Contemplazione della S.Sindone

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Data:
11 Aprile 2020
Ora:
17:00 - 19:00
Categorie Evento:
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Tag Evento:
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Carissimi soci e amici dell’AMCOR, 

trascriviamo la dichiarazione del nostro Arcivescovo riguardante il regalo che ci attende alla TV alle cinque pomeridiane del prossimo sabato (11 – 4 – 2020), Sabato Santo. Subito dopo troverete una riflessione di Don Giuseppe su “Sindone nel mistero della morte – per la vita”.  Un carissimo saluto a tutti e ognuno.   

Vostri G. G. e C.C.

“Ho accolto volentieri questa richiesta e assicuro tutti che la realizzeremo Sabato Santo nel pomeriggio dalle 17 in avanti. A partire da quell’ora io presiederò una lunga preghiera davanti alla Sindone. Grazie alla televisione e ai social questo tempo di contemplazione renderà disponibile a tutti, nel mondo intero, l’immagine del Sacro Telo, che ci ricorda la passione e morte del Signore, ma che apre anche il nostro cuore alla fede nella sua risurrezione.  Più forte è l’amore. Questo è l’annuncio pasquale che la Sindone ci porta a rivivere e ci riempie il cuore di riconoscenza e di fede.

“Sindone” nel mistero della morte – per la vita

Nella esperienza comune un sepolcro è destinato a restare chiuso. Attorno a Gesù tutti pensavano la stessa cosa; solo di Maria non conosciamo quel che pensava e quel che disse nelle ore del grande silenzio. Ma gli altri, attorno a lei, non erano capaci di entrare nell’intimo indicibile del suo sentire. Dentro il sepolcro regnava la morte e il Figlio di Dio condivideva fino all’ultimo particolare tutto il destino del fratello che gli aveva tolto la vita. Questa condivisione diventava dono, intento a infondere senso e speranza a quel destino che ci attende tutti, provocazione alla nostra ricerca di senso, consolazione per chi è benedetto col dono della fede.

            Al mistero intanto di quel sepolcro, così lontano e così vicino, torna con insistenza la nostra riflessione, contemplazione struggente, tanto abbagliante è l’oscurità di quell’antro. Che cosa è avvenuto in quel luogo nascosto, in quel tempo così breve eppur capace di divenire ponte sull’eternità? Si è realizzato là il destino comune, ricevendo un uomo che non è più uomo, come avviene per ogni cadavere, anche il più caro, che non può ricevere il nostro affetto, e goderne, e rispondervi. Ma quel cadavere è il Figlio eterno del Padre, Colui attraverso il quale tutto è stato fatto, a cominciare dalla vita dell’uomo. Lui è la vita. Mistero immenso, impenetrabile, struggente e consolante. Solitudine e isolamento di un povero cadavere, partecipazione totale al destino di tutti i fratelli.

            La contemplazione di questo mistero ha suggerito ai credenti, fin dai primi passi della comunità dei discepoli di quel morto, Signore della morte, pagine struggenti che tentano di descrivere gli effetti di vita raggiunti in quel breve periodo di tempo che segnò la vittoria della morte. L’immaginazione dell’uomo biblico e antico-cristiano si rappresenta la presenza di Adamo, Eva e gli antichi padri in  un luogo, lo “sheòl”, in attesa di una liberazione che deve venire dalla bontà divina. Ora è giunto il momento agognato e la trepida immaginazione del credente sente risuonare l’eco dell’invito che raggiunge i nostri padri in attesa: “Svegliati, tu che dormi, e risorgi dai morti, e Cristo ti illuminerà! Infatti non ti ho creato perché rimanessi prigioniero dell’inferno. Risorgi dai morti. Io sono la vita dei morti. Risorgi, opera delle mie mani! Risorgi, mia effigie, fatta a mia immagine! Risorgi, usciamo di qui! Tu in me e io in te siamo infatti un’unica e indivisa natura. Per te io, tuo Dio, mi sono fatto tuo figlio. Per te io, il Signore, ho rivestito la tua natura di servo. Per te io, che sto al di sopra dei cieli sono venuto sulla terra… il mio sonno ti trarrà fuori dal sonno del regno dei morti”. Il messaggio delle icone pasquali della Chiesa d’Oriente esprime per i nostri occhi l’intima relazione esistente fra la passione e resurrezione di Cristo e la redenzione dell’uomo: attraverso la passione e la morte del Redentore termina la passione e la morte stessa dell’uomo. Nella sua discesa ai morti, egli scuote l’uomo caduto, riportandolo alla luce della vita…”.

Il cardinale Schönborn, commenta così: “La morte non riesce a trattenere il Figlio di Dio morto. Il suo ingresso nel mondo degli inferi diventa il suo percorso trionfale. Naturalmente, come insegna qui Tommaso d’Aquino, la redenzione giunge “solo” fino al limbus patrum, al luogo dove dimorano i giusti; l’inferno più profondo viene sì a conoscenza della vittoria di Cristo, ma non vi prende parte. Dio rispetta qui la libertà dell’uomo fino alla fine”.

In tempi vicinissimi a noi, una figlia d’Israele, Edith Stein, divenuta Suor Teresa Benedetta della Croce, santa, ora co-protettrice dell’Europa, componeva uno sketch per la comunità carmelitana di cui faceva parte e fingeva un monologo della regina Ester, che descrive come negli inferi è stata vissuta dai nostri padri la discesa di Cristo: “Dimoravamo in pace, // ma lungi dalla luce: // sempre, perciò, nostalgici di luce…// Ma arrivò un giorno in cui si squarciò il cosmo // e gli elementi tutti // di un fremito ribelle furon scossi. // La notte avvolse il mondo in pieno giorno, // ma in quella notte apparve, in un sol lampo, // un monte spoglio // e sul monte una croce, e sulla croce // era confitto Uno // che sanguinava dalle mille piaghe. // E noi fummo assaliti dalla sete // di abbeverarci tutti di salvezza // alla sorgente che da quelle piaghe // sgorgava…// In quella notte scomparve la croce, // ma all’improvviso una novella luce // s’accese in quella tenebra: // luce giammai sognata, // dolce, beatificante, // usciva dalle piaghe di quell’Uomo // appena morto, là, su quella croce. // E in un  momento // Egli fu in mezzo a noi…// Lui stesso era la luce, //  l’eterna luce, da lontani tempi // attesa, lo splendore era del Padre, // la salvezza dei popoli! // Le braccia aperse e ci parlò con voce // divinamente melodiosa: // Venite a me voi tutti // che fedeli servito avete il Padre // e il Salvatore sperando viveste, // Egli è con voi – guardate! – per portarvi con sé lassù nel Regno // del Padre suo. // Quello che avvenne poi, // nessuna lingua lo potrà mai dire: // la beata speranza era finita // per tutti noi che l’avevamo attesa: // nel cuore di Gesù fummo alla meta”.

Quel Morto, immobile nel sepolcro, non rimase a lungo avvolto nella Sindone; abbandonandola, la destinò ad essere, forse per prima, testimone della vittoria da lui riportata sulla morte – e oggi ancora perdura la sua testimonianza.