Domenica 1-10-23 – XXVI Tempo Ordinario A – Settimanale AMCOR
Cari soci e amici dell’Amcor,
Don Giuseppe ci dice subito come le letture di questa domenica 1-10-23 abbiano il loro filo conduttore nel messaggio che “il malvagio che si converte viene salvato”.
Caro Don Giuseppe sei sempre nei nostri cuori come noi siamo nel tuo che ora è stretto a quello del Signore.
Il profeta Ezechiele esercitò la sua attività nell’esilio di Babilonia tra il 593 e il 571 a.C.. Queste date si ricavano direttamente dal suo libro (1,2 e 29,17).
Il testo di Ezechiele si presenta ordinato. Abbiamo una introduzione (cc 1-3) dove il profeta racconta come ha ricevuto da Dio la sua missione. Vi sono poi quattro parti. La prima (cc 4-24) contiene rimproveri agli Israeliti. La seconda (cc 25-32) contiene oracoli contro le nazioni. Nella parte terza (cc 33-39) il profeta durante e dopo l’assedio consola il suo popolo nella prospettiva di un futuro migliore. Nell’ultima parte (cc 40-48) parla della comunità futura restaurata in Palestina.
Il brano delle letture di oggi è incluso nella prima parte e riveste una particolare importanza. Nell’Antico Testamento è tante volte richiamata la legge della retribuzione che colpisce i singoli peccatori, ma anche i loro discendenti chiamati a riparare le colpe dei padri. Ezechiele, invece, nel brano di oggi richiama con forza la responsabilità individuale, ognuno è responsabile per se stesso.
Il Signore dice, infatti, a Ezechiele e al suo popolo: “E se il malvagio si converte dalla sua malvagità che ha commesso e compie ciò che è retto e giusto, egli fa vivere se stesso.” Questa posizione del profeta apre anche all’idea di una retribuzione e di una vita d’oltre tomba.
Ezechiele è un sacerdote e il tempio come la legge sono la sua preoccupazione. Egli si distingue anche per le sue visioni, quattro ne riporta sparse nel suo libro, visioni che presentano un mondo fantastico in un formicolio di bestie e di idoli e che pongono Ezechiele all’origine della corrente apocalittica.
Le sue visioni preludono a quelle di Daniele.
Ma Ezechiele presenta anche una particolare importanza per la sua visione messianica non più legata all’avvento di un re glorioso, ma il Davide atteso sarà il “pastore” del suo popolo. (cc 34,23 “Susciterà per loro un pastore che le pascerà, il mio servo Davide.”)
La dottrina di Ezechiele richiama la ricerca del rinnovamento interiore: “Liberatevi da tutte le iniquità e formatevi un cuore nuovo e uno spirito nuovo” (cc 18,31). Questa visione prepara la teologia della grazia che sarà poi sviluppata, nel Nuovo Testamento, da San Paolo e da San Giovanni.
Il secondo brano è tratto dalla lettera ai Filippesi. La comunità di Filippi, fondata durante il suo secondo viaggio tra il 48 e il 49 d.C., era particolarmente legata a San Paolo, affetto questo ricambiato dall’apostolo che considerava i membri della comunità suoi figli prediletti. Paolo scrive per ringraziarli delle loro offerte mentre si trova prigioniero.
Don Giuseppe parla di “splendido brano” di Filippesi e aggiunge: “San Paolo raccomanda ai suoi cristiani, convertiti da non più di dieci anni, una regola di comportamento facile a dire e non a praticare: Ciascuno non cerchi l’interesse proprio ma anche quello degli altri.” Don Giuseppe aggiunge: “E’ qualcosa di enorme: Gesù ha messo da parte tutta la manifestazione della sua realtà divina (l'”essere come Dio”): “Svuotò se stesso”, giungendo al colmo dell’autoannientamento, “fino alla morte di croce”.
Il Vangelo di Matteo riporta la parabola del padre che chiede ai due figli di andare a lavorare nella vigna. Il primo dice di ‘no’ e poi va (convertendosi), il secondo dice di ‘si’ e poi non va (peccando).
Don Giuseppe ci dice: “La scelta liturgica delle letture oggi ci permette proprio di completare la casistica della parabola: in realtà il sì di un Figlio c’è stato, fin dall’origine dell’Incarnazione, in risposta al mandato ricevuto dal Padre, e poi in misura somma, totale, con la sua passione e morte.”
Nel Salmo, composto da 22 versetti come le lettere dall’alfabeto ebraico, possiamo leggere la supplica di un peccatore pentito che chiede di conoscere le vie del Signore.
RIT: Ricòrdati, Signore, della tua misericordia.
4)Fammi conoscere, Signore, le tue vie,
insegnami i tuoi sentieri.
5)Guidami nella tua verità e istruiscimi,
perché sei tu il Dio della mia salvezza;
io spero in te tutto il giorno.
6)Ricordati, Signore, della tua misericordia
e del tuo amore che è da sempre.
7) I peccati della mia giovinezza
e le mie ribellioni, non li ricordare:
ricordati di me nella tua misericordia,
per la tua bontà, Signore.
8)Buono e retto è il Signore,
la via giusta addita ai peccatori;
9)guida gli umili secondo giustizia,
insegna ai poveri le sue vie. (Sal 25/24, 4-5; 6-7; 8-9)
Come peccatori pentiti affidiamoci alla misericordia del Signore “che è da sempre”, pregandolo di farci conoscere le sue vie, i suoi sentieri tante volte così misteriosi.
Nel ricordo di Don Giuseppe, con Suor Maria Clara, Mariella, Patrizia e tutto il Consiglio, uniti nella preghiera, Vi invio un grande abbraccio.
Contardo Codegone
P.S.
1) Vi ricordo che martedì prossimo 3 settembre alle ore 18,30 ci sarà la Messa di trigesima per Don Giuseppe.
2) Vi prego di annotare che sabato 28 ottobre 2023 dalle ore 16,00 alle 17,30-18,00 avremo un incontro con la D.ssa Lucia Amour De Santis sulla “Laudato si’” e sul nuovo documento di Papa Francesco che ne prosegue il discorso.
L’incontro sarà articolato in 3 brevi interventi della Dottoressa con 4 intervalli musicali della corale del Duomo di Chieri intonati al tema. Vi aspettiamo con gioia.
Settimanale AMCOR
1 – 10 – 2023: XXVI dom. A
Svuotò sé stesso… obbediente fino alla morte
Letture: Ez 18, 25-28; Fil 2, 1-11; Mt 21, 28-32 Procedono le due letture dal Nuovo Testamento (la Lettera ai cristiani di Filippi e il primo vangelo, di Matteo), mentre la lettura dall’Antico Testamento, tratta dal profeta Ezechiele, introduce la tematica del vangelo, affermando che il malvagio che si converte viene salvato.
Qualche insegnamento dalle letture: Dedichiamo una prima attenzione allo splendido brano di Filippesi. San Paolo raccomanda ai suoi cristiani, convertiti da non più di dieci anni, una regola di comportamento facile a dire e non a praticare: “Ciascuno non cerchi l’interesse proprio ma anche quello degli altri”. Sono cose presto dette, ma con risvolti molto impegnativi: “consideri gli altri superiori a sé stesso”! Per questo porta l’argomento dell’esempio di Gesù, come lui si è comportato, e sfrutta una composizione che ha già una storia precedente e che ci dice quanta profondità di comprensione del mistero di Gesù il Padre avesse concesso alle comunità cristiane della primissima ora. E’ qualcosa di enorme: Gesù ha messo da parte tutta la manifestazione della sua realtà divina (l'”essere come Dio”): “Svuotò se stesso”, giungendo al colmo dell’autoannientamento, “fino alla morte di croce”. Il motivo non viene esplicitato, ma siamo nel contesto della preferenza data al fratello, dunque in un discorso di ubbidienza al Padre e amore purissimo per i fratelli. Sì, perché sopra ogni nostro evento c’è la volontà benevola del Padre: è accaduto appunto per Gesù, nella sua umanità che il Padre ha esaltata, costituendola sovrana su ogni creatura. L’incarnazione, la redenzione acquistano così, alla luce e nel seno della Trinità, la pienezza del loro significato, dando a tutta la nostra storia, anche alla nostra povertà, un significato sublime. Certo questo ha significato per Gesù l’abbassamento più radicale e doloroso, che porta il nome della croce.
Svuotò sé stesso… obbediente fino alla morte – Il passaggio al vangelo sembra volerci appesantire le ali, con quel gioco di sì e di no, in bocca a due fratelli poco entusiasmanti. Quasi ci verrebbe da dire che la miniparabola non è completa: oltre ai due figli che dicono uno “sì” e poi “no” e l’altro che dice prima “no” e poi “sì” ci sarà pure il caso di chi dice due bei “sì” o due brutti “no”. Ma a Gesù servono solo quelli che agiscono come i suoi interlocutori di quel momento: si tratta dei “pubblicani e delle prostitute” che dal loro primo “no” passano al “sì” dell’adesione di fede sincera a Gesù, e poi ci sono invece “i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo”, che “hanno visto queste cose” e poi non si sono “nemmeno pentiti così da credergli”. E questo è un fatto che si ripete in ogni epoca della storia, da quella grande alla mia, piccola. Non sappiamo per quale strada passa la nostra vicenda, come tanto meno sappiamo interpretare i segni della storia, anche solo di quella che stiamo vivendo oggi, ma sappiamo che egli è presente nella nostra vicenda, solidale con la nostra povertà e sofferenza.
La scelta liturgica delle letture oggi ci permette proprio di completare la casistica della parabola: in realtà il sì di un Figlio c’è stato, fin dall’origine dell’Incarnazione, in risposta al mandato ricevuto dal Padre, e poi in misura somma, totale, con la sua passione e morte. E questo sì della sua sofferenza mortale ha portato il frutto sommo, quello della redenzione del mondo, della salvezza per tutti i fratelli, della mia salvezza. E a lui, Gesù, Figlio incarnato, la piena partecipazione alla gloria della Trinità santa.
Ci viene spontaneo, nevvero, ripetere spesso la preghiera che abbiamo recitato poco fa: “il tuo Spirito ci renda docili alla tua parola e ci doni gli stessi sentimenti che sono in Cristo Gesù”. Egli ha dimostrato che “è veramente figlio di Dio chi fa la volontà del Padre”.
Don Giuseppe Ghiberti
Trovate tutte le omelie di don Giuseppe al seguente link:
http://www.amcor-amicichieseoriente.org/approfondimenti/il-settimanale-di-don-giuseppe/