostante non dobbiamo lasciarcene intimidire o abbattere: la verità vista dalla prospettiva di Gesù ha un misterioso grado di realizzazione. Lui è il Crocifisso Risorto, il Figlio che il Padre ha dato al mondo. La mia fede ha diritto a ottenere un sì nella difficoltà – verrebbe da dire “al buio” – , nell’attesa che il beato “incontro” disperda tutte le nuvole.
Vostro Don Giuseppe Ghiberti