Domenica 18-7-2021 – XVI Tempo Ordinario B – Settimanale AMCOR
Cari soci e amici dell’Amcor,
ho letto e riletto le pagine della Parola di Dio che la liturgia di questa domenica 18 luglio ci offre, mi sono lasciato guidare da Don Giuseppe, caro padre e maestro, e mi sembra di intravvedere tre grandi affreschi, legati tra loro da un filo conduttore, da un riferimento alto sull’orizzonte:
- Il primo affresco è ispirato dalle parole del profeta Geremia (vissuto tra il 650 e il 537 a.C.). Frontalmente vi è vi è l’immagine sanguigna della distruzione di Gerusalemme (586 a.C.) ad opera di Nabucodonosor, distruzione determinata dalla malvagità del re Sedecia e della sua corte. Scene violente e drammatiche, ma l’affresco non finisce con questa immagine. In lontananza si vede tornare vivida la luce. Dio promette un re saggio e “Giuda verrà salvato e Israele vivrà tranquillo” (Geremia 23,6). All’orizzonte è preconizzata l’immagine del Messia.
- Il secondo quadro, descritto da Paolo, mostra la comunità di Efeso divisa tra ex-ebrei e ex-pagani, come ricorda Don Giuseppe, che discutono tra loro e litigano (pare di vederli e ascoltarli ciascuno con le sue certezze….). Ma anche qui, in lontananza, campeggia un segno di speranza, si alza la Croce che elimina l’inimicizia.
- Il terzo grande affresco, tratto da Marco, vede gli apostoli tornare da Gesù per raccontare ciò che hanno detto e insegnato (per la prima volta in Marco è usato il termine apostoli, inviati, e non discepoli). Gesù invita loro soli a venire in disparte. Poco più in là vi è il lago, la barca, una folla che accorre sulla riva “come pecore che non hanno pastore” (Mc 6,34). Chiude la scena, sull’orizzonte, Gesù che insegna. Don Giuseppe conclude: “Questa volta Gesù ha proprio messo in evidenza la sua tenerezza: prima vuole proteggere i discepoli e poi si commuove per la gente, che gli corre dietro, e non hanno pastore.”
Ed allora ecco il salmo di oggi, salmo poetico di grande delicatezza che ci porta a cantare la nostra fiducia nel Signore descritto proprio come pastore attento e premuroso, Signore che segna l’orizzonte della nostra vita. La tradizione attribuisce questo salmo a Davide quando, per fuggire da Saul, si era rifugiato nel deserto di Giuda.
“ Il Signore è il mio pastore: / non manco di nulla. / Su pascoli erbosi mi fa riposare, /
Ad acque tranquille mi conduce. / Rinfranca l’anima mia. /
Mi guida per il giusto cammino / a motivo del suo nome. /
Anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male, perché tu sei con me. /
Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza.” (Sal 23/22 1-4)
Concludo con le parole di Don Giuseppe: “Lui è la mia pace….”
Ricordo che proprio venerdì 16 luglio si festeggia la Madonna del Carmelo. Ci uniamo a Suor Maria Clara e a tutte le comunità carmelitane nel ricordo e nella preghiera.
Con Don Giuseppe e tutto il Consiglio vi invio i saluti più cari e un grande abbraccio.
Contardo Codegone
XVI dom. t. o. – B
(18 – 7 – 2021)
Letture bibliche – Ger 23, 1-6; Ef 2, 13-18; Mc 6, 30-34.
Le letture di questa domenica sono assai dense, a partire da temi molto coinvolgenti. Il profeta Geremia trasmette a quanti in Israele hanno il compito di pastori del popolo e lo stanno svolgendo male l’annuncio del castigo che li aspetta. In compenso il Signore darà loro pastori buoni che agiranno sotto la sua guida. Ma improvvisamente la profezia si allarga fino al tempo in cui il Signore manderà “un germoglio giusto” (dalla discendenza di Davide), che sarà chiamato “Signore nostra giustizia”. Ed è questa prospettiva misteriosa la fonte della fiducia.
Dalla Lettera paolina ai cristiani di Efeso udiamo una parola commovente: “Voi che un tempo eravate lontani siete diventati vicini, grazie al sangue di Cristo”. Ma a Efeso c’è una comunità divisa, composta di ex-ebrei ed ex-pagani: ebbene, Gesù è venuto a fare la pace (lui, che “è la nostra pace”), facendo dei due “un solo corpo”. Il Padre attende gli uni e gli altri, quei che erano lontani e quei che erano vicini.
Marco ci racconta nel suo vangelo la conclusione della prima missione dei discepoli, inviati da Gesù a un periodo di… “apprendistato”. Sono carichi di entusiasmo e hanno molte cose da raccontare. Gesù li lascia fare e poi si allontana con loro per dare loro la possibilità di… tirare il fiato. Ma la pausa dura poco: il tempo di una specie di “giro in barca”. La gente li segue e Gesù si commuove: “erano come pecore che non hanno pastore” e “si mise a insegnare loro molte cose”. Questa volta Gesù ha proprio messo in evidenza la sua tenerezza: prima vuole proteggere i discepoli e poi si commuove per la gente, che gli corre dietro, e non hanno pastore.
Egli (Cristo) infatti è la nostra pace
Il rapporto che lega Dio al suo popolo è espresso nella Bibbia con molti simboli, che nella loro diversità esprimono la ricchezza della realtà tutta. La figura del pastore è particolarmente presente ed espressiva, come dimostra l’uso che ne fa il Quarto Vangelo (con culmine in Gv 10) alla fine della stagione neotestamentaria: si direbbe che il bisogno di un buon pastore aumenta col tempo. In continuazione con questa figura troviamo quella del re, e Geremia afferma che lo chiameranno “Signore-nostra-giustizia”. Sono simboli che infondono una serenità fiduciosa, pur nella concretezza di una descrizione che non rifugge dal realismo più impegnativo.
Altra figura elementare è quella della distanza che passa tra ebrei e gentili. E’ tanto doloroso che due fratelli siano separati e divisi (e in contrasto tra di loro). Questa realtà penosa si incontra sovente nella Bibbia e continua ad accompagnarci nel cammino quotidiano. La pace e la riconciliazione sono state ottenute grazie al sangue di Cristo: “per mezzo di lui possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito”. Ma è scelta da confermare quotidianamente, anche perché l’obiettivo riguarda non solo fratelli provenienti da origini diverse.
Non è facile trovare un collegamento tra queste figure e l’episodio evangelico del ritorno degli apostoli dalla loro esperienza di annuncio (nella tournée a cui li aveva inviati Gesù), che sembra muoversi con una sua autonomia. Commuove, nella sua delicatezza, l’invito di Gesù agli apostoli (“Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po'”) seguito, con una descrizione velocissima, dal passaggio a momenti di grande insegnamento alle folle.
E’ impressionante un confronto tra il corso del pensiero di Paolo e quello di Gesù come lo descrive Marco. Gesù si preoccupa prima della stanchezza degli “apostoli”, poi della fame della folla, ma a questa risponde col suo insegnamento. Volgendo indietro lo sguardo alle letture precedenti, si direbbe di assistere al compimento della promessa che si leggeva allora: il Signore concederà un futuro di prosperità e di grazia, garantito dalla presenza e dagli interventi del “pastore” messianico. Efesini sembra offrirci una realizzazione dell’annuncio profetico: le opere efficaci del “germoglio giusto”, veramente principe di pace. Marco ci dà, attraverso il ricordo, la gioia di una dimostrazione nel comportamento di Gesù stesso. Il cammino dei discepoli non scanserà le difficoltà delle divisioni e incomprensioni tra fratelli redenti da Gesù, ma sarà sempre importante l’impegno a “riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce”. Lui è la nostra pace: con ambedue gli interlocutori: il Padre e i fratelli.
Vostro Don Giuseppe Ghiberti