Domenica 8-8-2021 – XIX Tempo Ordinario B – Settimanale AMCOR
Cari soci e amici dell’Amcor,
con la prima lettura di questa domenica 8 agosto incontriamo il profeta Elia (vissuto nel IX secolo a.C.) che, ci ricorda Don Giuseppe, “è il grande eroe profeta dell’Antico Testamento e anche nel Nuovo Testamento…”.
Per sfuggire alle milizie del re Acab, è chiamato a compiere a ritroso nel deserto, verso l’Oreb, il cammino compiuto dal popolo ebraico con l’esodo. E’ stanco, si sente perduto, vuole morire e si rivolge a Dio: “Ora basta, Signore!” (1Re 19,4). Dio, però, non lo abbandona e gli manda un angelo che gli porta il cibo della salvezza, come già aveva fatto con la manna per il popolo affamato nel deserto.
La tematica del cibo straordinario è ripresa “nel discorso eucaristico” di Gesù. Per la terza domenica, infatti, ci soffermiamo sulla lettura di un brano del capitolo 6 di Giovanni, che continueremo a leggere anche nelle prossime due domeniche. In questo brano Gesù afferma: “Io sono il pane disceso dal cielo” (Gv 6,41).
Don Giuseppe sembra guardarci negli occhi quando dice: “Stentiamo quasi a credere che Gesù abbia avuto il… coraggio di fare una rivelazione di tanta densità e impegno…” A queste parole così impegnative, però, “i giudei si misero a mormorare contro Gesù…” (Gv 6,41) come già avevano “mormorato” contro Mosè (Es 15,24).
Due considerazioni mi vengono spontanee:
- tante volte anche noi sperimentiamo la tentazione dello scoraggiamento e della disperazione,
- tante volte anche noi “mormoriamo”, è come un borbottio malevolo che ci fa chiudere in noi stessi e nascondere dietro pensieri mediocri (il verbo greco è “gonguzo” e ha un suono che evidenzia proprio il brontolare).
Il mormorio in questo senso ha un significato negativo, di chiusura. Gesù ci ripete ancora oggi: “Non mormorate tra voi” (Gv 6,43)
Il Salmo odierno riprende questo tema della risposta di Dio al nostro bisogno di salvezza. E’ un salmo di carattere sapienziale e, nella parte ripresa dalla liturgia, è un inno di ringraziamento perché Dio risponde alla nostra supplica, alla nostra ricerca sincera e appassionata.
Dio non ci lascia soli e il salmo ripete per noi i verbi magnificare, esaltare, cercare, guardare, gridare a fronte dei quali ci sono i verbi rispondere, liberare, ascoltare, salvare che esprimono l’azione di Dio:
“Magnificate con me il Signore, / esaltiamo insieme il suo nome. /
Ho cercato il Signore: mi ha risposto / e da ogni mia paura mi ha liberato. /
Guardate a lui e sarete raggianti, / i vostri volti non dovranno arrossire.
Questo povero grida e il Signore lo ascolta, /
lo salva da tutte le sue angosce.” (Sal 34/33, 4-7)
Con questo Salmo sulle labbra, insieme a Don Giuseppe, Suor Maria Clara e tutto il Consiglio Vi invio i saluti più cari e un grande abbraccio.
Contardo Codegone
XVIX dom. t. o. –B
(8 – 8 – 2021)
Letture bibliche – 1Re 19, 4-8; Ef 4, 30 –5,2; Gv 6, 41-51
Elia è il grande eroe profeta dell’Antico Testamento e anche nel Nuovo Testamento la sua figura è molto venerata: si pensi alla sua presenza nel racconto della trasfigurazione di Gesù (cf Mt 17,4: il massimo che la gente possa immaginare) e tra i personaggi che gli apostoli citano in risposta alla domanda di Gesù (cf Mt 16,14: “Chi dice la gente che sia il Figlio dell’Uomo?”). Oggi dal Primo libro dei Re Elia ci viene incontro in uno dei momenti difficili del suo cammino come testimone profetico. Deve giungere fino al monte Oreb e la forza per quel lungo cammino gliela dà il Signore, mandandogli un cibo e una bevanda che lo sostengono per il cammino di 40 giorni e 40 notti. La tematica del cibo straordinario è ripresa “nel discorso eucaristico” di Gesù. I Giudei che attorniano Gesù il giorno successivo al miracolo dei pani si allontano spiritualmente da Gesù man mano che questi concentra la sua tematica sulla propria persona, presentata come cibo: “Io sono il pane disceso dal cielo”, dunque di origine divina. I suoi interlocutori sanno bene invece che le sue origini sono modeste. Gesù carica la dose: lui è stato mandato dal Padre e opererà la risurrezione di tutti i morti “nell’ultimo giorno”. Lui viene da Dio ed è il “pane della vita”, disceso dal cielo: chi ne mangia vivrà in eterno, perché questo pane è…
“il pane che io darò – la mia carne per la vita del mondo”
Stentiamo quasi a credere che Gesù abbia avuto il… coraggio di fare una rivelazione di tanta densità e impegno, e quasi inattesa. Il discorso prosegue per alcuni versetti, ma le premesse che lo rendono sublime, ma anche non accettabile per gli uditori, ci sono già tutte.
Per accettare questo insegnamento occorre una libertà interiore come quella di cui parla la lettura del brano di Efesini: “fatevi imitatori di Dio”, con un atteggiamento di bontà. Veramente l’insegnamento della lettera è tutto finalizzato a inculcare l’imitazione più impegnata della carità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo (tutte e tre le persone divine sono nominate spontaneamente e chiaramente nella loro caratteristica propria). E’ significativo che in questo brano non è nominata la fede e in realtà è sottintesa in un modo tanto spontaneo: come è possibile praticare una finezza di carità come viene richiesta, se non si è motivati da una grande fede?
E’ così che i due discorsi della nostra celebrazione – quello eucaristico (di 1 Re e Giovanni) e quello parenetico/esortativo di Efesini – si incontrano e si sostengono a vicenda. Certo per “venire a me”, cioè al Gesù che sta preparando un regalo così grande che è già un miracolo farlo accettare (“io sono il pane disceso dal cielo”), bisogna “camminare nella carità, nel modo in cui anche Cristo ci ha amati”, dimentico di sé, “dando se stesso per noi”. La carità di Cristo, compresa, accettata, amata nella sua pienezza, è veramente la piattaforma della fede. Fin da adesso l’accogliamo col sì più totale, riconoscenti per ogni raggio di luce che vorrà accompagnare il suo dono.
Vostro Don Giuseppe Ghiberti