Domenica 12-9-2021 – XXIV Tempo Ordinario- Settimanale AMCOR
Cari soci e amici dell’Amcor,
per prepararci alle letture di questa domenica 12-9-21 Don Giuseppe ci invita “a cominciare dal Vangelo (di Marco)”.
Siamo a Cesarea di Filippo, nel nord della Galilea, dunque ancora in terra pagana come già domenica scorsa nella Decapoli.
Prosegue il nostro cammino di conversione guidati dalla Parola di Dio.
Gesù interroga i suoi discepoli e interroga anche noi: “Ma voi chi dite che io sia? “ (Mc 8,29). Don Giuseppe ci dice che Gesù “accoglie la misteriosa confessione di Pietro: Tu sei il Cristo.” (Mc 8,29).
Cristo, dal greco Christos, e Messia, dall’ebraico Mashiah, che significano unto, consacrato, avevano originariamente un significato più legato alla figura attesa del salvatore di Israele. Per questo probabilmente Pietro non capisce le successive parole di Gesù sul proprio futuro di sofferenza e di morte. Gesù, infatti, ci dice Marco, non usa questo termine, ma si mise a insegnare che: “il Figlio dell’uomo doveva soffrire…” (Mc 8,31).
Il Figlio dell’uomo ha un carattere universale di portatore dello Spirito di Dio, partecipe della divinità.
Un ulteriore passo. La prima lettura è tratta dai “carmi del servo di Adonai”. Don Giuseppe ci invita a guardare a: “questo personaggio misterioso (il servo)” che ci offre una specie di anticipo della vicenda di Gesù.
Il termine “servo” nella Bibbia è il titolo onorifico di chi rappresenta il sovrano. Il profeta che parla in nome di Dio è il servo per eccellenza.
Ecco dunque il cammino di conversione che ci fa incontrare, riscoprire e approfondire termini essenziali come: Cristo, Messia, Figlio dell’uomo, Servo sofferente.
Ancora, nelle letture di domenica, lo scrittore della lettera di Giacomo ci porta a riflettere sul significato complessivo della nostra fede con una domanda fondamentale: “una fede senza opere può salvarci?” È un grosso capitolo che si apre anche in noi stessi. Alcuni, come Lutero, arrivarono a non voler accettare la lettera di Giacomo per via del “sola fide” come percorso di salvezza, poi le posizioni si sono evolute.
La parola di Dio, attraverso S.Giacomo, è chiara: “A che serve se uno dice dice di avere fede, ma non ha opere?” (Gc 2,14)
Ecco altri due termini, strettamente legati, che si aggiungono per il nostro cammino di conversione: fede e opere.
Il Salmo ci fa aggiungere anche un’altra parola piena di luce: invocazione. Il pregare, per invocare e ringraziare, è necessario al nostro cammino di conversione.
“Mi stringevano funi di morte, / ero preso nei lacci degli inferi, /
ero preso da tristezza e angoscia. / Allora ho invocato il nome del Signore: /
Ti prego liberami, Signore.” (Sal 116,3-4)
Sarà ai piedi della Croce che il cammino di conversione e di fede, anche il nostro cammino, si completerà: “Vistolo spirare in quel modo, il centurione romano esclamò: Veramente quest’uomo era figlio di Dio.” (Mc 15,39)
Ma bisogna arrivare alla Croce di cui vediamo i segni impressi nella S. Sindone alla quale guardiamo con rispetto e venerazione.
Mi stupisce sempre l’intensità e la perenne novità delle parole del Signore. Esse sono l’inizio e la fine del nostro cammino, ne sono il fondamento.
Con questi pensieri vi invio un grande abbraccio insieme a Don Giuseppe, Suor Maria Clara, Mariella e tutto il Consiglio.
Contardo Codegone
XXIV dom. t. o. – B
(12 – 9 – 2021)
Letture bibliche – Is 50, 5-9a; Gc 2,14-18; Mc 8, 27-35
Cari Amici, oggi vi chiedo di invertire l’ordine delle letture e di incominciare dal Vangelo (di Marco). Durante le sue peregrinazioni dedicate alla predicazione del Regno di Dio, Gesù si sposta verso i confini settentrionali della Galilea, in compagnia solo dei discepoli, e ne approfitta per un discorso estremamente impegnativo. Prima li provoca perché si esprimano sul mistero della sua stessa persona e accoglie la misteriosa confessione di Pietro: “Tu sei il Cristo..”. A questo titolo, che sembra di gloria, Gesù fa seguire però subito la predizione: “Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto… venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere”. Pietro riprende la parola, per dire a Gesù che quelle cose non devono accadere e si merita così il rimprovero di Gesù, ricevendo il nome di “Satana”, perché vorrebbe capovolgere il progetto di Dio. E questo introduce Gesù in un pronunciamento inatteso sul programma anche di chiunque accetti di essere discepolo: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua”.
L’Antico Testamento offre una specie di anticipo della vicenda stessa di Gesù con un brano del primo dei cosiddetti “carmi del servo di Adonai” (dal profeta Isaia). Questo personaggio misterioso (il servo), che ricopre una funzione profetica, è fatto vittima di tutte le torture che sentiremo inflitte a Gesù. Ma “è vicino chi mi rende giustizia”. E lui “sa di non restare confuso”, forte della testimonianza della sua coscienza.
Di fronte a questa tematica il discorso che ci fa san Giacomo nella seconda lettura si direbbe fuori tema. Credo invece che il collegamento sia profondo: il cammino del discepolo di Cristo si propone il programma dell’imitazione del Maestro. Il destino della morte in croce è stata la grande “opera” compiuta da Gesù in favore di tutti i fratelli che mancano del sostegno quotidiano. Si direbbe che il discorso, mentre si allarga, si attutisce: si interessa a tutti i fratelli che sono in difficoltà (e dunque non dice di verificare prima a quale fede essi appartengano). Non si tratta primariamente di difficoltà di fede, bensì di quelle della vita comune, specificate come “il necessario per il corpo”, ed entrano in un discorso della fede, che “vive” solo attraverso queste opere. Negli insegnamenti di Gesù non ci sono compartimenti stagno: è vera fede in Gesù crocifisso e risorto solo quella che assume tra le sue preoccupazioni di fondo ogni necessità del fratello, senza distinzioni tra le necessità “materiali” e quelle dello “spirito”.
Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo
Questa frase non toglie nulla alla istintiva simpatia che ispira la persona di Pietro, ma ci dice che tutti noi ospitiamo le nostre belle manchevolezze. E ci fa tanto coraggio: se il primo Papa aveva tanti limiti, e Gesù non se n’è lasciato disturbare, con chiunque altro (anche da un poveretto come me) sarà capace di cavare ancora qualcosa di buono.
Cerchiamo solo di ricuperare il nocciolo di questa esperienza. Gesù pone la domanda fondamentale per dare il senso alla scelta di andare dietro a Lui o di prendere altre strade. Qualcuno se ne disinteressa e va per la sua strada. C’è invece chi si sente interessato e va dietro a Gesù, senza però pesare bene le conseguenze di questa scelta o coltivando attese d’interesse proprio. Gesù non tollera questo equivoco e completa: “il Figlio dell’Uomo deve soffrire molto ed essere rifiutato e risuscitare il terzo giorno”. Certo la predizione della risurrezione dopo tre giorni avrebbe dovuto dare coraggio, ma quel passaggio attraverso la morte violenta guastava tutto. Eppure Gesù non indietreggia e chiede a Pietro (e a tutti quelli che vorranno imitarlo nella sua determinazione) di venirgli dietro. D’altra parte il discepolo è proprio questo: uno che va e sta dietro al suo maestro, senza discutere ma solo con l’attenzione a imitare fedelmente e in tutto quel che decide e fa il maestro. Altrimenti si sceglie la parte di “Satana”, il grande ostacolo, il diabolico oppositore al progetto di Dio, colui che fa tante promesse e poi procurerà solo infelicità e dannazione.
In tutta questa vicenda non compare mai la mamma di Gesù. I vangeli concentrano la loro attenzione di volta in volta su pochissimi personaggi fondamentali. Mi viene però da pensare che la mamma seguisse sia pur confusamente le vicende della predicazione di Gesù e che avesse già molto affetto per i suoi discepoli e Pietro le stava già tanto a cuore. Avrà anche ottenuto, con la sua trepidante intercessione, che il pescatore di Betsaida e Cafarnao sapesse immagazzinare di giorno in giorno le lezioni che giungevano da queste esperienze. E noi le chiediamo la grazia di aiutare anche noi a non trascurare tutti i richiami che l’affetto di Gesù ci procura.
Vostro Don Giuseppe Ghiberti