Domenica 13-8-23 – XIX Tempo Ordinario A – Settimanale AMCOR
Cari soci e amici dell’Amcor,
e letture di questa domenica 13-8-23 ci trasmettono l’invito di Gesù nel Vangelo: “Coraggio, sono io, non abbiate paura” (il testo greco dice: “Egò eimì” – “Io sono”).
Nella prima lettura (1^ libro dei Re) Elia, in segno di sottomissione, si copre il volto con il mantello di fronte al passaggio di Dio non nel terremoto, nella bufera o nel fuoco, ma nel “sussurro di una brezza leggera”.
Elia, dopo essere stato sfamato da un angelo, era entrato in una caverna. Anche Mosè era stato posto da Dio nella “cavità di una rupe” (Es 33,22) e la mano di Dio l’aveva coperto al Suo passaggio.
Elia stava fuggendo da Israele verso l’Horeb, il monte di Dio, inseguito dalle guardie della regina Gezabele, moglie del re Acab (che regnò in Samaria per oltre venti anni dall’875 al 854 a.C.).
Gezabele era figlia del re di Tiro e la sua influenza aveva portato alla introduzione del culto di Baal a Samaria. Elia si oppose fortemente a queste scelte fino a uccidere i sacerdoti di Baal e per questo era perseguitato.
Ricordo l’episodio di Nabot, proprietario di bei vigneti, che fu fatto uccidere da Gezabele per impossessarsi delle sue terre, nonostate che Elia avesse preso le sue difese.
Il re Acab fu, in politica estera, un re guerriero che riuscì a sconfiggere gli Assiri nella battaglia di Qarqar (853 a.C.), fermandone l’avanzata, e morì poi combattendo.
Ricordo che Herman Melville, nel suo romanzo Moby Dick, chiamò Acab il comandate della baleniera.
Paolo esprime il dolore del suo cuore per gli israeliti suoi fratelli che hanno “l’adozione a figli”.
Matteo ci dice dell’incertezza di Pietro chiamato da Gesù a camminare sulle acque: “Signore, se sei tu…”.
Non riesco a scriverVi altro perché ho davanti agli occhi ciò che ci scrisse (v.allegato) Don Giuseppe, tre anni addietro, commentando queste letture e sono commosso, perché pare proprio di sentire la sua voce:
“Ma allora, Pietro caro, tanto sicuro non sei: proprio come capita non di rado a me. E anche a me il Signore dice: “Vieni!”. Possa essere questa la parola che mi dirai quando, nell’ultima traversata, mi sentirò intralciato dalle onde di tutte le incorrispondenze accumulate durante la navigazione di mia vita.”
Don Giuseppe è ora “nell’ultima traversata”, sentiamoci vicini, uniti, a lui in questo “vieni” di Gesù che lo aspetta, che ci aspetta.
Il Salmo, nella prima parte, è il canto dei rimpatriati a Gerusalemme dopo l’esilio: “Signore, sei stato buono con la tua terra, hai ricondotto i deportati di Giacobbe.” (Sal 85/84,1)
Facciamo nostre le invocazioni che dicono: “Rialzaci, Dio nostra salvezza… Mostraci, Signore la tua misericordia e donaci la tua salvezza.” (Sal 85/84, 8 e 11)
Nella seconda parte, ripresa nella liturgia di oggi, tre termini sono importanti la giustizia, la verità e la pace. Le loro iniziali in ebraico significano ‘vegetazione’. Quando ci sono giustizia, verità e pace la terra germoglia.
Abbiamo bisogno di sentire la bontà e la misericordia di Dio sopra di noi durante la “traversata”, nella tempesta.
RIT: Mostraci, Signore, la tua misericordia.
Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore:
egli annuncia la pace
per il suo popolo, per i suoi fedeli.
Sì, la sua salvezza è vicina a chi lo teme,
perché la sua gloria abiti la nostra terra.
Amore e verità s’incontreranno,
giustizia e pace si baceranno.
Verità germoglierà dalla terra
e giustizia si affaccerà dal cielo.
Certo, il Signore donerà il suo bene
e la nostra terra darà il suo frutto;
giustizia camminerà davanti a lui:
i suoi passi tracceranno il cammino. (Sal. 85/84,9-14)
Ripeto “Sì, la sua salvezza è vicina a chi lo teme”, ma come Pietro dico: “Signore, se sei tu, …” perché il cammino della mia fede è abitato insieme dal credente e dal non credente.
Quando infine i venti cesseranno voglio poter dire anche io: “Davvero tu sei Figlio di Dio.”
Insieme a Don Giuseppe, Suor Maria Clara, Mariella, Patrizia e tutto il Consiglio, Vi invio un grande abbraccio.
Contardo Codegone
Settimanale AMCOR
13 – 8 – 2023 : XIX dom. A
Coraggio, sono io, non abbiate paura
Letture: 1Re 19, 9a.11-13a; Rm 9, 1-5; Mt 14, 22-33 – nella Lettera ai Romani San Paolo affronta il problema della salvezza del popolo ebraico, il suo popolo, amatissimo, e la sua riflessione si prolungherà per tre capitoli. Nel racconto del vangelo di Matteo incontriamo uno dei cosiddetti miracoli sulla natura, perché Gesù domina la tempesta sul lago e impedisce a Pietro di affondare. La vicenda vissuta da Elia (raccontata dal primo libro dei Re) sulle falde del monte Oreb richiama anch’essa l’intervento delle forze della natura (venti violenti o leggeri) come strumenti dei messaggi di Dio.
Qualche insegnamento dalle letture: Dio manifesta la sua natura superiore a ogni possibilità di comprensione umana ed Elia esprime la sua totale sottomissione (“si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna”), e così si rende disponibile alla rivelazione che seguirà. In una situazione vagamente analoga (il furore della tempesta sul lago, narrata da Matteo) l’inter- vento di Gesù esercita un potere sovrano sia sulle onde sia sulla gravità del corpo di Pietro, che si sente affondare. Di Paolo sentiamo l’espressione dei sentimenti di solidarietà intensa verso il suo popolo: il popolo ebraico è l’erede delle promesse, è discendenza nella linea degli ‘amici’ di Dio, i patriarchi, e soprattutto da esso “proviene Cristo secondo la carne”, anche se Egli è “sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli”. Siamo agli inizi di una lunga riflessione, ma avvertiamo già l’accoratezza di un affetto che non sa come esprimere la propria solidarietà verso quel popolo a cui l’apostolo sente di appartenere e di essere unito con i legami più profondi del cuore. Risuona addirittura un’espressione che è un vero sproposito: “Vorrei esser io stesso anatema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli”.
Coraggio, sono io, non abbiate paura – Elia era fuggito dal Nord (Acab e Gezabele lo volevano morto) e aveva camminato per quaranta giorni e quaranta notti nel deserto, giungendo fino all’Oreb (la cui identificazione non è sicura). Nel momento in cui voleva finalmente prendere riposo, il Signore si fece sentire. Ma, a differenza di altre volte, il Signore unì la sua presenza non a dimostrazioni di forza per incutere terrore ma al “sussurro di una brezza leggera”. Elia comprende il segno e si accinge al dialogo con il Signore. La continuazione, qui omessa, riporta l’incarico che Dio dà a Elia, di ritornare al Nord per dare a nuovi personaggi investiture regali sui regni di Aram e di Israele. E’ una vicenda del tutto eccezionale quella di Elia, totalmente dedito alla causa del suo Dio e confidente unico dei suoi pensieri. Forse il confronto più interessante si può fare con Mosè: a una divergenza quasi totale nelle condizioni del suo operato, quasi totalmente solitario (mentre Mosè è sempre immerso nel suo popolo), è unita una somiglianza unica nel suo rapporto con Dio, tanto che nella storia della spiritualità ebraica e cristiana il modello del colloquio confidente e ubbidiente, a tu per tu, con Dio, è legato in particolare proprio a Mosè e ad Elia: parlavano come amici e si comportavano come servi ubbidienti. Nel giorno della trasfigurazione di Gesù sono proprio questi due giganti dell’Antico Testamento gli interlocutori nel dialogo col Figlio (cf Mt 17, 3-4 e specialmente Lc 9, 30-33).
L’esperienza dei discepoli, in particolare di Pietro, durante la tempesta sul lago ha somiglianze con quanto abbiamo visto con Elia. La forza degli eventi potrebbe essere di impedimento al rapporto dei discepoli con Gesù durante l’uragano, ma l’intervento miracoloso ha efficacia rivelatoria e suscita la confessione: “Davvero tu sei Figlio di Dio”. Così termina un momento un po’ singolare, che mostra Gesù nel pieno possesso della sua sovranità, nell’amabilità della sua partecipazione: “Coraggio”, e a Pietro: “Vieni”.
Concludiamo solo con un sorriso per farci coraggio: Gesù ha appena detto: “Coraggio, sono io, non abbiate paura” e Pietro gli risponde: “Signore, se sei tu…”. Ma allora, Pietro caro, tanto sicuro non sei: proprio come capita non di rado a me. E anche a me il Signore dice: “Vieni!”. Possa essere questa la parola che mi dirai quando, nell’ultima traversata, mi sentirò intralciato dalle onde di tutte le incorrispondenze accumulate durante la navigazione di mia vita.
Don Giuseppe Ghiberti
Trovate tutte le omelie di don Giuseppe al seguente link:
http://www.amcor-amicichieseoriente.org/approfondimenti/il-settimanale-di-don-giuseppe/