Domenica 9-10-2022 – XXVIII Domenica T.O. – Anno C – Settimanale AMCOR
Cari soci e amici dell’Amcor,
le letture di questa domenica 9-10-22 ci invitano a riflettere sui temi della gratuità e dell’universalismo che dovrebbero caratterizzare l’agire del cristiano.
La prima lettura, dal secondo libro dei Re, fa riferimento al ciclo di Eliseo (IX secolo a.C.), discepolo e successore del profeta Elia. Ci troviamo in un contesto, non ripreso nel brano della prima lettura, di contrasti e di episodi di guerra continua tra Israele e la Siria.
In questa situazione il re della Siria invia un suo ministro, di nome Naamàn, malato di lebbra dal re di Israele perché lo guarisca. Questa richiesta parve al re di Israele come una provocazione irrealizzabile. Il re si stracciò, dunque, le vesti in segno di disperazione. Eliseo quando fu informato di queta situazione disse al re di mandargli Naamàn. Quando questi giunse davanti alla dimora di Eliseo, il profeta gli disse di bagnarsi sette volte nel Giordano.
Il brano della prima lettura di questa domenica parte da questo momento. Naamàn, dopo qualche riluttanza, accettò di immergersi nel Giordano e fu guarito.
Eliseo rifiuta i doni che il ministro gli offre, ma accetta che lui prenda con sé un po’ di terra di Israele per poter compiere sacrifici e olocausti non più ad altri dei, ma al Dio di Israele (in quei tempi storici ogni territorio aveva il suo Dio “nazionale”, su quella terra, dunque, si esprimeva la propria fede). Don Giuseppe ci dice che si è trattato di una decisione “esemplare” per poter offrire: “(su quell’altare) un sacrificio accetto a Dio, ‘solo al Signore’ ”.
Ecco il tema della gratuità, il profeta Eliseo non vuole nessuna ricompensa (il suo servo Giezi che di nascosto si farà pagare da Naamàn, verrà punito con la lebbra), e dell’universalismo. E’ un siriano, infatti, quello che viene guarito e che diventa credente.
Per la seconda lettura, che inizia con l’invito a Timoteo “ricordati”, Don Giuseppe ci prende per mano e ci dice che l’oggetto di questo ricordo è “Gesù Cristo, risorto dai morti, discendente da Davide”.
Gesù è il centro della nostra vita, ed è per tutti gli uomini, perché tutti sono scelti da Dio. Don Giuseppe ci spiega: ‘Paolo dice “quelli che Dio ha scelto”, ma a quella ‘scelta’ appartengono tutti i nati di uomo’.” L’universalità del messaggio è sottolineata con forza..
Il brano del Vangelo di Luca narra il miracolo fatto da Gesù “lungo il camino verso Gerusalemme”. Entrando in un villaggio vengono incontro a Gesù dieci lebbrosi. Mi ha un po’ colpito che questi lebbrosi vengano incontro a Gesù quasi fossero dentro il villaggio (i lebbrosi dovevano stare ben lontani da un centro abitato). Forse qui vi è un ulteriore elemento che il racconto vuole lasciarci. Vi è una malattia fisica, ma anche una malattia morale.
I dieci si rivolgono a Gesù chiamandolo “maestro” (in greco il termine usato è “epistàta” che vuol dire “capo”), ma forse vedono ancora in lui un possibile condottiero. Sono ancora legati a una visione materiale del ruolo liberante di Gesù.
Gesù li guarisce, ma solo uno, un samaritano, torna indietro a ringraziare (“Alzati e va’; la tua fede ti ha salvato” Lc 17,19). Gli altri nove, pur guariti nella carne, non lo sono per la fede. Anche qui è confermato il senso universale dell’agire di Gesù ed anche la gratuità del dono del Signore.
Il Salmo è un inno escatologico che, per gli ebrei, verrà anche cantato alla fine, all’arrivo del Messia. Noi lo cantiamo durante l’Eucaristia, presenza salvifica del Signore tra noi.
Cantate al Signore un canto nuovo, /
perché ha compiuto meraviglie. /
Gli ha dato vittoria la sua destra /
e il suo braccio santo. /
Il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza, /
agli occhi delle genti ha rivelato la sua giustizia. /
Egli si è ricordato del suo amore, della sua fedeltà alla casa d’Israele. /
Tutti i confini della terra hanno veduto /
la vittoria del nostro Dio. /
Acclami il Signore tutta la terra, /
gridate, esultate, cantate inni! (Sal 98/97, 1; 2-3ab; 3c-4)
Il Salmo ci invita a ripetere: “Il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza, / agli occhi delle genti ha rivelato la sua giustizia.” E’ un messaggio universale di salvezza, un messaggio che rivela la giustizia di Dio. Il Signore ci aiuti ad avere sulle labbra questo canto pur nel difficile nostro cammino di fede.
Insieme a Don Giuseppe, Suor Maria Clara, Mariella, Patrizia e tutto il Consiglio, uniti in accorata preghiera per la pace, Vi invio un grande abbraccio.
Contardo Codegone
P.S. Per sabato 22 ottobre, alle ore 15,30, abbiamo organizzato un incontro con il prof. Bruno Barberis a conclusione del ciclo di riflessioni sulla liturgia tenendo anche conto della Lettera Apostolica di Papa Francesco (“Desiderio Desideravi” del 29 giugno 2022) sulla formazione liturgica del popolo di Dio. Vi daremo quanto prima ulteriori dettagli.
XXVIII Domenica t. Ord. C
9. 10. 22
Letture: 2 Re, 5, 14-17; 2 Tm 2, 8-13; Lc 17, 11-19
Dal secondo Libro dei Re ci viene narrata la conclusione della vicenda del generale di Siria, Naaman, che era stato liberato dalla lebbra per intercessione del profeta Eliseo: il vero frutto è stato il riconoscimento da parte del generale pagano: “Ora so che non c’è Dio su tutta la terra se non in Israele”. La conseguenza è stata la decisione, esemplare, di portare con sé, da Israele, al suo paese pagano, la terra necessaria per potere anche in casa sua offrire (su quell’altare) un sacrificio accetto a Dio, “solo al Signore”.
La seconda lettura, dalla lettera di Paolo per il carissimo Timoteo, incomincia con un commovente “ricordati”. Poi continua specificando l’oggetto del ricordo: “di Gesù Cristo, risorto dai morti, discendente da Davide”. Si direbbe che Paolo non può far a meno di tornare sulla verità fondamentale della risurrezione di Gesù. E non importa se questo annuncio di una vita costa a Paolo la compagnia continua delle catene “come un malfattore”. L’apostolo non si lascia spaventare, perché sa che “la parola di Dio non è incatenata”. Ed è perché questa libertà sia condivisa dal più gran numero di persone (Paolo dice “quelli che Dio ha scelto”, ma a quella ‘scelta’ appartengono tutti i nati di uomo) che l’apostolo accetta le sue catene. Il ragionamento è chiuso da una serie di eventi e scelte che possiamo condividere con lui (morire o vivere con lui…) e che terminano con la imitazione che speriamo rimanga impossibile: “Se siamo infedeli, lui rimane fedele, perché non può rinnegare se stesso”. Non è una conseguenza dall’esterno: lui è così, non può essere che amore fedele, pur con tutto il prezzo pagato per questa fedeltà.
San Luca racconta un miracolo accaduto “lungo il cammino verso Gerusalemme”. In un villaggio samaritano avviene l’incontro di Gesù con dieci lebbrosi, che gli chiedono “pietà”. Gesù parla solo, dicendo ciò che qualunque persona può dire: “andate a presentarvi ai sacerdoti”. Essi ubbidiscono e per istrada sono guariti. Ma solo uno terna indietro per dire ‘grazie’ a Gesù. E lui si lamenta per i nove che mancano. In compenso rimanda il guarito: “La tua fede ti ha salvato”. Il racconto è chiarissimo, nei particolari, che fanno fare bella figura all’unico, quello che sembrava dare meno fiducia (uno “straniero”). Chi sa quale è il motivo? Non bastano i1 ‘presupposti buoni’, per essere noi stessi buoni. Quante volte la vita quotidiana, anche ai nostri giorni, ci presenta fatti simili. E io sono tanto sensibile se accade a mio danno e trovo tanti motivi, invece, per scusare le mie grossolanità verso altri. Naaman, il generale siro (cioè pagano) della prima lettura, ha dato un esempio molto diverso.
Se siamo infedeli, lui rimane fedele, perché non può rinnegare se stesso
Non è la fedeltà della testardaggine, Signore, la tua, ma solo quella dell’amore. San Paolo dice le cose in una maniera secca, come per dirci di non contarla lunga. Eppure questa verità è così limitata a un punto, solo perché è espressione dell’eternità, ma, portata nel nostro tempo, la vediamo travalicare tutti i suoi limiti, perdurante proprio per tutta l’eternità. Da tutta l’eternità Lui ci ama di quell’amore, che proprio perché è diverso dal nostro non può correre il rischio di essere mai rinnegato. Chiediamo al Signore che ce la imprima nella carne, questa verità, perché è l’unica vera sicurezza, su cui possiamo appoggiarci sempre.
Vostro Don Giuseppe Ghiberti