Domenica 28-8-2022 – XXII Domenica T.O. – Anno C – Settimanale AMCOR
Cari soci e amici dell’Amcor,
le letture di questa domenica 28-8-2022 richiamano la nostra attenzione sui temi tra loro collegati della lotta contro la superbia e per l’umiltà.
Il Libro del Siracide (dal greco “Sapienza di Sirach” ) fa parte della bibbia greca e non rientra nel canone ebraico. Il testo è stato scritto intorno al 190-180 a.C. da “Giosuè figlio di Sirach” (detto “Ben Sira”) e tradotto in greco dal nipote poco dopo il 132 a.C.
Siamo nell’epoca dei Seleucidi che avevano preso il potere nella zona del medio-oriente (Mesopotamia, Siria, Persia) dopo la morte di Alessandro Magno (323 d.C.).
Intorno al 200 a.C. i Seleucidi conquistarono anche la Giudea sconfiggendo in varie guerre i Tolomei che regnavano in Egitto. In particolare Antioco Epifane (re seleucide dal 175 al 163 a.C.) tentò di ellenizzare con la forza il popolo ebraico sotto il suo dominio. Questo tentativo determinò la rivolta dei Maccabei contro questa imposizione violenta della cultura greca e le ruberie poste in essere da questo re.
Ricordo che in quel periodo storico si realizzò anche la traduzione in greco del Pentateuco e, in seguito, anche degli altri libri veterotestamentari (traduzione detta la “septuaginta” perché per tradizione fatta da 72 eruditi ebrei). Questa traduzione era destinata probabilmente alla fiorente comunità ebraica di Alessandria d’Egitto e alla grande biblioteca alessandrina.
In questo tumultuoso contesto storico Ben Sira, appartenente probabilmente al gruppo degli “hasidim – uomini pii” che si proponevano di difendere e conservare la fede giudaica, scrive questa raccolta di detti e di riflessioni sul tema della sapienza che viene rappresentata in forma quasi personificata.
Ben Sira (letteralmente “figlio di Sira”) tratta della sapienza che discende dal Signore e delle virtù che essa genera come il timore di Dio, il rispetto dei genitori, l’umiltà. Sapienza che è rappresentata dalla Legge data da Dio al popolo eletto attraverso Mosè. Il brano che ci è proposto, sottolinea Don Giuseppe, ha proprio come preoccupazione di base: ‘la lotta contro la superbia, perché “per la misera condizione del superbo non c’è rimedio”, mentre “ai miti Dio rivela i suoi segreti”. Ne facciamo esperienza quotidianamente nella nostra vita e nelle vicende del mondo intero.’
Ben Sira guarda dunque con forza alla tradizione ebraica, alla legge di Mosè, ai riti del Tempio, ai sacerdoti che questi riti celebravano e mantenevano vivi. Lo sguardo è rivolto al passato da difendere e tramandare. Sarà Gesù che, che recuperando appieno l’antica tradizione, la porterà a compimento volgendone la prospettiva al futuro, alla “nuova alleanza”.
La seconda lettura, tratta dalla Lettera agli Ebrei, ci dice Don Giuseppe: “canta gli effetti della fede nella vita di quanti l’accolgono.” Ci guida ancora Don Giuseppe: “Ci troviamo di fronte al mistero del piano della salvezza, che l’amore infinito della Provvidenza divina realizza dall’inizio della storia…. (questo amore) ha avuto i momenti culminanti nella venuta del Figlio Gesù, preparata in modo particolare nei rapporti coltivati da Dio col popolo dell’alleanza.” Ci troviamo dunque di fronte a Gesù “mediatore dell’alleanza nuova”.
Nel brano del Vangelo di Luca che ci è proposto risuona la grande sentenza: “chiunque si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato”. Don Giuseppe ci spiega: ‘Ma la vera finale viene enunciata dopo: “Quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi e ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti”, infatti la vera ricompensa arriva alla “Resurrezione dei giusti”. Conclude Don Giuseppe, aprendoci un testo apparentemente semplice, ma quanto mai ricco: “Ci fa riflettere l’unione delle due tematiche: la raccomandazione sulla virtù dell’umiltà (che non cerca l’affermazione di sé) e la raccomandazione, tanto calda, della disposizione a fare parte al fratello dei beni in nostro possesso.”
Il Salmo è un inno di ringraziamento che ripercorre la storia del popolo di Israele. Dio è descritto come colui che guida il popolo eletto dall’Egitto alla terra promessa, attraversando il deserto. Il popolo così guidato è passato attraverso grandi vittorie, ha visto la nascita del regno di Davide e Salomone, ha avuto i profeti attraverso i quali Dio si è espresso. Il Terzo Isaia, come abbiamo visto domenica scorsa, ha dato una dimensione universalistica alla chiamata di Dio. Si erge nel Salmo la figura di Dio “Padre degli orfani e difensore delle vedove”.
I giusti si rallegrano,
esultano davanti a Dio
e cantano di gioia.
Cantate a Dio, inneggiate al suo nome:
Signore è il suo nome.
Padre degli orfani e difensore delle vedove
è Dio nella sua santa dimora.
A chi è solo, Dio fa abitare una casa,
fa uscire con gioia i prigionieri.
Pioggia abbondante hai riversato, o Dio,
la tua esausta eredità tu hai consolidato
e in essa ha abitato il tuo popolo,
in quella che, nella tua bontà,
hai reso sicura per il povero, o Dio. (Sal 67/68, 4; 5ac; 6,7ab; 10,11)
La lotta contro la superbia non è un semplice autocontrollo, l’essere umili non è debolezza, ma forza. Un ascolto attento del Siracide e delle altre letture di questa domenica ci fa capire che una relazione con gli altri non superba, è veramente umile solo se è vera. La “Resurrezione dei giusti” di cui ci ha parlato Luca, gli “spiriti dei giusti resi perfetti” della Lettera agli Ebrei, l’esultanza dei giusti ricordata nel Salmo, ci confermano che la lotta alla superbia e che la virtù della umiltà si fondano sull’adesione alla verità rappresentata da Cristo. Esse si esprimono compiutamente in questa dimensione di corretta relazione con i fratelli.
Con Don Giuseppe, Suor Maria Clara, Mariella, Patrizia e tutto il Consiglio sentiamoci uniti nel continuare l’assidua preghiera per la pace.
Contardo Codegone
XXII Dom. t. Ord. C –28. 8. 22
Letture – Sir 3,17-18. 20. 28-29; Eb 12, 18-19. 22-24a; Lc 14, 1.7-14
La prima lettura si presenta col nome del suo autore, Siracide (è il nome del sapiente che è all’origine di questi insegnamenti, pubblicati poi da un nipote), ed è densa di insegnamenti per il nostro comportamento, anche se la storia della sua composizione ha lasciato tracce in varianti delle nostre edizioni. Sono però ricchi di praticità tutti i consigli che il testo ci suggerisce come ammonimento di vita. Essi raggiungono la radice delle motivazioni e decisioni umane. Preoccupazione di base è la lotta contro la superbia, perché “per la misera condizione del superbo non c’è rimedio”, mentre “ai miti Dio rivela i suoi segreti”. Ne facciamo esperienza quotidianamente nella nostra vita e nelle vicende del mondo intero.
La seconda lettura (dalla Lettera agli Ebrei) canta gli effetti della fede nella vita di quanti l’accolgono. Nei confronti di quanto nell’Antico Testamento era vissuto dai membri della prima alleanza, che avevano un contatto parziale con Dio, “voi”, cioè coloro che hanno aderito a Gesù, “mediatore dell’alleanza nuova”, siete entrati nell’ordine nuovo, nell’assemblea di coloro i cui nomi sono scritti nel cielo. Ci troviamo di fronte al mistero del piano della salvezza, che l’amore infinito della Provvidenza divina realizza dall’inizio della storia. Esso ha avuto i momenti culminanti nella venuta del Figlio Gesù, preparata in modo particolare nei rapporti coltivati da Dio col popolo dell’alleanza. A questa preparazione ha fatto seguito la venuta del Figlio, che ci dona l’eterna alleanza.
Nel brano del vangelo di Luca Gesù, che sta “salendo” verso Gerusalemme, è stato invitato a pranzo da “uno dei capi dei farisei”. Deve essersi verificata una scena non rara in quei casi, di mille mosse, finte e controfinte, per collocarsi ai primi posti accanto al capotavola. Gesù invece dice di cedere il posto ad altri, perché qui suona la grande sentenza, che tutti abbiamo già sentito: “chiunque si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato”. Ma la vera finale viene enunciata dopo: “Quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi e ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti”. La vera ricompensa arriva alla “Risurrezione dei giusti”. Ci fa riflettere l’unione delle due tematiche: la raccomandazione sulla virtù dell’umiltà (che non cerca l’affermazione di sé) e la raccomandazione, tanto calda, della disposizione a fare parte al fratello dei beni in nostro possesso.
Vostro Don Giuseppe Ghiberti