Domenica 13-11-2022 – XXXIII Domenica T.O. – Anno C – Settimanale AMCOR
Cari soci e amici dell’Amcor,
le letture di questa domenica 13-11-2022 hanno come filo conduttore “le cose ultime” (in greco “èskata” da cui “escatologia”).
Il tema è quello della “fine del mondo”, del suo “come”, del suo “quando” e della sua “finalità”.
Questo tema assume in Israele le forme letterarie della “apocalittica” (dal greco “apokalypsis” cioè rivelazione, manifestazione, svelamento).
Questa forma letteraria apocalittica è mutuata dalle categorie culturali e letterarie dell’AT e in particolare di Daniele (terremoti, lampi, tuoni, guerre, fuoco, pestilenze…) ed è un genere letterario abbastanza comune ai popoli del Medio Oriente in quell’epoca, assai meno per la cultura greca. Il movimento apocalittico era particolarmente rilevante al tempo di Gesù e legato all’attesa imminente dell’arrivo del Messia e alla purificazione necessaria per l’instaurazione del “Regno di Dio”.
La prima lettura è tratta dal profeta Malachia e riprende il tema del giorno del fuoco che è caratteristico della predicazione profetica.
Il libro di Malachia era probabilmente anonimo, il nome, infatti, significa “mio messaggero”. La datazione di questo autore lo situa in epoca successiva al ristabilimento del culto nel tempio al rientro dall’esilio Babilonese (515 a.C.) e prima della proibizione dei matrimoni misti (ebrei – non ebrei) decretata sotto Neemia (445 a.C.).
Don Giuseppe ci dice di Malachia che la: ‘sua grande preoccupazione è che il suo popolo sia preparato al “giorno” del Signore, in cui avverrà la punizione dei “superbi e di tutti coloro che commettono ingiustizia”, mentre “per voi che avete timore del mio nome sorgerà… il sole di giustizia”.’ Verrà, dice Malachia, “un giorno rovente come un forno” per i superbi, mentre per chi ha timore di Dio sorgerà “un sole di giustizia”.
Il brano della seconda lettera di Paolo ai Tessalonicesi, scritta intorno al 51 d.C. da Atene, si chiude con il forte appello al lavoro come garanzia di libertà aggiungendo che “chi non vuole lavorare, neppure mangi”. Molti, inoltre, allora pensavano all’imminente arrivo della fine del mondo e non facevano più nulla.
Mi sembra un importante cambiamento di prospettiva, anche rispetto al mondo greco per il quale il lavoro materiale non era valutato e considerato specifico degli schiavi.
Proprio in questa seconda lettera (cap.2) Paolo scrive pagine impegnative sulla venuta del Signore e ciò che la precederà.
Il brano del Vangelo di Luca introduce il tema della fine del mondo. Ci dice Don Giuseppe che Luca: “riporta un brano dei discorsi finali di Gesù, prima della passione”. Il richiamo alla futura distruzione del tempio, ammirato dal Monte degli Ulivi, genera uno “stupore doloroso dei discepoli, che domandano quando accadrà quel disastro.”
Gesù ammonisce che questo non significa che è subito la fine. Prima, sottolinea Don Giuseppe: “Molte tribolazioni dovranno accadere, e in particolare pesanti persecuzioni….. Ma il male non prevarrà…. ‘Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita’.”
Don Giuseppe ci prende per mano in questo difficile cammino e ci ricorda che: ”emerge sempre – determinante – la nostra fede…”, la nostra perseveranza nel cammino della fede.
Sento la fine del mondo innanzi tutto come la mia fine personale, la fine del mio tempo, fine che passa attraverso la morte. Dopo questo passaggio il mio essere individuale sarà in una dimensione diversa.
Così la fine del mondo mi sembra raccogliere l’attesa della seconda venuta di Gesù. Venuta che completerà e concluderà la creazione così come la conosciamo nell’oggi di tutti i tempi. Questo presente di attesa si concluderà.
Il Salmo è un inno escatologico. Sono tutti gli uomini, ma anche l’universo, che inneggiano al compimento finale del mondo da parte del Signore.
“Cantate inni al Signore con la cetra, /
con la cetra e al suono /
di strumenti a corde; /
con le trombe e al suono del corno acclamate davanti al re, il Signore. /
Risuoni il mare e quanto racchiude, /
il mondo e i suoi abitanti. /
I fiumi battano le mani, /
esultino insieme le montagne /
davanti al Signore che viene a giudicare la terra. /
Giudicherà il mondo con giustizia /
e i popoli con rettitudine.” (Sal 98/97, 5-6; 7-9a; 9b)
Sentiamoci nel disegno di grazia del Signore che “Giudicherà il mondo con giustizia / e i popoli con rettitudine.”
Siamo già in un mondo pieno di morte, distruzione, dolore, pestilenze, ingiustizia, siamo nella lotta tra la luce e le tenebre, lotta che si compie nel nostro cuore e nella storia.
Abbiamo bisogno dello Spirito di Sapienza in noi perché renda perseverante il nostro cammino di fede di fronte al mistero.
Insieme a Don Giuseppe, Suor Maria Clara, Mariella, Patrizia, uniti nella preghiera allo Spirito, Vi invio un grande abbraccio.
Contardo Codegone
P.S. martedì 6 dicembre 2022 celebreremo la Santa Messa presso la Chiesa del SS. Sudario alle ore 18,00 e sarà un momento anche per scambiarci gli auguri per il prossimo Santo Natale.
XXXIII domenica t. o. C – 13. 11. 22
Letture: Ml 3, 19-20a; 2 Ts 3, 7-12; Lc 21, 5-19
Il profeta Malachia è uno dei cosiddetti “profeti minori” per la brevità dei loro scritti. Sua grande preoccupazione è che il suo popolo sia preparato al “giorno” del Signore, in cui avverrà la punizione dei “superbi e di tutti coloro che commettono ingiustizia”, mentre “per voi che avete timore del mio nome sorgerà… il sole di giustizia”. Le immagini sono comuni in particolare alle esortazioni dei profeti che predicano nel periodo successivo all’esilio, per combattere la tendenza all’appiattimento dell’imitazione dei popoli pagani, che circondano il popolo d’Israele.
Nella seconda Lettera ai Tessalonicesi ‘Paolo’ fa energiche esortazioni ai cristiani di Tessalonica perché si impegnino a “guadagnarsi il pane lavorando con tranquillità”. E’ un tema raro nei nostri scritti, ma significativo: l’esercizio concreto della fede nella redenzione in Cristo passa anche attraverso l’impegno quotidiano nel lavoro. Non troviamo una riflessione esplicita sulla dignità del lavoro bensì quel ragionamento spontaneo che dice: se vuoi mangiare, lavora e non sfruttare gli altri. E, quasi in accordo con questo tono minore, Paolo non porta l’esempio di Gesù ma quello del suo stesso comportamento. Ma al proprio esempio egli unisce “l’esortazione nel Signore nostro Gesù Cristo”.
Il brano del vangelo di Luca riporta un brano dei discorsi finali di Gesù, prima della passione. Alcuni degli apostoli, che stanno contemplando (dal Monte degli Ulivi) la bellezza del tempio di Gerusalemme; di fronte ai loro entusiasmi Gesù predice invece la distruzione totale di quel complesso. Stupore doloroso dei discepoli, che domandano quando accadrà quel disastro. Gesù parla di una realizzazione a tappe, che saranno interpretate da molti come segni della conclusione. Ma, ammonisce Gesù, “non è subito la fine”. Molte tribolazioni dovranno accadere, e in particolare pesanti persecuzioni. Sarà sempre il momento, per gli apostoli e i credenti, di “dare testimonianza”. Ma il male non prevarrà: nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto”. La parola conclusiva di Gesù è dedicata alla perseveranza: “con la vostra perseveranza salverete la vostra vita”.
Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita
Quante cose ha chiesto il nostro divin Salvatore come condizione in preparazione per i tempi del nostro incontro definitivo con lui: molto spesso è la fede, non meno frequente l’amore al fratello. Al momento in cui parla del traguardo egli richiede la perseveranza. In qualche modo si ripetono i movimenti della parabola del seminatore: ottiene il frutto chi non desiste dall’accompagnare il seme affidato dal seminatore alla terra e seguito nei suoi movimenti. La fecondità è nel seme, la forza nella terra, la garanzia nella cura di chi vigila contro le difficoltà che sopraggiungono. Quest’ultimo non deve illudersi, ma anche non ritrarsi da quell’impegno che accompagna il crescere del frutto. Di solito contro la perseveranza si oppongono gli ostacoli della sfiducia, della svogliatezza, della debolezza e – naturalmente – della mancanza di fede. La sfiducia accettata e coltivata è un grave torto contro Gesù crocifisso; la svogliatezza è ancora una incorrispondenza a chi non ha mai lesinato nell’offerta di sé – per me; la debolezza è determinante solo se mi illudo di combattere da solo; e alla resa dei conti in ognuna di queste cause emerge sempre – determinante – la nostra fede tanto debole da giudicare insensata la speranza, non meritevole il dialogo di amore, umile e confidente, con chi continua a dare tutto per noi.
Vostro Don Giuseppe Ghiberti
Trovate tutte le omelie di don Giuseppe al seguente link:
http://www.amcor-amicichieseoriente.org/approfondimenti/il-settimanale-di-don-giuseppe/