Domenica 13-3-2022 – II di Quaresima – Anno C – Settimanale AMCOR
Cari soci e amici dell’Amcor,
guerra! Guerra, questa parola rimbomba terribile come un grido disperato nella notte. Guerra come una ferita aperta che squarcia il cuore. Guerra come la disperazione di chi, innocente, la subisce, come di chi, superbo, ne è la causa, come di chi la vive, impotente, da lontano.
Ci poniamo di fronte alla Paola di Dio che questa domenica 13-3-22 ci offre, cercando di coglierne il senso profondo per la nostra vita in generale e per la nostra vita oggi.
La prima lettura, tratta dal libro della Genesi, ci ricorda Don Giuseppe: “narra un evento fondante per tutta la rivelazione biblica: Dio stringe “alleanza perenne” con Abramo e la sua discendenza.” Il brano della Genesi si conclude: “Alla tua discendenza io do questa terra…” (Gn 15,18). Non ad Abramo andrà questa terra, ma alla sua discendenza, quindi anche a noi. Abbiamo la responsabilità di questo dono di Dio.
La lettera ai Filippesi, ci dice Don Giuseppe: “contiene accorate raccomandazioni ai neofiti di quella comunità perché prenda slancio il loro impegno di vita cristiana.” Queste raccomandazioni invitano la comunità a non vivere in modo esteriore la fede (da “nemici della croce di Cristo” e persone le per quali “il ventre è il loro dio.”), ma da persone consapevoli di essere cittadini dei cieli. Vivere la fede da amici della Croce vuol dire non dare peso all’esteriorità, alla sicurezza di una appartenenza religiosa, ma porre la nostra sicurezza in Cristo. Cristo “trasfigurerà il nostro misero corpo” (Fil 3,20). Questa è la nostra forza cioè restare saldi nel Signore.
San Luca ci narra la vicenda della trasfigurazione di Gesù. Don Giuseppe ci aiuta nella comprensione di questo brano ricordandoci che: “gli apostoli rinunciano a diffondere la notizia dell’esperienza che avevano fatto. Il silenzio è componente del mistero”.
Leggendo e rileggendo questo brano del Vangelo due aspetti mi hanno, in questo momento, colpito:
- Mosè ed Elia “parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme” (Lc 9,31). Luca definisce l’itinerario di Gesù come un esodo, un esodo che si compie a Gerusalemme. E’ come se Gerusalemme fosse diventata un luogo di prigionia come l’Egitto, luogo da cui bisogna partire per il cammino di salvezza. Il nostro esodo parte anche da questi giorni di sofferenza e di conversione, nella fiducia in Cristo.
- Pietro si rivolge a Gesù dicendo: “Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia” (Lc 9,33). Mi ha colpito che Mosè sia stato messo nel centro tra Gesù ed Elia, cioè che per Pietro prima dell’amore stia la legge. Mi ha colpito anche che il testo greco non dica “Maestro” (‘didàskalos’), ma sostanzialmente “Capo” (‘epistàtes’). Pietro ha ancora una visione di Gesù come ‘capo’ politico. Quanta strada ancora per Pietro e quanta anche per noi.
Mi sembra che il Salmo ci aiuti a trovare il filo del nostro cammino di fede. “Cercate il mio volto!” (Sal 27/26,8) ci dice il Signore e il mio pensiero va alla Santa Sindone. Di fronte alla guerra dobbiamo ricordarci che siamo nell’Alleanza con Dio, che dobbiamo vivere come amici della Croce cioè amandoci, che il nostro cammino di fede è un esodo difficile. Sappiamo che con noi nell’Eucarestia Gesù Maestro ci è vicino e ci è luce e salvezza.
“Il Signore è mia luce e mia salvezza: /
di chi avrò timore ? /
Il Signore è difesa della mia vita: /
di chi avrò paura ? /
Ascolta, Signore, la mia voce /
Io grido: abbi pietà di me, rispondimi! /
Il mio cuore ripete il tuo invito: /
‘Cercate il mio volto!’ /
Il tuo volto, Signore, io cerco. /
Non nascondermi il tuo volto, /
non respingere con ira il tuo servo. /
Sei tu il mio aiuto, non lasciarmi, /
non abbandonarmi, Dio della mia salvezza. /
Sono certo di contemplare la bontà del Signore /
nella terra dei viventi. /
Spera nel Signore, sii forte, /
si rinsaldi il tuo cuore e spera nel Signore.” (Sal 27/26 , 1; 7-8; 9; 13-14)
Mi è caro pensare che nella cattedrale di Leopoli (Ucraina) ci sia una copia della S. Sindone, così come a San Pietroburgo e a Mosca (Russia), portata dalla nostra Amcor. In questi giorni di guerra ripeto: “Il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto, non respingere con ira il tuo servo. … non abbandonarmi.”
Insieme a Don Giuseppe, Suor Maria Clara, Mariella, Patrizia e tutto il Consiglio vi invio un grande abbraccio e un invito a continuare nella preghiera per la pace.
Contardo Codegone
P.S. Vi ricordo che l’ Assemblea dell’Amcor si terrà sabato 26 marzo 2022 alle 15,30 in collegamento via ‘Google-meet’
II domenica di quaresima C
13.3.22
Letture: Gn 15, 5-12. 17-18; Fil 3, 17- 4,1; Lc 9, 28-36
In quaresima dopo la domenica delle tentazioni giunge quella della trasfigurazione. La novità non è mossa dal desiderio di creare un effetto di contrasto bensì di mostrare con chi realmente Gesù intrattiene il suo dialogo e su quale tematica esso di sviluppa. La lettura evangelica oggi è preparata dal racconto di un dialogo tra il Signore e Abramo nel cerimoniale della stipulazione dell’alleanza tra il patriarca e il paterno interlocutore divino. Di natura più vicina alla nostra vicenda attuale è il discorso di Paolo.
Il brano tratto dal libro della Genesi (il primo dell’Antico Testamento e di tutta la Bibbia) narra un evento fondante per tutta la rivelazione biblica: Dio stringe “alleanza perenne” con Abramo e la sua discendenza, seguendo un rituale che era parzialmente comune alle alleanze di allora (tra singole persone o famiglie o gruppi). Precede la promessa di Dio di una innumerevole discendenza per il patriarca. Abramo crede e accetta; viene allora suggellato il patto con un sacrificio. Dio accetta a sua volta e in conclusione del dialogo dà i confini della terra promessa: dal Nilo all’Eufrate.
La seconda parte della breve lettera di san Paolo ai cristiani di Filippi (Filippesi) contiene accorate raccomandazioni ai neofiti di quella comunità perché prenda slancio il loro impegno di vita cristiana, ora molto affievolito (“si comportano da nemici della croce di Cristo”). Sembra trattarsi di autentici epicurei (“il ventre è il loro dio”). Con un colpo d’ala Paolo rilancia la giusta prospettiva del credente: “la nostra cittadinanza è nei cieli” e di là noi “aspettiamo come salvatore il Signore… che trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso”.
Il nostro caro San Luca, evangelista di quest’anno, ci descrive la vicenda della trasfigurazione di Gesù. Egli ha appena presentato il primo annuncio della passione con l’enunciazione delle condizioni per seguire Gesù e, in compagnia di Pietro, Giovanni e Giacomo, sale “sul monte a pregare” (Luca è così attento a Gesù che prega!). E, “mentre pregava”, accade la trasformazione dell’aspetto e dei vestiti. D’improvviso la scena si vivacizza, per la comparsa improvvisa di due interlocutori di Gesù, Mosè ed Elia, quasi un ritorno dell’Antico Testamento. Infatti essi sono il grande legislatore e condottiero del popolo ebraico e il suo profeta più ricordato. “Parlavano del suo esodo” (cioè della sua passione e morte), tutti e tre insieme, e san Luca certamente ci vuol suggerire che la vicenda di Gesù, in tutti i suoi particolari, specialmente quello della sua dolorosissima conclusione in croce, è pienamente guidata dalla volontà del Padre. In contrasto con questa speciale “trinità” celeste ce n’è un’altra, quella dei tre apostoli che Gesù aveva preso con sé e che ora si stanno “godendo” la situazione. Lo esprime Pietro (“E’ bello per noi essere qui”), che conclude con la proposta di rendere stabile la situazione di quel momento: “facciamo tre capanne”. E’ perfin commovente vederlo preoccupato di “quei” tre e dimentico di loro tre (apostoli), ma “non sapeva quel che diceva”. Intanto però l’evento procede: arriva una nube che li avvolge e li spaventa. Ma solo ora la scena tocca il suo vertice: una voce celeste, del Padre, proclama Gesù “mio Figlio” e chiede che egli venga ascoltato. E’ il culmine, la conclusione di quell’esperienza e gli apostoli rinunciano a diffondere la notizia dell’esperienza che avevano fatto. Il silenzio è componente del mistero.
Questi è il Figlio mio, l’eletto, ascoltatelo
Il Battesimo di Gesù rimanda (con le parole di 3,22: “Tu sei il mio figlio, l’amato”) alla sua Trasfigurazione e questa è una visitazione anticipata della sofferenza che sta attendendo Gesù nella passione. Nella nostra scena la rivelazione inizia con il dialogo tra Gesù e Mosè ed Elia, per lasciare poi il campo alla “voce” (del Padre). I due interventi non sono identici: con i personaggi dell’Antico Testamento Gesù parla della sua passione, mentre la voce del Padre è rivelatrice della sua condizione di “Figlio, l’eletto”. Per noi ambedue le caratteristiche sono rivelazioni del grande mistero della natura divina di Gesù e del suo intervento redentore, particolarmente evidente nella passione. Notiamo intanto che da pochi versetti Gesù ha predetto che lui, “il Figlio dell’uomo, deve soffrire molto, … venire ucciso e risorgere il terzo giorno” (Lc 9,22); e fra altri pochi versetti egli “prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme” (9,51). E non siamo ancora a metà del racconto evangelico. Non possiamo proprio guardare il nostro dolce Signore senza partecipare della sua consapevolezza circa la pena che lo attende. La perfezione massima s’è messa al servizio di un amore di grandezza non descrivibile.
Vostro don Giuseppe Ghiberti