Domenica 3-9-23 – XXII Tempo Ordinario A – Settimanale AMCOR
Cari soci e amici dell’Amcor,
le letture di questa domenica 3-9-23 ci parlano di Dio, “fuoco ardente”, e di che cosa significa per noi la sua sequela.
Geremia è nato circa un secolo dopo Isaia, intorno al 650 a.C., vicino a Gerusalemme. La sua vita e il suo carattere ci sono noti perché narrati in terza persona da lui in vari racconti biografici, inclusi nel suo libro, che ci presentano il suo complesso rapporto con Dio e che sono espressi nello stile dei salmi di lamentazione.
Geremia fu chiamato ancora giovane da Dio nel 626 a.C., tredicesimo anno del regno di Giosia (648-609 a.C.).
Giosia governò (Secondo libro dei Re 22,1,2) per circa trenta anni e il suo regno fu caratterizzato dallo sforzo di restaurare il culto esclusivo di Yahweh con la distruzione dei santuari dedicati a Baal e l’uccisione dei suoi sacerdoti.
Durante il regno di Giosia fu ritrovato nel tempio un rotolo della Legge che spinse il re anche ad una profonda riforma liturgica.
Nel 609 a.C., nei pressi dell’antica fortezza egiziana di Megiddo (l’Armaghedon dell’Apocalisse di Gv 16,16) si narra che Giosia sia stato ucciso in uno scontro militare con gli stessi egiziani. Questa morte di un re pio e riformatore, morte difficile da interpretare, fu vissuta male da tutto il popolo.
Furono tempi di grandi sconvolgimenti. Nel 612 a.C. Ninive fu distrutta ad opera dei Medi e dei Caldei con la fine del regno Assiro. Nel 605 a.C. il babilonese Nabucodonosor (circa 634-562 a.C.) impose il suo dominio sulla Palestina. Egli conquisterà Gerusalemme nel 597 a.C. e poi ancora nel 587 a.C. con la conseguente deportazione a Babilonia.
Geremia visse questi avvenimenti drammatici predicendo disgrazie e invitando alla conversione. Fu accusato di disfattismo dai militari, perseguitato e incarcerato. Dopo la distruzione di Gerusalemme preferì rimanere in Palestina, ma fu poi deportato da un gruppo di israeliti in Egitto dove probabilmente morì.
Geremia non solo visse queste vicende drammatiche, ma le soffrì anche per il suo animo delicato e non fatto per predicare soprattutto sventure. Il suo intenso dialogo con Dio è pieno di grida di dolore e di disperazione.
Geremia per la sua fede interiore è sentito vicino alla nostra religiosità e la sua figura è accostata a quella di Gesù non accettato dai suoi, che si sentì abbandonato e fu ucciso.
Proprio per la sua visione di una nuova alleanza, fondata sulla religione del cuore, ha lasciato un influsso duraturo.
Il brano ripreso dalle letture di oggi presenta questa immagine di “seduzione” da parte di Dio e di scontro con il Signore che sottolineano l’opera di Dio sul profeta che si ribella a Dio stesso. Vi sono espressioni di disperazione profonda di intensità e linguaggio raro nella Bibbia.
Geremia esprime però la certezza che Dio è in lui:
“Mi dicevo: non penserò più a lui, / non parlerò più in suo nome! / Ma nel mio cuore c’era come un fuoco ardente, / chiuso nelle mie ossa; / mi sforzavo di contenerlo, / ma non potevo.” (Ger 20,9)
San Paolo invita a offrire i nostri corpi come sacrificio vivente. Don Giuseppe ci dice: “E’ la più grande dichiarazione del valore della nostra vita: “offrire” è l’azione liturgica di chi prepara il sacrificio del massimo culto offerto a Dio…”
Matteo riporta ciò che accadde a Pietro che non voleva accettare che Gesù dovesse soffrire e venire ucciso. Ci dice Don Giuseppe che Gesù gli dice: “tieni il tuo posto, ‘dietro’, per imparare, imitare, e per aiutare gli altri.”
Il Salmo, che mi è tanto caro, è presentato come cantato da Davide stesso che vagava nel deserto. Lo sentiamo come nostro: “… ha sete di te l’anima mia, / desidera te la mia carne / in terra arida, assetata, senz’acqua.” Desideriamo Dio “il mio aiuto” mentre vaghiamo assetati.
RIT: Ha sete di te, Signore, l’anima mia.
O Dio, tu sei il mio Dio,
dall’aurora io ti cerco,
ha sete di te l’anima mia,
desidera te la mia carne
in terra arida, assetata, senz’acqua.
Così nel santuario ti ho contemplato,
guardando la tua potenza e la tua gloria.
Poiché il tuo amore vale più della vita,
le mie labbra canteranno la tua lode.
Così ti benedirò per tutta la vita:
nel tuo nome alzerò le mie mani.
Come saziato dai cibi migliori,
con labbra gioiose ti loderà la mia bocca.
Quando penso a te che sei stato il mio aiuto,
esulto di gioia all’ombra delle tue ali.
A te si stringe l’anima mia:
la tua destra mi sostiene. (Sal 63/62)
Stringersi a Dio, sentirlo come Geremia nelle proprie ossa, porsi dietro di lui, è il cammino che la liturgia di oggi ci invita a fare nostro ora che viviamo “in terra arida, senz’acqua”, perché solo così potremo sentire la gioia di vivere “all’ombra delle sue ali.”
Insieme a Don Giuseppe, Suor Maria Clara, Mariella, Patrizia e tutto il Consiglio, sentendoci uniti nella preghiera in particolare per Don Giuseppe, Vi invio un grande abbraccio.
Contardo Codegone
Settimanale AMCOR
3 – 9 – 2023 : XXII dom. A
Se qualcuno vuole venire dietro a me…
Letture: Ger 20, 7-9; Rm 12, 1-2; Mt 16, 21-27 – Geremia vorrebbe non profetizzare, perché “la parola del Signore è diventata per me causa di vergogna”, ma non può. San Paolo inizia l’ultima parte della grande lettera ai Romani, di natura esortativa o parenetica: “lasciatevi trasformare… per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto”. Nel vangelo di Matteo, prosegue il racconto della confessione di Pietro, che non riesce ad accettare la predizione delle sofferenze che attendono Gesù.
Qualche insegnamento dalle letture: Geremia sembra imbronciato con il Signore, perché questi gli dà solo messaggi odiosi da comunicare. Questo comportamento lo rende antipatico al suo popolo e lui ha deciso di non eseguire più questo compito; addirittura “non penserò più a lui, non parlerò più nel suo nome”. Ma non ci riesce: “nel mio cuore c’era come un fuoco ardente, trattenuto nelle mie ossa; mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo”.
San Paolo inizia le sue raccomandazioni con una frase molto impegnativa: “Vi esorto, per la misericordia di Dio…”: dunque è una cosa che gli sta molto a cuore e che coinvolge direttamente il piano di Dio. “… a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente… è questo il vostro culto spirituale”. E’ la più grande dichiarazione del valore della nostra vita: “offrire” è l’azione liturgica di chi prepara il sacrificio del massimo culto offerto a Dio; “i vostri corpi”, che sono la somma di tutto ciò che forma la nostra vita, sono ciò che ci dà la possibilità della relazione con Dio e con i fratelli, sono soprattutto ciò che ci unisce all’intimo della realtà salvifica del Figlio-fatto-uomo che ci salva; “culto spirituale” non perché sia da contrapporre a ‘materiale’, bensì perché gode del suo valore per il riferimento allo Spirito, da cui proviene tutta la ricchezza della nostra stessa realtà e destino. Dunque è nella consapevolezza del valore di quanto la nostra povera e ricchissima realtà umana che ci poniamo di fronte al Dio della vita, consapevoli della nostra ricchezza, dono d’amore ricevuto gratuitamente e siamo chiamati a dargli la risposta della nostra vita.
Va dietro a me, Satana: Quello che è accaduto a San Pietro da una parte fa sorridere ma dall’altra fa un po’ paura: dopo una grande dichiarazione dell’importanza della persona (“Tu sei Pietro e su questa pietra…”) arriva una doccia fredda di prima qualità. Il fatto è che è stato lui a tirarsela addosso. Lui è un discepolo, anzi, essendo particolarmente importante, dovrebbe essere un modello di discepolo. Invece Gesù lo dichiara “Satana”, cioè il peggio degli ostacoli. Lui, proprio come discepolo, deve rimanere ‘dietro’ il suo maestro, per seguirlo e imparare esattamente quello che fa lui. Invece si è messo davanti e ha portato ragioni per arrestare il cammino del suo maestro. Gesù gli dice: tieni il tuo posto, ‘dietro’, per imparare, imitare, e per aiutare gli altri. E procede subito, applicando esplicitamente al discepolo quello che aveva detto di sé stesso: ogni discepolo rinnegare sé stesso, prendere la propria croce e seguire. Proprio quello che attende il suo Maestro. Gesù lo sa e cerca di renderne consapevole anche il suo discepolo. Anche a ognuno di noi è data la vocazione del discepolo, con le stesse modalità, ma anche con lo stesso modello e sostegno: Lui porta il massimo peso di questa croce.
Vostro Don Giuseppe Ghiberti
Trovate tutte le omelie di don Giuseppe al seguente link:
http://www.amcor-amicichieseoriente.org/approfondimenti/il-settimanale-di-don-giuseppe/