Domenica 10-7-2022 – XV Domenica T.O. – Anno C – Settimanale AMCOR
Cari soci e amici dell’Amcor,
ome è bella e impegnativa la Parola che la liturgia ci offre questa domenica 10-7-2022, XV° del Tempo Ordinario C.
Nel brano del Deuteronomio risuona il comando inappellabile: “Obbedirai”. Ci dice Don Giuseppe che: “Noi non amiamo questo modo di parlare.”
Ma riesco a capirlo quando, poco più avanti, viene indicata la strada per realizzare questa obbedienza: “ti convertirai al Signore, tuo Dio, con tutto il cuore e con tutta l’anima”. Ecco la sfida: è la conversione che rende possibile e comprensibile l’obbedienza. La conversione è possibile ascoltando la Parola di Dio. Ma dove risuona questa Parola? Non è lontano da noi che risuona, ma “nella tua bocca e nel tuo cuore…” (Dt 30,14). E’ in noi e attraverso di noi che Dio pronuncia la sua Parola abitando la quale possiamo convertirci e quindi vivere l’obbedienza.
Paolo ai Colossesi afferma con forza che Gesù non è un intermediario tra Dio e gli uomini, in una gerarchia guidata dalla riflessione filosofica. Ma “tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui… Tutte in lui sussistono”. Don Giuseppe ci apre il senso del messaggio paolino, esso infatti “canta le meraviglie del primato di Cristo su tutta la creazione…”
Il Vangelo di Luca ci porta a rispondere alla domanda “Chi è il prossimo ?” attraverso la parabola del buon samaritano.
Il dottore della legge che voleva mettere alla prova Gesù risponde subito: “Chi ha avuto compassione di lui”. Don Giuseppe, con amarezza ci dice: ”Eppure non è mica così sicuro. Scrivo mentre giungono notizie di violenze e distruzioni in un paese cristiano, a opera di un altro paese cristiano e in quel caso le sofferenze colpiscono non uno ma migliaia di fratelli con conseguenze che dureranno in un futuro incalcolabile….. dove non c’è accettazione e cura del prossimo non c’è vita – e, soprattutto, non c’è neanche Gesù.”
Il Salmo incastonato tra queste letture ci porta a cantare la legge del Signore che “è perfetta, rinfranca l’anima…” ricordandoci che “il timore del Signore è puro, dura sempre…”. Il timore del Signore si esprime nel silenzioso ascolto che ci riempie di lui, ci porta alla conversione.
“La legge del Signore è perfetta, /
rinfranca l’anima; /
la testimonianza del Signore è verace, /
rende saggio il semplice. /
Gli ordini del Signore sono giusti, /
fanno gioire il cuore; /
i comandi del Signore sono limpidi, /
danno luce agli occhi. /
Il timore del Signore è puro, dura sempre; /
I giudizi del Signore sono tutti fedeli e giusti, /
Più preziosi dell’oro, di molto oro fino, /
Più dolci del miele e di un favo stillante. (Sal 19/18,8;9; 10-11)
Nel nostro cammino di fede incontriamo tante difficoltà e ostacoli, ma dobbiamo restare sempre in ascolto di Dio perché la Sua Parola è vicina a noi, è nella nostra bocca e nel nostro cuore.
Insieme a Don Giuseppe, Suor Maria Clara, Mariella, Patrizia e tutto il Consiglio, uniti nella preghiera per la pace, Vi invio un grande abbraccio.
Contardo Codegone
XV Dom. t. Ord. C – 10. 7. 22
Letture – Dt 30, 10-14; Col 1,15-20; Lc 10, 25-37
Oggi nel brano del Deuteronomio ci viene incontro una parola del Signore che risuona come comando inappellabile: “Obbedirai”. Al Signore che parla si può solo rispondere con l’ubbidienza totale: osservando “i suoi comandi e i suoi decreti”. Noi non amiamo questo modo di parlare, pieno di pretese. La mamma, quando comandava qualcosa e mi sentiva brontolare, aveva due argomenti: è per il tuo bene e lo capirai più tardi. Mi sembra che il Signore non dica cosa diverse. Infatti insiste sul clima che deve regnare nella nostra ubbidienza: “ti convertirai al Signore, tuo Dio, con tutto il cuore e con tutta l’anima”. E anche se quanto dice è molto impegnativo, metterlo in pratica è esigenza del mio stesso cuore. Ma è necessario che Lui proprio nel mio cuore abbia un posto importante, il primo.
San Paolo non era stato a Colossi, ma aveva curato la fondazione di quella cristianità attraverso l’opera di Epafra, che continuava a tenerlo al corrente delle vicende di quei cristiani. Il passo proposto oggi ha un particolare afflato, perché canta le meraviglie del primato di Cristo su tutta la creazione, a cominciare dal suo vertice, che sono gli angeli. Quant’è ineffabile l’espressione della totalità della creazione: “tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui… Tutte in lui sussistono”. E noi siamo talmente suoi che apparteniamo al suo corpo, la Chiesa, partecipiamo alla sua vittoria sulla morte, per la salvezza collettiva del mondo (a lui devono aderire i singoli – tutti noi! -nelle nostre decisioni).
Dal vangelo di Luca sentiamo la parabola del buon samaritano. Gesù ha iniziato il viaggio verso Gerusalemme, nella consapevolezza di quanto lo attende nella città santa. Si susseguono vari dialoghi, che culminano in una delle parabole più commoventi di Gesù. Un dottore della legge (uno che ha già le qualifiche di uomo sapiente) vuole sapere che cosa sia necessario, secondo Gesù, quando si voglia “ereditare la vita eterna”. Gesù risponde enunciando il principio dell’amore totale: al primo posto c’è Dio, ma poi la conclusione è meno semplice di quanto sembri: “(amerai) il prossimo tuo come te stesso”. Qui giunge il personaggio non atteso: non un Dio senza rapporti, bensì “il prossimo tuo”, in una misura non facile da calcolare: “come te stesso”. Ma il problema è il prossimo e Gesù è invitato a dire chi sia per lui il prossimo: lui lo fa con quell’arte sovrano del racconto, semplice e densissimo. Un poveretto che scende da Gerusalemme a Gerico (dislivello di mille metri!!) ha la sfortuna di essere assalito da briganti, pestato a sangue, spogliato e lasciato sul sentiero. Che cosa gli capiterà? Passano diversi tipi di persone: un sacerdote, un levita e poi un samaritano. I primi due sono gente molto religiosa, ma hanno i loro motivi per non sporcarsi col sangue di quel poveretto. Loro passano e lui si aggiusti. Il caso è molto serio, potrebbe costare la vita a quel poveretto, ma cosa farci, se gli è andata male? Per fortuna l’ultimo, che viene dalla Samaria e per i giudei non ha una grande simpatia, ciononostante “ne ebbe compassione” e fece tutto quello che poteva: una specie di pronto soccorso sul posto e poi il trasporto a un luogo di ristoro lungo il cammino. Gli sta vicino la notte e al mattino lascia una sommetta per eventuali spese, raccomanda che il ferito venga curato bene, rimandando l’impegno per eventuali resti di spesa quando lui passerà al ritorno. Bisogna dire che non poteva fare di più: ci ha messo il cuore, il tempo, i soldi. A questo punto alla domanda di Gesù su chi sia stato “il prossimo” la risposta è scontata, come anche quella di Gesù: “Va e anche tu fa così”.
Va e anche tu fa così – Forse avremmo aspettato il richiamo ai grandi principi dell’amore di Dio e del prossimo e invece Gesù mette il suo uditorio – e quindi anche me – di fronte a un fatto concreto. E’ possibile che si tratti addirittura di un caso dubbio, perché non è chiaro se la legge allora permettesse di imbrattarsi con il sangue di uno che è stato ferito lì, sulla strada. Ma per Gesù non è affatto dubbio, e anche il suo interlocutore capisce la lezione e a Gesù che domanda “Chi ti sembra che sia stato il prossimo…” risponde subito: “Chi ha avuto compassione di lui”. Eppure non è mica così sicuro. Scrivo mentre giungono notizie di violenze e distruzioni in un paese cristiano, a opera di un altro paese cristiano e in quel caso le sofferenze colpiscono non uno ma migliaia di fratelli con conseguenze che dureranno in un futuro incalcolabile. Il prossimo è la realtà più naturale e contemporaneamente spesso la più scomoda: dove non c’è accettazione e cura del prossimo non c’è vita – e, soprattutto, non c’è neanche Gesù. Sappiamo che tutte queste componenti sono necessarie, anche se fortunatamente è possibile che non esista il richiamo a Gesù e sia presente un affetto a fratello o sorella nel bisogno. Ma intanto Gesù mi invita a una sincera verifica personale.
Vostro don Giuseppe Ghiberti