Domenica 29-1-23 – IV Tempo Ordinario A – Settimanale AMCOR
Cari soci e amici dell’Amcor,
e letture di questa domenica 29-1-2023 evidenziano lo sguardo di Dio sui poveri della terra e il suo richiamo a un cammino di fedeltà alla sua Parola.
La prima lettura è tratta dal libro del profeta Sofonia.
Nel titolo del suo libro il profeta afferma che Dio si è rivolto a lui al tempo di Giosia che fu re di Giuda per circa trent’anni, approssimativamente dal 640 al 609 a.C.
Giosia, dal suo dodicesimo anno di regno, si impegnò con grande determinazione a restaurare il culto di Yahweh anche distruggendo i santuari dedicati a Baal.
Intorno al 609 a.C. Giosia sembra abbia voluto contrastare il Faraone Necao II che passava in Palestina diretto in aiuto degli Assiri, ma fu ferito dagli egiziani nei pressi della fortezza di Meghiddo (ai piedi del monte Carmelo) e morì poco dopo.
La morte violenta di un re considerato giusto e pio rappresentò un rilevante problema interpretativo tanto che il pensiero apocalittico venne a suggerire che proprio a Meghiddo, alla fine dei tempi, si determinerà lo scontro finale tra le forze del bene e quelle del male, “l’Armaghedon” dell’Apocalisse (Ap 16,16).
Dato il silenzio di Sofonia sul re Giosia (tranne la citazione iniziale), si può pensare che egli predicò nella fase della fanciullezza di Giosia, prima cioè del suo impegno riformatore. Sofonia, infatti, si scaglia contro le mode straniere e i culti dei falsi dei.
Il messaggio di Sofonia si condensa, dunque, nell’invito alla conversione e nell’annuncio del giorno del Signore, giorno di ira e di distruzione.
Il “Dies irae, dies illa…” (attribuito al francescano Tommaso da Celano 1200-1260 d.C.) trae proprio il suo inizio da Sofonia (“Giorno d’ira quel giorno, giorno di angoscia e di afflizione, …” Sof 1,15).
Don Giuseppe, prendendoci per mano, ci illustra i due brevi testi, tratti dal libro di Sofonia, che la liturgia di oggi ci presenta. Questi testi contengono una raccomandazione e una profezia. La raccomandazione a cercare il Signore e a seguire i suoi ordini per trovarsi al riparo nel giorno della sua ira. La profezia che promette il permanere di un “resto di Israele”, popolo umile e povero che confiderà nel Signore e non commetterà più iniquità.
Il testo di San Paolo, tratto dalla prima lettera ai Corinti, invita quella comunità e noi a liberarci dal vizio dell’ambizione. Ci dice Don Giuseppe che: ‘Paolo è severo: “potenti”, “nobili” non sono le categorie che incontrano il gusto di Dio; piuttosto quello che è “debole, stolto, quello che è nulla” per il mondo Dio “lo ha scelto per confondere i forti”, perché nessuno possa vantarsi di fronte a Dio.’
Nel brano del Vangelo di Matteo ascoltiamo l’inizio del discorso della montagna con le beatitudini. Don Giuseppe, guidandoci nella comprensione di questo testo, ci dice: “Non sarà facile individuare il filo che ci permetta di dare un’interpretazione organica a tutta questa lista di comportamenti che danno lo stile di vita gradito da Dio.” Prosegue Don Giuseppe: “Andando per impressioni, vien da dire che questo complesso di indicazioni si preoccupa di segnalare il positivo che conta nel giudizio di Dio sulla realtà e l’agire umano.” In conclusione, il nostro vissuto: ‘sarà sempre imperfetto, ma ugualmente appassionante nella consapevolezza che “il regno dei Cieli” è qualcosa di più impegnativo ma anche più “beatificante” che il “regno di quaggiù”’.
Il Salmo, che è inno a Dio che soccorre, ci conferma la fedeltà di Dio, il suo guardare ai poveri e agli ultimi. Egli ci rialza quando cadiamo. Ripetiamo con il cuore questo salmo che ci accompagna nel cammino della fede confermandoci che non siamo soli: egli è fedele.
“Il Signore rimane fedele per sempre, /
rende giustizia agli oppressi, /
dà il pane agli affamati. /
Il Signore libera i prigionieri, /
Il Signore ridona la vista ai ciechi, /
il Signore rialza chi è caduto, /
il Signore ama i giusti, /
il Signore protegge i forestieri. /
Egli sostiene l’orfano e la vedova, /
ma sconvolge le vie dei malvagi. /
Il Signore regna per sempre, /
il tuo Dio, o Sion, di generazione in generazione.” (Sal 146/145 7-9)
In un mondo che non trova la via della pace, nel nostro cammino della vita ove sovente incespichiamo, ripetiamo “Il Signore regna per sempre”.
Con Don Giuseppe, Suor Maria Clara, Mariella, Patrizia e tutto il Consiglio, uniti nella preghiera, vi inviamo un grande abbraccio.
P.S.
– Incontro di formazione Sabato 28-1-23 ore 15,30 Consolata, tenuto da Mons. Savarino sui primi secoli cristiani.
– Assemblea Amcor sabato 25 marzo 2023.
– Esercizi Spirituali Susa 14-15-16 aprile 2023 relatore Don Priotto sul Pentateuco.
IV dom. t. o. A – 29. 1. 23
Letture – Sof 2, 3; 3, 12-13; 1 Co 1, 26-31; Mt 5, 1-12.
Dal breve libro del profeta Sofonia la liturgia oggi assume solo due brevi testi: anzitutto una raccomandazione a quella parte del primitivo regno di Giuda rimasto quasi autonomo nonostante la pressioni degli imperi mesopotamici e poi una profezia sull’intervento che il Signore farà in favore di quella parte del popolo che si manterrà fedele e “confidente nel nome del Signore”. La raccomandazione ha un tono molto limpido nella sua impegnativa semplicità: “Cercate il Signore… la giustizia, l’umiltà, per trovarvi al riparo nel giorno dell’ira”. La profezia promette la presenza del “resto d’Israele”, popolo umile e povero, che confida nel Signore, non commette più iniquità, non pronuncia menzogne. La conseguenza oggi può addirittura commuoverci: “potranno pascolare e riposare senza che alcuno li molesti”. Mentre trascrivo questa profezia, penso alla situazione della non-pace in tante parti del mondo, specialmente nell’Europa Orientale, in tanti paesi dell’Asia e dell’America…
Nella prima Lettera ai Corinzi sentiamo una riflessione di Paolo, che partendo dalla constatazione di una fondamentale bontà dei cristiani di Corinto (giunti da poco al cristianesimo per opera della predicazione di Paolo), cerca di estirpare un viziaccio che s’è fatta strada in quella comunità: quello di una ambizione smodata nel fare leva su titoli di ogni genere che possano giustificare una prevalenza degli uni sugli altri, individui e soprattutto conventicole e partiti. Paolo è severo: “potenti”, “nobili” non sono le categorie che incontrano il gusto di Dio; piuttosto quello che è “debole, stolto, quello che è nulla” per il mondo Dio “lo ha scelto per confondere i forti”, perché nessuno possa vantarsi di fronte a Dio. Egli invece ci ha fatto l’inestimabile dono di “essere in Cristo Gesù”, perché “chi si vanta si vanti nel Signore”.
Nella lettura del vangelo di Matteo sentiamo l’inizio del “discorso della montagna” con le famose “beatitudini”. Gesù sale su uno dei suoi amati “monti”, si pone a sedere (come un maestro che ha un insegnamento importante da dare) e parla in primo luogo ai discepoli, che lo ascolteranno senza interromperlo per tre lunghi capitoli. Oggi ci vengono presentati gli inizi di questo discorso. Probabilmente per tutti noi si tratta di un testo, quello delle otto o nove beatitudini, che tutti abbiamo sentito più volte, cercando sempre di venire a capo di una serie di pretese confinanti con l’assurdo. Non sarà facile individuare il filo che ci permetta di dare un’interpretazione organica a tutta questa lista di comportamenti che danno lo stile di vita gradito da Dio. Andando per impressioni, vien da dire che questo complesso di indicazioni si preoccupa di segnalare il positivo che conta nel giudizio di Dio sulla realtà e l’agire umano. E contemporaneamente è un invito a non accogliere come criterio di giudizio quanto istintivamente il nostro desiderio vorrebbe perseguire.
Quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, Dio lo ha scelto… perché chi si vanta si vanti nel Signore
Il primo moto che proviamo in occasione di una scelta è di orientarci su quel che ci piace ed evitare quel che non entra nel nostro gusto o interesse. Interviene però subito un giudizio sulla base di vari criteri: mi fa bene o mi fa male? È giusto per gli altri attorno a me o non è giusto? Corrisponde al “gusto” del Signore o ne è contrario? Le “beatitudini” che abbiamo udito offrono risposte e criteri per questi problemi e hanno la “pretesa” di vantare il “gusto” di Dio. Chi vede la realtà come discepolo di Gesù pronuncia un giudizio sulla base delle “beatitudini” e si avvia a chiamare bello e brutto, buono o cattivo ciò che corrisponde a quel criterio. E come tutte le scelte, ne consegue che so di dovermi attenere a un criterio. Gesù lo ha tratteggiato con queste semplici righe, le “beatitudini”, che a prima vista sembrano appartenere alla categoria dell’assurdo.
Viene naturalmente la domanda: ciò che mi piace perché deve essere messo in seconda linea come criterio per scegliere o lasciare un orientamento di risposta? E’ possibile individuare un criterio di risposta vario, ma per me, credente, l’esempio e la parola di Gesù sono determinanti, al punto da diventare esclusivi di altri orientamenti. E Gesù è stato veramente “l’uomo delle beatitudini”, perché le ha fatte suo nel vissuto. E poi, a conferma consolante, viene il comportamento di quanti hanno preso sul serio l’esempio e i criteri di Gesù, a cominciare da sua mamma e tutti i santi. A questo punto si chiude il discorso e si apre il vissuto: sarà sempre imperfetto, ma ugualmente appassionante nella consapevolezza che “il regno dei Cieli” è qualcosa di più impegnativo ma anche più “beatificante” che il “regno di quaggiù”.
Vostro Don Giuseppe Ghiberti
Trovate tutte le omelie di don Giuseppe al seguente link:
http://www.amcor-amicichieseoriente.org/approfondimenti/il-settimanale-di-don-giuseppe/